Quarto ciclo

Anno liturgico B (2011-2012)

Tempo Ordinario

 

7a Domenica

(19 febbraio 2012)

 

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Is 43,18-19.21-22.24b-25;  Sal 40;  2Cor 1,18-22;  Mc 2,1-12

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Non è usuale nei vangeli che coloro i quali si appressano a Gesù per ottenere qualcosa tacciano. Di quell’uomo, calato dall’alto davanti a Gesù in una barella improvvisata, si sa solo che era malato. Né lui né i suoi amici proferiscono verbo, né prima né dopo. Con forte determinazione viene posto semplicemente davanti a Gesù. Il comportamento di Gesù è strano, un comportamento che spiazza. La liturgia di oggi sa però collocarlo molto bene e mette in bocca a quell’uomo, simbolo di noi tutti, le parole del salmo 12, che servono da antifona di ingresso: “Confido, Signore, nella tua misericordia. Gioisca il mio cuore nella tua salvezza, canti al Signore che mi ha beneficato”. Le prime parole del salmo invocano: “Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?...”. La situazione dell’uomo è ben descritta, come del resto l’intervento di Dio.

Tutto il racconto si fonda sull’annotazione: “Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: Figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati”. Evidentemente l’evangelista vuole attirare l’attenzione dell’ascoltatore oltre l’apparenza. È chiaro che il paralitico è stato portato per ottenere il miracolo della guarigione e tutta la scena è costruita sulla decisione dei suoi amici di arrivare allo scopo, fino a scoperchiare il tetto pur di far arrivare il loro protetto davanti a Gesù. Ma Gesù non risponde subito a quell’urgenza. Ne rivela invece un’altra, inaspettatamente, e di questa parla la fede che Gesù aveva notato. Noi però non riusciamo a cogliere quello che si è scatenato a partire da ciò che Gesù ha visto e che ha permesso anche a lui di mostrarsi nella sua verità.

Se ci si rifà al brano di Is 43, al quale la liturgia accosta il miracolo del paralitico, possiamo cogliere meglio il segreto di quella scena. Il profeta presenta il Signore nel suo amore per Israele: “Il popolo che io ho plasmato per me … Io, io cancello i tuoi misfatti per amore di me stesso, e non ricordo più i tuoi peccati”. Tutto il capitolo è attraversato dalle manifestazioni di un affetto intenso e intramontabile di Dio per il suo popolo  - Dio che dice al suo popolo: sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima, io ti amo, io sono con te! -. Questo amore si esprime proprio nel cancellare i peccati, nel non ricordare le colpe.

Non si vuol dire però che il suo amore è tanto grande da dimenticare i peccati, ma che il fatto di non ricordarli è il segno che quell’amore ci raggiunge e ci rapisce nella sua dinamica di vita. In effetti, quando il testo parla di un popolo che ha plasmato intende il popolo che ha riconciliato e che continuamente conquista al suo amore. L’antica versione greca della LXX traduce il passo sopra citato enfatizzando questo significato: “Io sono, Io sono, proprio colui che cancella le tue trasgressioni”. Almeno per quello che l’uomo può cogliere, Dio è semplicemente e totalmente il Dio che è dalla parte dell’uomo, il Dio che ama l’uomo al punto da non stancarsi mai di lui. Dio non ha bisogno di riconciliarsi con l’uomo; è l’uomo che si deve riconciliare con Dio. Dio non può avere la sua gioia se non nel vedere l’uomo riconciliato con sé. Questo spiega la corsa di Dio verso l’umanità, di cui tutte le Scritture parlano e che il canto al vangelo sottolinea: “Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione”. E Gesù, davanti al paralitico guarito, agisce proprio nell’ottica del ‘Dio che plasma il suo popolo.

Nel salmo responsoriale, il primo versetto canta: “Beato l’uomo che ha cura del debole, nel giorno della sventura il Signore lo libera”, che l’antica versione greca rende con: “Beato colui che ha intelligenza del povero e del misero”. Il debole non è solo il fratello malato e bisognoso, che dovrà essere portato da noi sul lettuccio fino a Gesù; ma è proprio il Figlio dell'uomo, che ha sacrificato ogni potere e grandezza per invitare tutti e ciascuno alla comunione con lui, che non abbandona pur quando è abbandonato, che non si rifiuta pur quando è rifiutato, che non si stanca di plasmare l’uomo. Se di quell'Uomo abbiamo premura, non subiremo il male perché non c'è sventura che possa separarci da lui e dai nostri fratelli. A questo mira l’azione di Dio che vuol plasmare l’uomo in Cristo.

Del resto fa cogliere bene il senso del brano la colletta: “Dio della libertà e della pace, che nel perdono dei peccati ci doni il segno della creazione nuova, fa’ che tutta la nostra vita riconciliata nel tuo amore diventi lode e annunzio della tua misericordia”. Effettivamente la novità di Gesù consiste proprio nel collegare il suo potere di guarigione con il perdono dei peccati. Ma noi siamo così distanti dal senso della santità di Dio che una tale sovrabbondanza di grazia non ci scompone più di tanto! Eppure tutto l’agire di Gesù ci richiamerà a questo, fino a riempire di stupore il nostro cuore quando ci invaderà la grazia e la potenza del suo perdono sanante e ristoratore.

È poi caratteristico che siano altri a portare il malato davanti a Gesù; altri, evidentemente, che tenevano al malato e che, una volta visto esaudito il loro desiderio, si sottraggono. Come non vedere in questi portatori la funzione provvidenziale dei fratelli nel nostro cammino di fede, nella nostra scoperta di Gesù? Sono lì a richiamarci la dimensione ecclesiale del nostro vivere la fede e nella fede; sono lì a sottolineare la provvidenza divina nella nostra vita. Di qui la responsabilità di comportarci da fratelli, per non far venir meno la rivelazione del Volto di Dio a nessuno.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Is 43,18-19.21-22.24b-25

Dal libro del profeta Isaia

 

Così dice il Signore:

«Non ricordate più le cose passate,

non pensate più alle cose antiche!

Ecco, io faccio una cosa nuova:

proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?

Aprirò anche nel deserto una strada,

immetterò fiumi nella steppa.

Il popolo che io ho plasmato per me

celebrerà le mie lodi.

Invece tu non mi hai invocato, o Giacobbe;

anzi ti sei stancato di me, o Israele.

Tu mi hai dato molestia con ì peccati,

mi hai stancato con le tue iniquità.

Io, io cancello i tuoi misfatti

per amore di me stesso,

e non ricordo più i tuoi peccati».

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 40

Rinnovaci, Signore, col tuo perdono

Beato l'uomo che ha cura del debole:

nel giorno della sventura il Signore lo libera.

Il Signore veglierà su di lui,

lo farà vivere beato sulla terra,

non lo abbandonerà in preda ai nemici.

 

Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore;

tu lo assisti quando giace ammalato.

Io ho detto: «Pietà di me, Signore,

guariscimi: contro di te ho peccato».

 

Per la mia integrità tu mi sostieni

e mi fai stare alla tua presenza per sempre.

Sia benedetto il Signore, Dio d'Israele,

da sempre e per sempre. Amen, amen.

 

Seconda Lettura  2 Cor 1, 18-22

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no». Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria.

È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l'unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.

 

Vangelo  Mc 2, 1-12

Dal vangelo secondo Marco

Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Àlzati, prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: alzati, prendi la tua barella e va' a casa tua».

Quello si alzò e subito prese la sua barella e sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».