Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
21a Domenica
(26 agosto
2012)
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Gs
24,1-2a.15-17.18b; Sal 33; Ef 5,21-32; Gv 6,60-69
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Siamo giunti
alla stretta finale. La moltitudine dei discepoli è sul punto di abbandonare
Gesù, tanto da indurlo a rivolgersi anche ai Dodici, ai suoi più fidati: “Volete andarvene anche voi?”. Come
renderci conto di cosa comporta questa accorata domanda? Nella colletta
preghiamo: “O Dio nostra salvezza, che in Cristo tua parola eterna ci dai la
rivelazione piena del tuo amore ...”. È la verità che usualmente noi credenti
in Cristo confessiamo, ma siamo disposti ad accoglierla in tutta la sua
densità? L’uomo può scandalizzarsi di Dio; facilmente l’uomo si scandalizza di
Dio. Non è facile spiegare perché avviene, ma avviene facilmente.
La
celebrazione di oggi ci fa sapere che la confessione della verità del Signore è
vincolata a due domande specifiche. Prima di tutto alla domanda di Giosuè: “Chi volete servire?”. Il popolo
d’Israele era ormai penetrato nella Terra promessa, dopo la liberazione dalla
schiavitù dell’Egitto e la tortuosa peregrinazione nel deserto. Nessuno di
coloro che in età adulta avevano lasciato l’Egitto, nemmeno Mosè, la loro
guida, ad eccezione di Giosuè, era entrato nella Terra promessa. Si tratta ora
di impostare la vita nella nuova condizione di libertà. Chi si deve servire?
Nel linguaggio della Scrittura servire
Dio allude a un rapporto gioioso e liberatorio che esalta le energie
dell’anima sottraendola alle schiavitù quotidiane e all’oppressione del male.
Quale dio servire? È la scelta del cuore dell’uomo, sebbene spesso la scelta
risulti come obbligata dall’inerzia stessa della vita: prendi quello che
risulta più comodo o più facile o più conveniente o più interessato. Ma il servizio funziona in ragione della
continuamente reiterata libertà di scelta per la verità.
Molto bella
la presa di posizione del popolo, dopo la confessione di fede di Giosuè e della
sua famiglia: “Perciò anche noi serviremo
il Signore, perché Egli è il nostro Dio”. ‘Nostro’ non tanto perché lo
scegliamo noi, ma perché Lui ha mostrato il suo favore a noi, perché Lui ha
fatto questo e questo per noi. In quel ‘anche noi’ non c’è solo il
riconoscimento della fede dei padri, ma soprattutto il riconoscimento
dell’agire di Dio per i nostri padri, per noi. Verità ripresa da un versetto
del salmo responsoriale: ‘il Signore è vicino a chi lo serve’, cioè il Signore
è riconosciuto vicino da chi lo accoglie nella sua fatica del vivere, senza
scandalizzarsi.
E poi alla
domanda di Gesù: “Volete andarvene anche
voi?”. Non c’è nessun esito scontato nella vita. Di fronte
all’incomprensione dei suoi discepoli Gesù non riduce il Dono di Dio, non banalizza il suo mistero. Svela i vari aspetti del
suo mistero, ma il mistero resta. Questo significa che la rivelazione di Dio
non comporta una semplificazione del suo mistero, ma più semplicemente la sua
maggiore prossimità. La tensione del cuore non va puntata sul contenuto del
mistero, spesso inafferrabile, ma sul dinamismo che lo caratterizza: ‘Dio ha
tanto amato gli uomini da dare il suo Figlio unigenito…”.
Ciò che è da cogliere è questa intenzione
di Dio, che va diritta al cuore. E quando spunta l’incomprensione tra Dio e i
suoi figli, nel dramma della vita, vale unicamente la risposta di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di
vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
Pietro non si esprime in merito al discorso che Gesù ha fatto, ostico anche per
lui, ma si esprime in merito al senso della Sua persona per il suo cuore perché
intuisce che da qui viene la vita.
Un
particolare misterioso ne illustra tutto il dramma. Il brano finisce con
l’allusione al tradimento di Giuda, nonostante che la scelta di Giuda sia stata
fatta dallo stesso Gesù. Ecco la questione: se è Dio ad attirare gli uomini,
allora in che cosa gli uomini sono responsabili del loro rifiuto? È Dio a
scegliere, sì, ma la sua scelta non comporta automatismi, perché fidarsi di Dio
significa fidarsi dello spazio di libertà in cui ci pone. Lo spazio di libertà
è in funzione della possibilità dell’incontro, gioia di Dio e dell’uomo
insieme. Così la fede esprime l’umano nella sua radicalità quando, per
compiersi, si scopre fondato e attratto da un oltre che lo sorpassa, benché gli
appartenga. La scelta di Dio non comporta perciò l’esito scontato. È il dramma
che segna tanto Dio (che resta solo, se abbandonato da noi) come pure noi, che
restiamo soli senza di Lui, incapaci come siamo a realizzare la nostra stessa
vocazione umana. L’amore di Dio però non viene meno tanto che quei discepoli,
che ora abbandonano Gesù perché il suo discorso è troppo duro, saranno gli
stessi che, guardando a Colui che hanno trafitto, potranno ricredersi e
convertirsi e finalmente avere la vita, cosa sempre possibile per tutti noi.
Perché l’uomo non si condanni alla solitudine, restando in balia delle sue
ossessioni, è invitato a vivere nell’alleanza offertaci da Dio, in Cristo, e
non a condizionare l’alleanza ai suoi scopi, che comportano il rifiuto di
quelli di Dio. Ma negli scopi di Dio sta appunto l’offerta di vita eterna, che
non può provenire da noi stessi. È lo stesso spazio del dramma che si trasforma
nello spazio di una vita piena, intrisa di gioia inattaccabile, allorché Dio e
l’uomo si incontrano, esperienza sempre misteriosa e imprevedibile.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Gs
24, 1-2.15-17.18b
Dal libro di Giosuè
In quei
giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d'Israele a Sichem
e convocò gli anziani d'Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si
presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai
vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i
vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia
casa, serviremo il Signore».
Il popolo
rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è
il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra
d'Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi
ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e
in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati.
Perciò anche
noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 33
Gustate e vedete com'è buono il
Signore.
Benedirò il
Signore in ogni tempo,
sulla mia
bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio
nel Signore:
i poveri
ascoltino e si rallegrino.
Gli occhi
del Signore sui giusti,
i suoi
orecchi al loro grido di aiuto.
Il volto del
Signore contro i malfattori,
per
eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano e il
Signore li ascolta,
li libera da
tutte le loro angosce.
Il Signore è
vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva
gli spiriti affranti.
Molti sono i
mali del giusto,
ma da tutti
lo libera il Signore.
Custodisce
tutte le sue ossa:
neppure uno
sarà spezzato.
Il male fa
morire il malvagio
e chi odia
il giusto sarà condannato.
Il Signore
riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà
condannato chi in lui si rifugia.
Seconda Lettura
Ef 5, 21-32
Dalla lettera di san Paolo apostolo
agli Efesìni
Fratelli,
nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri: le mogli lo siano ai
loro mariti, come al Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come
Cristo è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa è
sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro mariti in tutto.
E voi,
mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato
se stesso per lei, per renderla santa, purificandola con il lavacro dell'acqua
mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta gloriosa,
senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i
mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la
propria moglie, ama se stesso.
Nessuno
infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche
Cristo fa con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo.
Per questo
l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno
una sola carne.
Questo
mistero è grande: io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!
Vangelo Gv 6, 60-69
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa
parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi
discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E
se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la
vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e
sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin
da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe
tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non
gli è concesso dal Padre».
Da quel
momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon
Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo
creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».