Quarto ciclo

Anno liturgico B (2011-2012)

Tempo Ordinario

 

25a Domenica

(23 settembre 2012)

 

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Sap 2,12.17-20;  Sal 53,  Gc 3,16-4,3,  Mc 9,30-37

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Come sottolinea il canto al vangelo: “Dio ci ha chiamati mediante il Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo” e la colletta: “donaci la sapienza che viene dall’alto”, la liturgia oggi ci predispone al desiderio della gloria attraverso il gusto di una sapienza speciale. Se gli uomini vogliono grandezza, allora bisogna sapere che la grandezza consiste nell’accogliere i piccoli. Ma qual è il mistero che ci viene svelato?

Il brano di oggi ripresenta per la seconda volta l’insegnamento (‘insegnava infatti ai suoi discepoli’) di Gesù sulla sua passione. Per tre volte Marco riporta la parola di Gesù sulla sua passione (cfr Mc 8,31; 9,31; 10,32) e tutte e tre le volte Gesù accompagna la sua predizione con una istruzione particolare. La rivelazione non va colta solo in rapporto al fatto che Gesù parla della sua passione, cosa che evidentemente usciva dagli schemi mentali dei discepoli, ma anche in rapporto all’istruzione che l’accompagna.

L’incomprensione dei discepoli è svelata proprio dall’oggetto del loro discutere (in effetti, non si tratta semplicemente del loro parlarsi, ma della contesa della discussione, come esprime il verbo che usa Gesù quando fa loro la domanda): “Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande”. Gesù non rimprovera direttamente il loro desiderio di grandezza; si limita ad indicare la via di grandezza gradita a Dio: “Se uno vuole essere il primo, sia l' ultimo di tutti e il servitore di tutti”. E poi, prendendo un bambino, aggiunge: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. Voler essere il primo significa voler essere come colui che è il Primo (“Io vi dico, tra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui”, Lc 7,28), il quale si è fatto servo di tutti fino a morire sulla croce, perché tutti potessero conoscere quanto è grande l’amore di Dio per gli uomini. Gesù parla della grandezza per il regno dei cieli, che è grandezza di rivelazione dell’amore di Dio per gli uomini. Essere ultimo non significa essere dietro a tutti gli altri, ma solo servo di  tutti perché l’amore di Dio risplenda e questo comporta che non ci sia cosa o persona più significative per il nostro cuore da indurlo a preferirle contro l’amore di Dio. Con il corollario evidente, anche se assolutamente mai scontato: non c’è grandezza vera se non nel preferire tutti a noi stessi perché solo così l’amore di Dio splende. E ciò significa che la nostra umanità vivrà della gloria del Signore.

Voler essere il primo significa voler essere ritrovato in colui che è il Primo, il quale di sé dice: “Io, il Signore, sono il primo e io stesso sono con gli ultimi” (Is 41,4), che riprende la proclamazione del nome di Dio in Es 3,14: “Io sono colui che sono”, intendendo: Io sono là dove voi mi invocherete, mi conoscerete per quello che sono quando invocandomi io dirò. Eccomi!, come lo stesso profeta Isaia testimonia: “Pertanto il mio popolo conoscerà il mio nome, comprenderà in quel giorno che io dicevo: Eccomi!” (Is 52,6). Quando Gesù vorrà descriversi, non potrà che dire: “Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27) e non potrà che scegliere come immagine simbolica del mistero della sua persona il cingersi con l’asciugatoio e lavare i piedi ai discepoli, come racconta Giovanni 13. Il mistero del regno dei cieli passa di lì.

Per comprendere il riferimento ai bambini bisogna rifarsi al passo parallelo di Mt 18,1-5, dove Gesù, prima di invitare ad accogliere i bambini, fissa la condizione interiore di conversione che permette di coglierne il mistero: “Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli”. Ma la traduzione ‘si farà piccolo’ è fuorviante rispetto al contesto di rivelazione dell’annuncio della passione. In effetti, il testo comporta il verbo ‘umiliare’ e la traduzione sarebbe: ‘chi umilierà se stesso come un bambino’. Il significato è più diretto rispetto all’annuncio della passione, perché Gesù è proprio colui che ha umiliato se stesso, facendo risplendere, nella sua umiliazione, tutta la potenza dell’amore di Dio per gli uomini e questo è motivo della sua grandezza. Allora il riferimento al bambino può essere compreso sia nel senso della confidenza verso il Padre sia nel senso della debolezza estrema patita e diventata luogo di gloria. A tal punto, che Gesù si confonde con ogni ‘bambino’, cioè con ogni uomo nella sua debolezza, tanto che chi onora un uomo nella sua debolezza onora lo stesso Signore Gesù e chi onora il Signore Gesù onora il Padre. I segreti di Dio sono ravvisabili in questa ‘equazione’, svelata nella sua bellezza dal Signore che per noi ha patito, è morto ed è risuscitato.

Se Giacomo, nella sua lettera, parla di una sapienza che viene dall’alto, indicandola come “pura, pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia”, allude proprio a quella rivelazione che ha conquistato il cuore e che lo muove con la potenza del suo dinamismo. E quando, nella preghiera dopo la comunione, domandiamo che ‘la redenzione operata da questi misteri trasformi tutta la nostra vita’, in realtà preghiamo perché il nostro cuore si apra a quella rivelazione e ne sia conquistato.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Sap 2, 12.17-20

Dal libro della Sapienza

 

[Dissero gli empi:]

«Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d'incomodo

e si oppone alle nostre azioni;

ci rimprovera le colpe contro la legge

e ci rinfaccia le trasgressioni contro l'educazione ricevuta.

Vediamo se le sue parole sono vere,

consideriamo ciò che gli accadrà alla fine.

Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto

e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.

Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti,

per conoscere la sua mitezza

e saggiare il suo spirito di sopportazione.

Condanniamolo a una morte infamante,

perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 53

Il Signore sostiene la mia vita.

Dio, per il tuo nome salvami,

per la tua potenza rendimi giustizia.

Dio, ascolta la mia preghiera,

porgi l'orecchio alle parole della mia bocca.

 

Poiché stranieri contro di me sono insorti

e prepotenti insidiano la mia vita;

non pongono Dio davanti ai loro occhi.

 

Ecco, Dio è il mio aiuto,

il Signore sostiene la mia vita.

Ti offrirò un sacrificio spontaneo,

loderò il tuo nome, Signore, perché è buono.

 

Seconda Lettura  Gc 3,16-4,3

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Fratelli miei, dove c'è gelosia e spirito di contesa, c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall'alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia.

Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni.

 

Vangelo  Mc 9,30-37

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

Giunsero a Cafàrnào. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti».

E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».