Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
5a Domenica
(5 febbraio
2012)
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Gb 7,1-4. 6-7; Sal
146; 1Cor 9,16-19.22-23; Mc 1, 29-39
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La liturgia
proclama il brano di vangelo di oggi da un’angolatura particolare. Considerando
la figura di Gesù che guarisce e scaccia i demoni, ne vuole mostrare la radice
di autorità con il canto al vangelo, l’urgenza dell’opera con il brano di
Giobbe e scava nei cuori lo spazio adatto alla supplica con la colletta. Se il
potere del male atterra gli uomini, il potere di Gesù atterra il male e rende
gli uomini liberi in solidarietà con lui e fra di loro.
Il canto al
vangelo “Cristo ha preso le nostre
infermità e si è caricato delle nostre malattie” è ripreso da Mt 8,17 e
costituisce la traduzione letterale dall’ebraico di Is
53,4, passo che appartiene al quarto canto del Servo. Matteo fa una rilettura
dell’operato di Gesù a partire da una theologia crucis e
fonda l’autorità di Gesù nello scacciare i demoni proprio sulla vittoria contro
di loro sulla croce. Introdurre il brano di Marco con questa rivelazione
profetica significa sottolineare da dove viene la potenza di Gesù, significa
invitare a leggere la sua opera, i suoi miracoli, in funzione di quella
rivelazione. Dietro l’agire di Gesù, sta un segreto da cogliere. Il miracolo
delle guarigioni e la cacciata dei demoni non sottolineano tanto il potere
divino di Gesù, ma l’accondiscendenza di Dio, la prossimità di Dio in Gesù
all’uomo. E questa dimostrazione è in funzione dello svelamento del segreto di
Dio per l’uomo, della rivelazione del suo immenso amore al mondo tramite il
Figlio, che ci riporta alla comunione con lui strappandoci dal male.
L’urgenza di
questa rivelazione è accentuata dal fatto che l’uomo versa in condizioni di
oppressione e di angoscia, di cui il brano di Giobbe mostra tutta la
drammaticità. Giobbe non ha accettato la devota spiegazione del dolore che i
suoi amici gli hanno dato prendendo le difese di Dio. Giobbe protesta la sua
innocenza e si sfoga con il suo Dio. Potremmo riassumere il suo intervento
così: non si può comprendere la vita dell’uomo a partire da leggi supreme, ma
solo da dentro un rapporto. Non è vero che il tormento dell’uomo rispecchi la
giustizia di Dio, come sostengono i suoi amici, ricusati però da Dio stesso
alla fine del libro; è vero invece che la giustizia di Dio rimane
imperscrutabile ma che lui è accessibile all’uomo e suo salvatore.
Nel dramma,
la cosa non è affatto scontata e proprio per rispondere all’angoscia dell’uomo
viene descritta l’ansia di Gesù di raggiungere tutti, particolare che imprime
una forte accelerazione di movimento a ciò che viene raccontato nel vangelo di oggi.
Si tratta di un doppio movimento: una tensione verso tutti, ma anche una
tensione per arrivare a Gerusalemme; una tensione per l’allargamento della sua
predicazione, ma contemporaneamente la tensione per lo svelamento del suo
segreto. In quell’ansia di Gesù, nel suo doppio significato di raggiungere
tutti e che tutto il suo segreto si sveli, sta racchiusa l’urgenza della
missione della chiesa in tutti i tempi.
Marco
sottolinea anche la ricerca di solitudine da parte di Gesù ed è caratteristico
che l’evangelista collochi la preghiera di Gesù in rapporto alla sua ansia di
raggiungere tutti e di svelare tutto il suo segreto. La preghiera non ha forse
a che fare con il desiderio di comunione con gli uomini da parte di Dio prima
ancora che essere espressione del desiderio degli uomini di stare in compagnia
di Dio? Se gli uomini non percepissero l’eco di quel desiderio di Dio,
potrebbero mai pregare davvero? Potrebbero mai essere solidali con i loro
fratelli e farsi raggiungere dal Suo amore tanto da essere rinnovati
totalmente? Il fatto poi che Gesù si ritiri da solo a pregare esprime proprio
l’immensità del desiderio di Dio per l'uomo e quando i discepoli gli annunciano
che lo cercano, non torna ma va altrove perché tutti deve raggiungere. E si può
leggere anche così: Gesù deve percorrere tutta la terra del nostro cuore; se in
qualche parte siamo stati guariti, altre parti attendono la guarigione, fino a
che tutto in noi possa risplendere del suo amore salvatore.
La colletta
mostra che in Gesù Dio si appressa all’uomo, gli uomini sono liberati dalle
loro oppressioni e imparano a vivere solidali, abitati dalla speranza: “ ...
rendici puri e forti nelle prove, perché sull'esempio di Cristo impariamo a
condividere con i fratelli il mistero del dolore, illuminati dalla speranza che
ci salva”. La potenza della supplica deriva dall’intensità della coscienza del
male che ci ferisce insieme al desiderio di guarigione che ci attrae al Signore
Gesù, solidali in umanità con tutti. La preghiera si risolve nel desiderio di
sperimentare l’amore salvatore di Dio, non però nel senso di essere preservati
dagli effetti dell’azione dei demoni (il male non scompare e non scomparirà
dalla scena del mondo) ma nel senso di non essere più asserviti ai loro scopi
perversi. A tal punto che, proprio quando il male sembrerà prevalere, come con
il Signore Gesù in croce, esso sarà definitivamente vinto perché svuotato del
suo scopo perverso, cioè quello di dividere gli uomini da Dio e tra di loro.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Gb
7, 1-4. 6-7
Dal libro di Giobbe
Giobbe parlò
e disse:
«L'uomo non
compie forse un duro servizio sulla terra
e i suoi
giorni non sono come quelli d'un mercenario?
Come lo
schiavo sospira l'ombra
e come il
mercenario aspetta il suo salario,
così a me
sono toccati mesi d'illusione
e notti di
affanno mi sono state assegnate.
Se mi corico
dico: "Quando mi alzerò?".
La notte si
fa lunga
e sono
stanco di rigirarmi fino all'alba.
I miei
giorni scorrono più veloci d'una spola,
svaniscono
senza un filo di speranza.
Ricòrdati che un soffio è la mia vita:
il mio
occhio non rivedrà più il bene».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 146
Risanaci, Signore, Dio della vita.
È bello
cantare inni al nostro Dio,
è dolce
innalzare la lode.
Il Signore
ricostruisce Gerusalemme,
raduna i
dispersi d'Israele.
Risana i
cuori affranti
e fascia le
loro ferite.
Egli conta
il numero delle stelle
e chiama
ciascuna per nome.
Grande è il
Signore nostro,
grande nella
sua potenza;
la sua
sapienza non si può calcolare.
Il Signore
sostiene i poveri,
ma abbassa
fino a terra i malvagi.
Seconda Lettura
1 Cor 9, 16-19.22-23
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli,
annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si
impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!
Se lo faccio
di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia
iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque la mia
ricompensa? Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il
diritto conferitomi dal Vangelo.
Infatti, pur
essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior
numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono
fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio
per il Vangelo, per diventarne partecipe anch'io.
Vangelo Mc 1, 29-39
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea,
in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la
febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare
prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera,
dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati.
Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da
varie malattie e scacciò molti demòni; ma non
permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.
Al mattino
presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto,
e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce.
Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove,
nei villaggi vicini. perché io predichi anche là; per questo infatti sono
venuto!».
E andò per
tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.