Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
31a Domenica
(4 novembre
2012)
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Dt 6,2-6; Sal 17; Eb 7,23-28;
Mc 12,28b-34
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Il brano del
vangelo di Marco comporta una particolarità unica nei vangeli. È l’unico passo
di tutto il vangelo in cui Gesù si congratula con uno scriba. Quello scriba,
che alla fine riceve l’elogio di Gesù: ‘Non
sei lontano dal regno di Dio’, aveva assistito alla discussione di Gesù con
i sadducei a proposito della risurrezione dei morti. Aveva certamente notato
che la forza del ragionamento di Gesù si basava sul fatto che Dio era
proclamato Dio dei vivi: “Non avete letto
nel libro di Mosè, nel racconto del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono
il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Non è Dio dei morti ma
dei viventi!”. Se Dio è Dio dei vivi, vuol dire allora che la morte non
costituisce barriera per Lui; vuol dire che la morte non distrugge la Sua fedeltà
che tutto sovrasta. Quando si proclama la verità di Dio, la prima cosa che il
cuore enuncia è la realtà di un Dio fedele al suo amore che arriva all’uomo
nonostante il suo peccato e la sua miseria, capace di tenere insieme la nostra
storia. Dio non è un oggetto di conoscenza, ma un Soggetto di relazione. Non si
arriva a Dio per via speculativa, ma dentro una storia di salvezza. Più ci si
percepisce dentro quella storia di salvezza e più la proclamazione di Dio è
assoluta e coinvolgente. È appunto quel Dio così esperito che chiede di essere
amato con tutto il cuore e che fonda la possibilità stessa di amare.
L’espressione
del Deuteronomio: “Ascolta, Israele: il
Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore tuo Dio, con
tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” ricorda che
‘nostro/mio’ ed ‘unico’ stanno sempre insieme. Tale è l’alleanza. Secondo la bellissima espressione di Origene tale è la dinamica della nostra crescita
spirituale: “Magari venisse concessa anche a me l’eredità di Abramo, Isacco,
Giacobbe e divenisse mio il mio Dio allo stesso modo che è diventato Dio di
Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, in Cristo Gesù, Signore nostro”.
Gesù,
rispondendo allo scriba, cita proprio quel passo, che costituisce la confessione
di fede del pio israelita, la parte più solenne della preghiera quotidiana di
ogni ebreo praticante: “Ascolta, Israele!
Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il
tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua
forza”. Anzitutto: ‘Ascolta’! La
Parola di Dio è fondante, la mia esistenza riceve senso da quella Parola, da lì
prende vigore il mio cuore. In Dio l’uomo scopre le sue radici. Io sono perché
uno mi ha voluto e sarà nella conoscenza di quella ‘volontà di bene’ che potrò
aprirmi al mondo mio e di tutti. ‘Il Signore
nostro Dio è l’unico’: prima
ancora che possa cogliermi nella mia individualità, devo riconoscermi dentro
una pluralità, dentro una comunione, dentro una solidarietà. È il mistero
dell’alleanza di Dio con noi che mi precede, dentro il quale mi posso
raggiungere e riconoscere e accogliere. Prima c’è quello che Dio ha fatto per
noi, poi in quel noi posso sentire anche me che vengo raggiunto dall’agire di
Dio. Quindi: ‘Tu amerai’, cioè
finalmente posso rispondere e godere tutta l’intimità di quella alleanza.
A questo
punto il comandamento non è più un imperativo morale, ma la porta di accesso ad
un segreto, ad un mistero di cui sono chiamato a divenire partecipe. Noi spesso
leggiamo il comandamento dalla parte della paura, del sacrificio, della
rinuncia a qualcosa, ma in realtà bisogna imparare a leggerlo dalla parte della
passione del cuore, dell’anelito e del desiderio che ci muovono dentro e della
possibilità finalmente di viverli compiutamente. Ma come è possibile se non
riusciamo a percepirci prima raggiunti da un’offerta, da un’alleanza, da un
amore che ci precede? La ‘scoperta’ della fede in Gesù si colloca proprio
dentro quella prospettiva. È per questo che lo scriba, trovandosi sulla soglia
di quella scoperta, viene elogiato.
Del resto,
nella risposta di Gesù viene descritto tutto il movimento di intelligenza delle
Scritture, che non può non portare a far condividere con tutti quello che ormai
è percepito come il tesoro del cuore, per cui dal primo comandamento si passa
direttamente al secondo, quello dell’amore del prossimo. Non però nel senso che
l’amore per l’uomo è parallelo, per importanza, all’amore per Dio. Ma nel senso
che l’amore per l’uomo non sarà totale che a partire dall’amore per Dio. La
fede è sempre all’origine della carità, sebbene sia la carità a verificare la
sincerità della fede. Così tutta l’opera spirituale, l’opera che procede dallo
Spirito e che è tesa a mostrare il mistero della fraternità come rivelazione
della presenza di Dio nel mondo, parte dalla condivisione del segreto di Dio in
Gesù, si fa comunione di vita con Lui e diventa fonte di vita per tutti. Prima
si fa la scoperta di quel che comporta l’incontro col Signore Gesù: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e
oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate
da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-30); poi si
compie in noi la sua promessa, come viene proclamato nel canto al vangelo: “Chi accoglie i miei comandamenti e li
osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò
e mi manifesterò a lui … Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio
lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,21.23). Consapevoli sempre che “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non
potete far nulla” (Gv 15,5).
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Dt 6, 2-6
Dal libro del Deuteronomio
Mosè parlò
al popolo dicendo: «Temi il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni
della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue
leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni.
Ascolta, o
Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto
numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi
padri, ti ha detto.
Ascolta,
Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore,
tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.
Questi
precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 17
Ti amo, Signore, mia forza.
Ti amo,
Signore, mia forza,
Signore, mia
roccia,
mia
fortezza, mio liberatore.
Mio Dio, mia
rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo,
mia potente salvezza e mio baluardo.
Invoco il
Signore, degno di lode,
e sarò
salvato dai miei nemici.
Viva il
Signore e benedetta la mia roccia,
sia esaltato
il Dio della mia salvezza.
Egli concede
al suo re grandi vittorie,
si mostra
fedele al suo consacrato.
Seconda Lettura
Eb 7, 23-28
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli,
[nella prima alleanza] in gran numero sono diventati sacerdoti, perché la morte
impediva loro di durare a lungo. Cristo invece, poiché resta per sempre,
possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare perfettamente
quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per
intercedere a loro favore.
Questo era
il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato
dai peccatori ed elevato sopra i cieli. Egli non ha bisogno, come i sommi
sacerdoti, di offrire sacrifici ogni giorno, prima per i propri peccati e poi
per quelli del popolo: lo ha fatto una volta per tutte, offrendo se stesso.
La Legge
infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza; ma la parola
del giuramento, posteriore alla Legge, costituisce sacerdote il Figlio, reso
perfetto per sempre.
Vangelo Mc 12,
28-34
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di
tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele! Il
Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il
tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua
forza". Il secondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te
stesso". Non c'è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba
gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non
vi è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta
l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più
di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che
egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di
Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.