Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
32a Domenica
(11 novembre
2012)
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1Re
17,10-16; Sal 145; Eb 9,24-28; Mc 12,38-44
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I testi
della liturgia di oggi suonano strani per il nostro modo di ragionare. Dio
ordina al profeta Elia di rifugiarsi a Sarepta, in
territorio pagano, perché una vedova provvederà a lui, ma quella donna non ha
di che sfamarlo. Il salmo 145 esalta la fedeltà di Dio, ma non è proprio così
usuale in questo mondo vedere gli oppressi liberati; i ciechi, gli storpi, i
malati, risanati; gli stranieri, gli orfani e le vedove, categorie di persone
per eccellenza, nell’antichità, deboli, sostenuti; gli empi, i potenti, gli oppressori,
abbattuti. Gesù, che si è messo in posizione di osservazione davanti al tesoro
del tempio, elogia una povera vedova per i due spiccioli che vi aveva buttato
restando senza più risorse lei per vivere.
Tutta la
liturgia di oggi può essere letta come il commento della Chiesa all’elogio che
Gesù tributa ad una povera vedova a sua insaputa. La preghiera della vedova è
proprio giunta al Signore, come canta l’antifona di ingresso: “La mia preghiera giunga fino a te; tendi, o
Signore, l’orecchio alla mia preghiera”. Perché è a pieno titolo
‘familiare’ di Dio, come proclama il canto al vangelo: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”.
L’antifona alla comunione ne svela la ragione: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla ...” Di questa
certezza era colmo il suo cuore, certezza che fa dire a Gesù: “In verità io vi dico: questa vedova, così
povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno
gettato parte del loro superfluo. Lei
invece, nella sua miseria, vi ha gettato
tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.
Gesù non
vuole stabilire una preminenza; solo gli uomini pensano sempre a riconoscersi
in termini di importanza (sia essa personale, di merito, di censo, di doti,
ecc.). Gesù vuol esaltare un tipo di legame, di attaccamento, di comportamento
dei cuori tra Dio e i suoi servi. La vedova, nel dare tutto quello che aveva
per vivere, fa affidamento alla promessa di Dio che, nella sua grandezza e
generosità, non lascerà mancare il necessario ai suoi servi. Quella donna si
fida del suo Dio, con tutto il suo cuore. E come sempre, la promessa di Dio,
per rivelarsi nella sua gratuità, non
ha bisogno di sfruttare nulla che appartenga all’uomo. Dio in effetti ha
soltanto bisogno dello spazio di un cuore che si faccia semplicemente e
totalmente accogliente, anche quando le apparenze sembrano giocare a sfavore.
Ma qui, dove
si esprime la promessa di Dio? La traduzione potrebbe ingannare. Letteralmente
si dovrebbe rendere: “dalla sua mancanza
gettò tutto quanto aveva, tutta la sua vita”. Il nostro Dio è un Signore strano: non chiede né poco né tanto né
tutto; chiede quello che non hai. Il gesto della vedova, che trae dalla sua
mancanza quello che costituiva la sua vita, assume una valenza spirituale paradigmatica.
Basta pensare ai comandamenti. Dio ci comanda: “siate miti … portatori di pace … misericordiosi …”. Uno
dà quello che ha, questa è la norma dell’agire tra gli uomini. Con Dio non
vale: uno deve dare quello che non ha per averlo anche lui. Così, io, che non
sono affatto mite, che non sono affatto in pace, sono richiesto di usare
mitezza, di portare pace. Ma come è possibile? Sulla promessa della fedeltà di
Dio al suo comandamento. Dare mitezza in nome di Dio a un fratello vuol dire
fidarsi totalmente della promessa che farà gustare anche al mio cuore quella
mitezza. Ed in questo gusto trovare finalmente la compagnia di colui che il mio
cuore ama. Perché se già non lo amassi, come farei a fidarmi? Per questo la
vedova è tanto elogiata da Gesù. Il fidarsi del suo Dio rivela il suo amore per
lui, per tutte le sue cose , vale a dire il tempio e il suo popolo per cui si
portavano le monete al tesoro. Ed in cambio tutta la sua vita resta assicurata,
in modo inspiegabile, sulla fedeltà di Dio.
Gregorio Magno,
commentando la prontezza dei pescatori a seguire la chiamata di Gesù, riflette
sul fatto che a dire il vero quegli uomini avevano ben poco da lasciare essendo
poveri. Ma – aggiunge – “ha molto lasciato chi non ha tenuto nulla per sé”. È il
senso della fede genuina. Non importa lasciare poco o tanto; l'importante è non
conservare nulla per sé, vale a dire fidarsi fino in fondo, lungo tutto il
cammino, con tutte le fatiche che comporta, in modo che la grazia dell'incontro
possa rivelare tutti i suoi frutti, nel tempo.
La vicenda
del profeta Elia e della vedova di Sarepta allude
alla medesima realtà. Se la vedova si fida della parola del profeta, il quale
si era fidato della parola di Dio, non solo non muore nella sua indigenza, ma
con la sua indigenza, offerta, ricostituirà la vita sua e del profeta e del
popolo dei credenti in generale. Nessuna offerta di questo tipo ha un valore
meramente individuale. Riguarda sempre l’insieme, coinvolgendo insieme Dio ed
il suo popolo, per cui la vita in questo mondo risulterà più vivibile e la
presenza di Dio più tangibile, per tutti. Il canto al vangelo: ‘beati i poveri
in spirito, perché di essi è il regno dei cieli’, se letto in rapporto alla
vedova, acquista una risonanza più profonda. Lei è di quei poveri nei quali prevale la beatitudine promessa perché la fedeltà
di Dio per lei è cosa saputa, vera, tanto da scavare nella sua indigenza la
gioia del vivere, proprio perché con il suo Dio. Ma la beatitudine va letta non
solo in rapporto al fatto che i poveri in spirito avranno parte al regno dei
cieli, ma anche in rapporto al fatto che, se incontreremo questi poveri, avremo
toccato il regno dei cieli, il regno dei cieli sarà reso visibile a noi. Così
in effetti prega la chiesa dopo la comunione: “La forza dello Spirito Santo,
che ci hai comunicato in questi sacramenti, rimanga in noi e trasformi tutta la
nostra vita”. Come a dire: lo Spirito del Signore radichi i nostri cuori nello
stesso atteggiamento di fede della vedova che ha strappato a Gesù quell’elogio
pieno di ammirazione.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura 1
Re 17, 10-16
Dal primo libro dei Re
In quei
giorni, il profeta Elia si alzò e andò a Sarèpta.
Arrivato alla porta della città, ecco una vedova che raccoglieva legna. La
chiamò e le disse: «Prendimi un po' d'acqua in un vaso, perché io possa bere».
Mentre
quella andava a prenderla, le gridò: «Per favore, prendimi anche un pezzo di
pane». Quella rispose: «Per la vita del Signore, tuo Dio, non ho nulla di
cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po' d'olio nell'orcio; ora
raccolgo due pezzi di legna, dopo andrò a prepararla per me e per mio figlio:
la mangeremo e poi moriremo».
Elia le
disse: «Non temere; va' a fare come hai detto. Prima però prepara una piccola
focaccia per me e portamela; quindi ne preparerai per te e per tuo figlio,
poiché così dice il Signore, Dio d'Israele: "La farina della giara non si
esaurirà e l'orcio dell'olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore
manderà la pioggia sulla faccia della terra"».
Quella andò
e fece come aveva detto Elia; poi mangiarono lei, lui e la casa di lei per
diversi giorni. La farina della giara non venne meno e l'orcio dell'olio non
diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato per mezzo di Elia.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 145
Loda il Signore, anima mia.
Il Signore
rimane fedele per sempre
rende
giustizia agli oppressi,
dà il pane
agli affamati.
Il Signore
libera i prigionieri.
Il Signore
ridona la vista ai ciechi,
il Signore
rialza chi è caduto,
il Signore
ama i giusti,
il Signore
protegge i forestieri.
Egli
sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge
le vie dei malvagi.
Il Signore
regna per sempre,
il tuo Dio,
o Sion, di generazione in generazione.
Seconda Lettura
Eb 9, 24-28
Dalla lettera agli Ebrei
Cristo non è
entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel
cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve
offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario
ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del
mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte.
Invece ora,
una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il
peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito
che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo
essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una
seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l'aspettano
per la loro salvezza.
Vangelo Mc 12, 38-44
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, Gesù [nel tempio] diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi
dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle
piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti.
Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi
riceveranno una condanna più severa».
[Seduto di
fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne
gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno
un soldo.
Allora,
chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa
vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti
infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria,
vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».]