Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
2a Domenica
(15
gennaio 2012)
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1Sam
3,3b-10.19; Sal 39; 1Cor 6,13c-15a.17-20; Gv 1,35-42
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La liturgia
del tempo ordinario, in tutti e tre i cicli, comporta la lettura dei sinottici,
ma l’inizio è sempre riservato a brani del capitolo primo di Giovanni con il
riconoscimento di Gesù da parte del Battista al Giordano, la scoperta del
Messia da parte dei discepoli e la manifestazione di Gesù a Cana.
Tutti i testi evangelici che si leggeranno nell’anno non faranno che dare
storia a quella rivelazione degli
inizi perché chiunque ascolti si ritrovi nella stessa dinamica vissuta dai
discepoli.
Oggi viene
letto il brano della scoperta del
Messia da parte di Andrea e dell’altro discepolo, non nominato, che da sempre è
stato riconosciuto in Giovanni, autore del vangelo. In effetti, si tratta di
ricordi personali dell’evangelista a proposito di un’esperienza che l’ha
segnato per tutta la vita, come quando uno si innamora per davvero. Avviene
raramente nella vita di fare un incontro che ti cambia totalmente e Giovanni
racconta proprio l’incontro che l’ha trasformato completamente, con una
precisione di particolari che sono direttamente proporzionali all’intensità
dell’esperienza.
Giovanni,
nel prologo del suo vangelo, dichiara: “e
noi vedemmo la sua gloria” (Gv 1,14). Ha
incominciato a essere afferrato da quella gloria proprio in quel giorno, alle
quattro del pomeriggio, quando, su invito del suo maestro, il Battista, va da
Gesù con Andrea. Non va dimenticato che il verbo greco tradotto con dimorare (“Maestro, dove dimori?”) è lo stesso verbo che Gesù userà con
insistenza nel discorso dell’ultima Cena a proposito della vite e dei tralci
quando dirà: “rimanete nel mio amore”
(cfr Gv 15). È come se Gesù rispondesse ancora alla
domanda dei suoi discepoli: “dove dimori?”
e dicesse: siete venuti da me, avete visto dove io dimoro (nell’amore del
Padre) e così voi, ora, rimanete nel mio stesso amore. È a questa esperienza
che Giovanni allude quando annota: “andarono
dunque e videro dove egli dimorava”. Il racconto ha il sapore di un’intera
vita; ha la potenza, non di un ricordo, ma di una radice, di un principio, di
una fonte che continua a sgorgare e che ha sconvolto tutta la sua vita.
Non solo, ma
la carica emotiva di quella scoperta è rivelata in tutta la sua forza proprio
nell’ultima cena allorquando Gesù, con il paragone della vite e dei tralci,
innesta i suoi discepoli nel segreto del Padre, coinvolti nella stessa intimità
di Gesù con il Padre. In quel contesto Gesù non chiamerà più servi i suoi
discepoli, ma amici, partecipi dei suoi segreti. Sarà l’esito della sequela di
Gesù, come dell’ascolto, attento e orante, della Parola.
Le
condizioni che permettono al cuore di condividere quei segreti sono indicate
dalla prima lettura e dal salmo responsoriale. La prontezza di Samuele a
rispondere rivela la libertà di cuore nell’obbedienza, che è la porta di
accesso alla visione. Dio non si sottrae mai alla mediazione umana: Giovanni
Battista media per Giovanni ed Andrea, Eli per
Samuele. Accogliere il mistero di questa mediazione significa custodire una
libertà e una purità di cuore nei confronti di Dio. Detto con le parole del salmo
39: non vengo a fare una certa cosa, di cui ho ascoltato l’invito e che
condivido, ma vengo perché sono con te e poi farò quello che mi si chiederà. È l’apertura
di cuore che conta, non la disponibilità ad un certo progetto. Il brano però fa
intravedere la drammaticità che comporta l’apertura di cuore. La prima
rivelazione che il giovane Samuele riceve riguarda la condanna della casa di Eli, suo maestro e padre nella fede, come potremmo
chiamarlo. Non vorrebbe rivelarla ma non è nemmeno disposto a mentire. La
prontezza di obbedienza che gli ha ottenuto la visita di Dio gli ottiene anche
la sincerità con Eli e la pace del cuore, nella
totale fiducia in Dio.
Quando la
colletta prega: “O Dio … fa’ che non lasciamo cadere a vuoto nessuna tua
parola” sull’esempio del giovane Samuele, non si riferisce in generale alle
parole che ascoltiamo quotidianamente leggendo le Scritture, ma a quelle parole
che parlano al nostro cuore, capaci di imprimere una direzione alla nostra
vita, fonte di gioia e di lotta per la nostra vita, dandoci orizzonti di senso
e di esperienza significativi. Proprio quello che il salmo commenta, in
riferimento al Messia: “Nel rotolo del
libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo”! Non si tratta di una volontà di comando, ma
di benevolenza. Si tratta, come per Gesù, di accogliere lungo l’arco della
propria vita la volontà di bene di Dio per i suoi figli in modo da mostrarne lo
splendore al di sopra di tutto. Quando Gesù, invitandoci a rimanere in lui, a
dimorare in lui, ci associa alla sua esperienza nel fare la volontà del Padre,
vuole indurci a vivere la vita in modo da mostrare quanto è grande l’amore di
Dio per i suoi figli. Avere la sua legge nell’intimo significa preferire la
comunione con i suoi figli a qualsiasi altra cosa. Ed è quello che la liturgia
eucaristica vuole ottenere quando ci fa invocare lo Spirito Santo dopo la
consacrazione: formare un cuor solo e un’anima sola.
Per i
discepoli di Gesù, seguire il Signore significa andare con il Signore,
semplicemente stando con lui, in tutte le vicende della vita. Perché il frutto
dell’obbedienza è proprio la visione, come dice Andrea: abbiamo trovato il
Messia, ragione della nostra gioia e del desiderio che anche ad altri quella
gioia si estenda.
Seguire Gesù
comporta il desiderio di vivere con lui e come lui, così come Gesù stesso
dichiarerà poco prima di subire la passione: “Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove
sono io, perché contemplino la mia gloria” (Gv
17,24). Quando Gesù sceglierà i dodici, secondo il racconto di Mc 3,14, la
motivazione sarà: “perché stessero con
lui e per mandarli a predicare”. Sarà lo stare con Gesù che permetterà di vedere la sua gloria, vale a dire
lo splendore dell’amore che Dio riversa sugli uomini. E non è senza ragione che
i discepoli sono presentati in coppia: Gesù non sarà maestro di individui
isolati, ma costituirà una nuova comunità. Non si potrà conoscere Gesù che a
partire da una fraternità condivisa perché il suo compito è proprio quello di “riunire insieme i figli di Dio che erano
dispersi” (Gv 11,53).
Così,
dall’esperienza del vivere con Gesù
scaturisce immediatamente il desiderio di aprire la stessa possibilità ad altri
che con noi condividono la ricerca della vita. Quando Andrea comunica a suo
fratello Simon Pietro la scoperta: “Abbiamo
trovato il Messia”, è come se dicesse: quello che i nostri cuori
desiderano, quello che abbiamo sempre sognato, che abbiamo aspettato, è proprio
lui; vieni anche tu! È l’inizio dell’apostolato: trasmettere a qualcuno il
fascino della gloria del Signore e fare in modo che questo stesso fascino e
questa stessa gloria risplendano anche per lui.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
1 Sam 3, 3b-10. 19
Dal primo libro di Samuèle
In quei
giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove
si trovava l'arca di Dio.
Allora il
Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi»,
poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato,
eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise
a dormire.
Ma il
Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli
dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho
chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle
fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora
rivelata la parola del Signore.
Il Signore
tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta;
questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi
hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il
Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai:
"Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta"». Samuèle andò a dormire al suo posto.
Venne il
Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: Samuèle, Samuèle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti
ascolta».
Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né
lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 39
Ecco, Signore, io vengo per fare la
tua volontà.
Ho sperato,
ho sperato nel Signore,
ed egli su
di me si è chinato,
ha dato
ascolto al mio grido.
Mi ha messo
sulla bocca un canto nuovo,
una lode al
nostro Dio.
Sacrificio e
offerta non gradisci,
gli orecchi
mi hai aperto,
non hai
chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
Allora ho
detto: «Ecco, io vengo».
«Nel rotolo
del libro su di me è scritto
di fare la
tua volontà:
mio Dio,
questo io desidero;
la tua legge
è nel mio intimo».
Ho
annunciato la tua giustizia
nella grande
assemblea;
vedi: non
tengo chiuse le labbra,
Signore, tu
lo sai.
Seconda Lettura
1 Cor 6, 13c-15, 17-20
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli, il
corpo non è per l'impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo.
Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.
Non sapete
che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con
lui un solo spirito. State lontani dall'impurità! Qualsiasi peccato l'uomo
commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all'impurità, pecca contro il
proprio corpo.
Non sapete
che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete
ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati
comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
Vangelo Gv 1,35-42
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù
che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo
parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora
si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?».
Gli risposero: «Rabbi - che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?».
Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e
quel giorno rimasero con lui: erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due
che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea,
fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli
disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da
Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di
Giovanni; sarai chiamato Cefa», che significa Pietro.