Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
27a Domenica
(7 ottobre
2012)
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Gn 2,18-24; Sal
127; Eb
2,9-11; Mc 10,2-16
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La pagina
della Genesi, alla quale si ispira il brano di vangelo di oggi, è densissima di
significati. Si tratta del secondo racconto della creazione dove l’uomo non è
più considerato come coronamento del cosmo, bensì suo principio. Quando, con
l’antifona di ingresso, proclamiamo: “Tutte le cose sono in tuo potere,
Signore, e nessuno può resistere al tuo volere”, alludiamo alla parola: “Non è bene che l’uomo sia solo”. Tutte
le cose sono date all’uomo, ma in nessuna cosa l’uomo trova il suo compimento,
la sua felicità, perché questo non è il volere di Dio per lui. Da notare che
Adamo godeva pienamente della pace con Dio, non era ancora venuto il peccato a
turbare l’armonia con Dio e con il creato.
Dio è Uno,
ma non solo. In questo mistero insondabile del Dio, uno nella natura e tre
nelle persone, rivelato da Gesù, si fonda il volere di Dio per l’uomo. È come
se Dio dicesse: non è possibile che l’uomo non partecipi alla realtà più bella
che mi costituisce, l’amore. Non basta che l’uomo ami Me, suo Creatore, se non
può amare anche chi è della sua stessa natura; l’amore che Noi, Padre Figlio
Spirito Santo, ci costituisce, voglio che anche l’uomo lo possa vivere al pari
di Noi. Ora la donna, che non è tratta, come Adamo e tutte le cose, dalla
polvere del suolo, ma dallo stesso Adamo, è plasmata perché l’uomo potesse
‘essere come Dio’, amare come Dio: realizzare la comunione in un’unica natura e
tra persone diverse.
Il grido di
Adamo: “Questa volta è osso dalle mie
ossa, carne dalla mia carne” è il grido di stupore e di gioia che
attraversa la storia, il cui eco ogni cuore umano raccoglie e vive nella sua
vita. Ma è anche il grido di gioia del Signore Gesù che presenta al Padre la
sua Chiesa, nata dal suo costato, sulla croce, luogo e visione di quell’amore
che procede dalle profondità insondabili di Dio e che investe tutta la
creazione. Come d’altronde è il grido di tenerezza e di gioia di ogni madre
davanti alla sua creatura, eco del riconoscimento di Adamo per lei, espressione
di quel ‘volere’ di Dio per l’uomo che si compie.
I farisei
sembrano intuire che l’insegnamento di Gesù vada contro la Legge. Vogliono che
lo dichiari apertamente per aver motivo così di accusarlo. Tutti sapevano che
il ripudio era una consuetudine pacificamente accettata e che Mosè aveva avallato
con un’indicazione precisa. Il passo della Scrittura corrispondente è Dt 24,1-4. Ma effettivamente non c’è un comandamento, una norma del ripudio in tutta la Scrittura. La legislazione di Mosè
intendeva risolvere, a favore della donna, una certa situazione di precarietà.
Come se dicesse: so che uno può ripudiare la sua donna, ma non lo faccia alla
leggera perché poi non potrà più riprenderla. Ai tempi di Gesù la norma
contenuta in quel passo poteva essere interpretata in senso restrittivo (vale
solo se la donna abbia commesso adulterio) oppure in senso esteso (vale per
qualsiasi motivo). A ragione quindi i farisei rispondono che Mosè ha solo
permesso.
Tuttavia
Gesù vuole arrivare al cuore del problema. In gioco non c’è l’interpretazione
restrittiva o estesa di una norma e neppure la norma stessa, ma il fondamento
su cui la norma prende valore. Il valore di riferimento non è la consuetudine,
bensì l’agire di Dio che esprime il suo volere quanto all’uomo. E Gesù richiama
l’atto della creazione: “Dio li creò maschio
e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una
carne sola”. Quella ‘benedizione’ di Dio non è mai venuta meno, nonostante
i peccati e le fragilità umane. E quella ‘benedizione’ costituisce l’asse di
riferimento perenne del valore del matrimonio. Ma se ci chiediamo qual è la
ragione sulla quale si infrange la liceità del ripudio, per giunta riconosciuto
solo all’uomo nell’ambiente giudaico, allora il riferimento all’agire di Dio
acquista un valore anche dal punto di vista del cuore dell’uomo. In realtà Gesù
critica la Legge e difende l’onore di Dio in quanto richiama il principio di
uguaglianza tra l’uomo e la donna. Tra loro sono diversi i compiti, le modalità
di agire, gli spazi e le dinamiche affettive, ma godono della stessa dignità.
Nell’amore vige la stessa dignità.
È del resto
significativo che il canto al vangelo riprenda un passo della prima lettera di
Giovanni: “Se ci amiamo a vicenda, Dio è in noi e la sua carità in noi è
perfetta” (il versetto completo suona: Nessuno
mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore
di lui è perfetto in noi). Come a suggerire: la dignità dell’amore, che
rende l’uomo e la donna di pari valore, deriva dal fatto che solo attraverso
l’amore si può fare esperienza di Dio, della sua vicinanza e della sua
conoscenza, a pari titolo tra uomo e donna. E quando un uomo e una donna sono
consacrati nel loro amore, in gioco è la ‘consumazione’ dell’amore di Dio che
si rivela in essi.
Solo la
tensione al Regno dei cieli, però, può motivare fino in fondo la decisione di
quell’amore. In effetti, la posizione di Gesù è vincolata all’accoglienza del
Regno, al fatto di vederlo come Colui che compie il volere di Dio per l’uomo.
Il brano è inserito in un contesto preciso, quello della sua sequela, che si
chiude con il suo ingresso a Gerusalemme. I suoi discepoli sono come storditi,
perché subito dopo Gesù proclama il valore del celibato volontario per il regno
dei cieli, l’inciampo delle ricchezze per il sincero servizio del cuore e, per
la terza volta, annuncia la sua prossima passione. Così, l’indissolubilità del
matrimonio diventa una esigenza del regime
messianico insieme a tutto il resto.
Il modo di
ragionare e di comportarsi di Gesù è quello della fede. Anche nella pericope
seguente sulla sua accoglienza dei bambini. La dignità delle persone non è in
funzione del loro valore o importanza personale, ma in funzione della venuta
del Regno di Dio, della possibilità cioè di godere dello splendore dell’amore
di Dio. Nella vicenda umana il bambino è colui che dalla parte di Dio e dalla
parte degli uomini resta ‘carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa’, senza
ulteriori discriminazioni, perché in comunione di natura. Il bambino è tutto
dentro questa comunione di natura e l’augurio di Gesù è che, diventando adulto,
si disponga a realizzare personalmente, nel suo volere, quella stessa comunione
per trovare felicità. Così, dopo che Gesù aveva annunciato per la seconda volta
che avrebbe dovuto patire e morire per essere fedele alla via di Dio e mostrare
al mondo il suo amore, ha richiamato i discepoli all’amore vicendevole senza
cedere a rivalità o ambizioni, a stare ‘uguali in dignità’ nell’amore tanto tra
di loro quanto nei rapporti tra uomo e donna.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Gn 2, 18-24
Dal libro della Genesi
Il Signore
Dio disse: «Non è bene che l'uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli
corrisponda».
Allora il
Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli
uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati:
in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello
doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti
gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l'uomo non trovò
un aiuto che gli corrispondesse.
Allora il Signore
Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormentò; gli tolse una delle
costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola,
che aveva tolta all'uomo, una donna e la condusse all'uomo.
Allora
l'uomo disse:
«Questa volta
è osso dalle mie ossa,
carne dalla
mia carne.
La si
chiamerà donna,
perché
dall'uomo è stata tolta».
Per questo
l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno
un'unica carne.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 127
Ci benedica il Signore tutti i
giorni della nostra vita.
Beato chi
teme il Signore
e cammina
nelle sue vie.
Della fatica
delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice
e avrai ogni bene.
La tua sposa
come vite feconda
nell'intimità
della tua casa;
i tuoi figli
come virgulti d'ulivo
intorno alla
tua mensa.
Ecco com'è
benedetto
l'uomo che
teme il Signore.
Ti benedica
il Signore da Sion.
Possa tu
vedere il bene di Gerusalemme
tutti i
giorni della tua vita!
Possa tu
vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su
Israele!
Seconda Lettura
Eb 2, 9-11
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli,
quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di
gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di
Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti.
Conveniva
infatti che Dio - per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui
che conduce molti figli alla gloria - rendesse perfetto per mezzo delle
sofferenze il capo che guida alla salvezza.
Infatti,
colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una
stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.
Vangelo Mc 10, 2-16
Dal vangelo secondo Marco
[In quel
tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a
Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro:
«Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto
di ripudio e di ripudiarla».
Gesù disse
loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma
dall'inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l'uomo
lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una
carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida
quello che Dio ha congiunto».
A casa, i
discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi
ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei;
e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».]
Gli
presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono.
Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano
a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di
Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un
bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva,
imponendo le mani su di loro.