Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
29a Domenica
(21 ottobre
2012)
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Is
53,2a.3a.10-11; Sal 32; Eb 4.14-16; Mc 10,35-45
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Si possono
cogliere le implicazioni profonde delle parole di Gesù se si collocano nel loro
contesto appropriato. Gesù sta salendo a Gerusalemme e gli apostoli sono
impauriti per la sua decisione. Per la terza volta annuncia la sua passione
descrivendola dettagliatamente, parole che la prima lettura riprende con il
quarto carme del Servo del Signore nella visione del profeta Isaia. L’annuncio
del profeta, però, non va ascoltato nella tragicità degli eventi dolorosi che
si intravedono, ma nella logica del salmo 32 che lo commenta, cantato come
salmo responsoriale, a partire dal versetto 11: “Ma il disegno del Signore sussiste per sempre, i progetti del suo cuore
per tutte le generazioni”. Introducendo il commento alla preghiera del
Padre nostro scrive Massimo Confessore: “È probabile che con ‘volontà’
[disegno] di Dio, del Padre, intenda l'ineffabile abbassamento (cfr. Fil 2,7)
del Figlio unigenito per la divinizzazione della nostra natura, in ragione
della quale ha circoscritto tutti i secoli; e con ‘pensieri’ del suo cuore
intenda i principi della Provvidenza e del Giudizio, secondo i quali regola
saggiamente la nostra vita presente e quella futura, come differenti
generazioni, assegnando a ciascuna il modo conveniente di operare”.
L’abbassamento del Figlio è dunque lo
spazio nel quale gli uomini sono collocati per apprendere l’amore del loro Dio,
mentre tutti gli eventi della vita sono retti dalla Provvidenza di Dio che ci
vuole partecipi del frutto che quell’abbassamento ci ha procurato. Rivelazione,
che tutta la liturgia di oggi si premura di sottolineare con la solenne
dichiarazione di Gesù: “il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la
propria vita in riscatto per molti”, proclamato dal canto al vangelo. La
sofferenza del Figlio dell’uomo nel progetto di Dio per gli uomini, che non
vuole lasciare lontani da sé, può essere così intesa: se su di noi è l’amore
del Signore, non ci saranno più contese e divisioni tra noi, perché i cuori
saranno conquistati alla sua gloria, cioè allo splendore del suo amore, che si
rivela nel Cristo che patisce e muore per noi. E se questo è il progetto di
Dio, non c’è pensiero ostile o forza contraria che potrà prevalere.
Nel passo di
Marco, la richiesta dei due discepoli è seria, non proviene da cuori vanesi o
boriosi. È in gioco il senso stesso della loro vita, il senso della loro
sequela, il senso di quell’evangelo che li ha toccati profondamente e che nella
persona del Maestro ha concentrato le tensioni dei loro cuori. I due discepoli,
insieme a Pietro, sono i prescelti per ogni circostanza speciale, dal Tabor al Getsemani. E Gesù
riconosce la loro lealtà. Sa che sono disposti a seguirlo fin nella sua
passione [di fatto Giacomo morì martire verso l’anno 44 a Gerusalemme, secondo
At 12,2, mentre la tradizione che, fondandosi su questo passo, fa martire
Giovanni è chiaramente posteriore. Anche in questo risalta la ‘misteriosità’
della parola di Dio: in che senso Giovanni ha bevuto il calice della passione,
se non è morto martire?]. Eppure, la loro richiesta è inaccoglibile
e non certo per evitare la gelosia degli altri. A cosa mirano dunque le parole
di Gesù?
Gesù rifiuta
ogni collegamento tra il desiderio di gloria e la sua sequela. Quel nesso è
custodito da Dio solo. Non che non esista, ma guai a volerlo perseguire, perché
ne scaturirebbe un fraintendimento colossale per i nostri cuori. La ragione
profonda credo risieda nel fatto che ad attirare a Gesù è il Padre: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il
Padre che mi ha mandato” (Gv 6,44). Essere mossi
dal Padre significa condividere l’amore di benevolenza che in quel Figlio ci
raggiunge e ci fa riposare. Non si può desiderare altro. Volere altro significa
uscire da quella dinamica e fallire il compimento dei desideri del cuore. A
questa assolutezza Gesù richiama e rimanda.
Del resto si
concatena bene a questa anche l’altra risposta di Gesù all’irritazione dei
discepoli contro i due figli di Zebedeo: “…chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole
essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo
infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita
in riscatto per molti”. Perché voler essere grandi comporta dover servire?
Di nuovo si è rimandati al mistero del Padre che attira al Figlio. Servire
significa compiere quella ‘volontà di benevolenza’ del Padre nei confronti
degli uomini che in Gesù si realizza perfettamente. Compiere la volontà di
benevolenza significa far risplendere, comunque, in qualsiasi condizione,
quell’amore di Dio per gli uomini in cui si radica la loro dignità e la loro
libertà. Si tratta di realizzare una grandezza che sa liberare la dignità degli
uomini rivelando loro di essere non soltanto oggetto di amore, ma soggetti di
amore. Il servire procura questo riscatto: libera la dignità degli uomini e fa
risplendere la presenza del Signore. E se non porta lì, allora vuol dire che il
servire messo in atto sa troppo di questo mondo, sul quale esercita il suo
potere il diavolo. Quando Gesù chiede ai figli di Zebedeo:
‘potete bere il calice che io bevo?’
è come se chiedesse: potete stare solidali con il desiderio di Dio verso gli
uomini e contemporaneamente stare solidali con l’umanità di modo che il suo
amore risplenda liberatore per voi stessi come per loro? Questa è la posta in
gioco del servire. E questa è la posta in gioco della grandezza secondo Dio,
che compie, per noi e per tutti, insieme, le attese dei cuori.
Un’ultima
annotazione. Nel brano di Marco, rispetto alla grandezza vale il servizio
vicendevole (nel testo: sarà vostro
servitore), rispetto al primato vale l’essere ultimi nel senso di essere
schiavi di tutti (nel testo: sarà schiavo
di tutti). Nell’ultima cena, Gesù si muove non solo come servitore, ma come schiavo e in questo rivela il segreto di Dio per l’uomo. Se l’uomo
potesse condividere quel segreto, si troverebbe a muoversi come Gesù e vivrebbe
la sua vita nella dinamica di liberare la dignità degli uomini in modo che sia
esaltato l’amore di Dio per loro.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 53,10-11
Dal libro del profeta Isaia
Al Signore è
piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando
offrirà se stesso in sacrificio di riparazione,
vedrà una
discendenza, vivrà a lungo,
si compirà
per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo
intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà
della sua conoscenza;
il giusto
mio servo giustificherà molti,
egli si
addosserà le loro iniquità.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 32
Donaci, Signore, il tuo amore: in te
speriamo.
Retta è la
parola del Signore
e fedele
ogni sua opera.
Egli ama la
giustizia e il diritto;
dell'amore
del Signore è piena la terra.
Ecco,
l'occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera
nel suo amore,
per
liberarlo dalla morte
e nutrirlo
in tempo di fame.
L'anima
nostra attende il Signore:
egli è
nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi
sia il tuo amore, Signore,
come da te
noi speriamo.
Seconda Lettura
Eb 4, 14-16
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli,
poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli,
Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non
abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze:
egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.
Accostiamoci
dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e
trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
Vangelo Mc 10, 35-45
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per
noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia
per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua
destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse
loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o
essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo
possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e
nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere
alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i
quali è stato preparato».
Gli altri
dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi cori Giacomo e Giovanni.
Allora [Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono
considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le
opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà
vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti.
Anche il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per
servire e dare la propria vita in riscatto per molti».]