Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
19a Domenica
(12 agosto
2012)
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1Re 19,4-8; Sal 33; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51
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Tutto il
lungo discorso eucaristico di Gesù narrato nel cap. 6 di Giovanni può essere
letto come l’illustrazione della difficoltà per l’uomo di cogliere e accogliere
i segreti di Dio. Gesù si premura di spiegare, di convincere, ma pochi cuori si
apriranno alla sua rivelazione. Eppure gli ascoltatori, nelle loro
interrogazioni, dimostrano di cogliere nel segno, sebbene non sappiano poi
tirare le giuste conclusioni. Davanti all’offerta di un pane speciale da parte di Gesù, tutti
chiedono: ‘dacci allora questo pane!’. Come la samaritana al pozzo, quando Gesù
le parla di un’acqua speciale, chiede
di averla. Forse, la richiesta, qui come là, nasconde una punta di ironia:
sarebbe bello avere l’acqua, avere il pane, in modo da non avere più sete o
fame, in modo da non fare più fatica a procurarsi il nutrimento, ma
evidentemente non è possibile; chi promette quelle cose è un imbonitore e
basta. Tuttavia, il desiderio del cuore è pur sempre quello e resta
profondamente vero: il cuore cerca davvero un’acqua e un pane speciali, che
ristorino, che rigenerino, che fortifichino, che facciano gustare la vita.
Davanti alla
difficoltà di riconoscere la sua provenienza divina, Gesù esorta: ‘non mormorate. Nessuno può venire a me, se
non lo attira il Padre che mi ha mandato …’. S.
Agostino, commentando questi versetti, ha un’intuizione geniale. Osserva che se
siamo attirati dal Padre, questo non vuol dire che siamo attirati per forza. E
cita un verso del poeta Virgilio: “trahit sua quemque voluptas” (Egloghe
2). Vale a dire: ognuno è attratto dal suo piacere. È come se dicessimo a Dio:
fa, Signore, che io trovi in te la mia felicità e tu mi darai i desideri del
mio cuore (cfr. sal 37,4: “cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore”). In
verità il testo del salmo non dice semplicemente che Dio soddisferà i desideri
del nostro cuore, ma che farà nascere i desideri del nostro cuore, il nostro
cuore vorrà ciò che forma la sua felicità. In questo verremo ammaestrati da Dio,
perché saremo attirati là dove il piacere del nostro cuore ci spinge. Gesù poi
cita il profeta Geremia: “tutti mi
conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io
perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato” (Ger 31,33-34). Ora, proprio nel Cristo siamo accolti nel
perdono di Dio che ci consente di vederlo,
di scoprirlo cioè nella sua verità di amore per noi. Quando Gesù proclama che
lui è il pane di vita, dice essenzialmente che lui ci comunica quell’amore di
Dio che è radice di vita e che ci permette di conoscere ‘direttamente’ Dio
accogliendoci senza riserve nel suo perdono. Proprio questo è ciò che la folla
desiderava nel profondo del suo cuore, ma alla fine si trova impossibilitata ad
accettare perché non si riconosce adatta al mistero di Dio.
Come sempre
nel vangelo di Giovanni, ma in particolare in questo dialogo, le espressioni
hanno un valore intensivo. Tutto può suonare in una certa ovvietà, materiale o
religiosa, eppure tutto può avere sfumature insospettate. I verbi usati:
discendere, mangiare, vedere, credere, imparare, hanno tutti risonanze,
scritturistiche e interiori, impensabili. Gesù cerca di illustrare il mistero
che costituisce la sua persona come il segreto di Dio svelato agli uomini che,
pur immensamente desiderabile, non è facilmente ricevibile. Perché? La reazione
della gente al fatto che Gesù si presenti come il pane della vita è
rivelatrice. Di per sé la gente non rifiuta l’equiparazione di Gesù al pane di
vita; rifiuta l’affermazione che lui discenda dal cielo. Loro ne conoscono la
sua origine: conoscono la famiglia, la provenienza (cf.
Mt 13,55; Mc 6,3; Lc 4,22; Gv
7,15). Come può dire di venire dal cielo? Forse c’è l’allusione alla credenza
che del Messia non si potesse sapere l’origine oppure, velatamente, potrebbe
esserci un’allusione alla nascita verginale di Gesù. Il fatto comunque è che la
rivelazione definitiva di Dio è ormai l’umanità di Gesù, tanto che mangiare la
carne del Figlio dell’uomo significa assimilare il Figlio di Dio fino a vivere
di lui. Non è possibile che l’uomo non desideri la presenza del Signore e il
suo amore e proprio quando gli viene rivelato che quel desiderio può essere
soddisfatto fa resistenza. Perché i cuori non riescono a vedere?
Forse la
risposta va cercata proprio in quel movimento di discesa che caratterizza l’agire di Dio. Il ‘discendere dal cielo’
non indica semplicemente la provenienza di Gesù; indica piuttosto il movimento
dell’abbassarsi di Dio per comunicare il suo amore e far vivere. Gli uomini non
amano abbassarsi, benché vogliano la vita e desiderino l’amore e quindi pensano
sempre in termini di grandezza mondana, dove il potente prevale sul debole,
dove l’alto la spunta sul basso, dove l’affermazione di sé presuppone
l’innalzamento. Gesù, quando parla di innalzamento, allude sempre al suo essere
innalzato sulla croce, là dove risplende l’amore di Dio per l’uomo.
Il brano
della lettera agli Efesini, che leggiamo tutte le settimane nell’ora di
compieta, al mercoledì, lo illustra meravigliosamente: “Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi,
perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque
imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in
cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in
sacrificio di soave odore”. Quello che qui è reso “perdonandovi a vicenda”,
in greco è un verbo altamente significativo. Non si tratta dell’usuale
‘perdonarsi’, ma di un verbo che alla lettera si dovrebbe rendere “facendovi
grazia gli uni gli altri come Dio ha fatto grazia di sé in Cristo a voi.
Diventate quindi imitatori di Dio”. Come lui ha fatto dono di sé agli uomini in
Cristo, così noi siamo chiamati a fare dono di noi agli altri in Cristo. Ora,
tutta la difficoltà per l’uomo deriva proprio dal fatto che invece di
accogliere la grazia ne cerca una a sua misura. Ma non esiste altra grazia se
non quella, da parte di Dio, del suo
‘far grazia di Sé’ a noi, in benevolenza e misericordia, nel Cristo. Qui è
racchiusa tutta l’abbondanza di vita che una rivelazione siffatta promette. La
frase di Paolo in effetti continua: “se anche voi perdonerete”, cioè farete
grazia di voi a tutti in Cristo, per indicare che, se il segreto di Dio è
racchiuso in quella rivelazione, pure il nostro cuore trova in quel segreto le
radici dei suoi sogni per sé e per il mondo. Aprire il cuore al credere
significa approdare alla percezione di quella grazia, grazia che apre alla
bellezza di un amore gustato e condiviso, nell’accondiscendere a quel movimento
di abbassamento perché risplenda in questo mondo l’amore di Dio. La fede è
proprio a servizio dello splendore di quell’amore che ‘discende dall’alto’ e di
cui il pane eucaristico è simbolo perfetto.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura 1
Re 19, 4-8
Dal primo libro dei Re
In quei
giorni, Elia s'inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi
sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la
mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si
addormentò sotto la ginestra.
Ma ecco che
un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino
alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d'acqua.
Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò.
Tornò per la
seconda volta l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Alzati, mangia,
perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza
di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio,
l'Oreb.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 33
Gustate e vedete com'è buono il
Signore.
Benedirò il
Signore in ogni tempo,
sulla mia
bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio
nel Signore:
i poveri
ascoltino e si rallegrino.
Magnificate
con me il Signore,
esaltiamo
insieme il suo nome.
Ho cercato
il Signore: mi ha risposto
e da ogni
mia paura mi ha liberato.
Guardate a
lui e sarete raggianti,
i vostri
volti non dovranno arrossire.
Questo
povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da
tutte le sue angosce.
L'angelo del
Signore si accampa
attorno a
quelli che lo temono, e li libera.
Gustate e
vedete com'è buono il Signore;
beato l'uomo
che in lui si rifugia.
Seconda Lettura
Ef 4, 30 - 5, 2
Dalla lettera di san Paolo apostolo
agli Efesìni
Fratelli,
non vogliate rattristare lo Spirito Santo di Dio, con il quale foste segnati
per il giorno della redenzione.
Scompaiano
da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di
malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi,
perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.
Fatevi
dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel
modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a
Dio in sacrificio di soave odore.
Vangelo Gv 6, 41-51
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel
tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono
il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di
Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire:
"Sono disceso dal cielo"?».
Gesù rispose
loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il
Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto
nei profeti: "E tutti saranno istruiti da Dio". Chiunque ha ascoltato
il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il
Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io
vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il
pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono
morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in
eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».