Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
13a Domenica
(1 luglio
2012)
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Sap 1,13-15;
2,23-24; Sal 29; 2 Cor 8,7.9.13-15; Mc 5,21-43
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Il brano
evangelico di oggi riporta due miracoli di Gesù, uno incastonato nell’altro.
Ambedue i richiedenti, la prima nel segreto del suo cuore, il secondo con
l’insistenza aperta, cercano un contatto
con Gesù: l’emorroissa, credendo che se riuscirà a toccare anche solo il
vestito di Gesù, potrà essere guarita; il capo della sinagoga, credendo che se
Gesù toccherà sua figlia questa guarirà. In gioco è la fede in Gesù come la
rivelazione del mistero della sua persona.
Se entriamo
nel brano evangelico attraverso la porta della prima lettura e del canto al
vangelo, tutto acquista un sapore diverso. I primi due capitoli del libro della
Sapienza oppongono l’agire di Dio per la vita e la scelta degli empi per la
morte. Il ragionamento degli empi è introdotto con le parole: “Dicono fra loro sragionando” e si
conclude con l’annotazione: “Hanno
pensato così, ma si sono sbagliati; la loro malizia li ha accecati. Non
conoscono i misteriosi segreti di Dio ...”. I segreti di Dio però non sono
semplicemente quelli che vengono enunciati nel brano della Sapienza: la
ricompensa del giusto e l’immortalità dell’uomo. Un particolare è assolutamente
illuminante. Il ragionamento degli empi è ripreso nel vangelo di Matteo alla
crocifissione di Gesù quando i capi: “... facendosi
beffe di lui dicevano: ‘Ha salvato gli altri e non può salvare se stesso! È il
re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio,
lo liberi lui, ora, se gli vuol bene”(Mt 27,42-43). I segreti di Dio
riguardano quel Figlio, venuto perché gli uomini abbiano la vita e la vita in
abbondanza. Come dice il canto al vangelo: “Il
salvatore nostro Gesù Cristo ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita
per mezzo del Vangelo” (2Tm 1,10). Qui Paolo, alla fine della sua vita,
nell’imminenza del martirio, sintetizza il senso del vangelo nello splendore
della vita che il Signore Gesù ha fatto scaturire per l’uomo riscattandolo
dalla morte. A dire il vero, il testo greco non riporta ‘ha vinto’, ma, in
contrapposizione al ‘fece risplendere’, dice con più precisione ‘ha reso
inefficace la morte’, vale a dire ha svigorito la morte di tutto il suo potere,
potendola ormai patire senza subirne la condanna. Ha lo stesso valore
dell’espressione: satana gli viene contro con tutto il suo potere ma non
trovando nulla di suo in lui non lo può distogliere dal suo compito di mostrare
quanto è grande l’amore di Dio per gli uomini e quanto lui ama il Padre (cf. Gv 14,30-31). È vinta
definitivamente l’invidia del diavolo e il cuore dell’uomo può tornare a
splendere dell’amore di Dio che conferisce la vita.
I miracoli,
narrati nel brano di oggi con tale intensità da assumere valenze simboliche
precise, alludono alla ‘potenza’ del Figlio, testimone dell’amore di Dio per
l’uomo, amore che farà risplendere proprio nel suo essere innalzato sulla
croce, quando il potere della morte sarà esautorato. I miracoli sono
l’occasione di rivelazione del Figlio di Dio, rivelazione che necessita, per
esplicitare la sua potenza nel cuore dell’uomo, della fede.
L’emorroissa,
la donna che per la sua malattia era dichiarata immonda (cf.
Lev 15,25-27), nella calca generale, è l’unica a toccare Gesù. Gesù se ne accorge perché
chi lo tocca nella fede permette alla sua potenza salvatrice di operare. Così
lui che è il Santo santifica, lui che è il Salvatore salva, lui che è il
Potente soccorre e guarisce. Chi non ha vivo il senso della propria immondezza,
della propria miseria, non ha fede sufficiente per ottenere salvezza. Il
particolare del mantello (o della frangia, come nel passo parallelo di Matteo)
ha fatto pensare al vestito del Verbo che sono le parole della Scrittura. Ci si
può accalcare attorno alla Scrittura, ma non succede nulla, come non successe
nulla alla folla dei discepoli che pressava il Maestro lungo la strada. Se però
ci si accosta anche a una sola parola con fede, allora ne scaturisce la potenza
che racchiudeva e l’anima è guarita. E la parola come il suo corpo sono lì
(pensiamo alla celebrazione eucaristica) proprio nell’attesa di lasciar uscire
la potenza che racchiudono e rivelare l’amore per cui è stata proferita ed è
stata inviata. Gesù resta nell’attesa di dirci: la tua fede ti ha salvato, va’
in pace e sii guarito dal tuo male!
Se pensiamo
ora alla fede del capo della sinagoga, ne possiamo intuire la grandezza
allorquando i messaggeri da casa gli mandano a dire che tutto è inutile: sua
figlia è morta. Lui aveva insistito con Gesù perché venisse presto a casa sua:
temeva l’irreparabile. Gesù acconsente, ma in un certo senso se la prende
comoda. Tutto l’episodio dell’emorroissa, agli occhi del capo della sinagoga,
deve essere suonato come una terribile perdita di tempo prezioso, come un
penoso dover sostare. Ma Gesù conduce la scena e conduce anche il suo cuore e
lo invita a continuare a credere. Di lui non viene riferito più nulla perché
l’essenziale è stato detto: ha continuato a credere. Per quella fede Gesù ha
operato, Gesù si è manifestato. Quella fede Gesù ha nutrito. E se alla fine
comanda di non divulgare il fatto vuol dire che solo nella e alla fede Gesù può
apparire per quello che è. Se Pietro, come del resto tutti i discepoli, trova
indigeribili le parole di Gesù, ma dice: “Tu
hai parole di vita eterna” (cf. Gv 6,68), vuol dire che il suo cuore sta comunque con lui
nell’attesa che lui stesso gli sveli il senso di ciò che ora non comprende o
che fraintende. Di quella fede abbiamo bisogno.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Sap 1,13-15; 2,23-24
Dal libro della Sapienza
Dio non ha
creato la morte
e non gode
per la rovina dei viventi.
Egli infatti
ha creato tutte le cose perché esistano;
le creature
del mondo sono portatrici di salvezza,
in esse non
c’è veleno di morte,
né il regno
dei morti è sulla terra.
La giustizia
infatti è immortale.
Sì, Dio ha
creato l’uomo per l’incorruttibilità,
lo ha fatto
immagine della propria natura.
Ma per
l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno
esperienza coloro che le appartengono.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 29
Ti esalterò, Signore, perché mi hai
risollevato.
Ti esalterò,
Signore, perché mi hai risollevato,
non hai
permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai
fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto
rivivere perché non scendessi nella fossa.
Cantate inni
al Signore, o suoi fedeli,
della sua
santità celebrate il ricordo,
perché la
sua collera dura un istante,
la sua bontà
per tutta la vita.
Alla sera
ospite è il pianto
e al mattino
la gioia.
Ascolta,
Signore, abbi pietà di me,
Signore,
vieni in mio aiuto!
Hai mutato
il mio lamento in danza,
Signore, mio
Dio, ti renderò grazie per sempre.
Seconda Lettura
2 Cor 8,7.9.13-15
Dalla seconda lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli,
come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in
ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in
quest’opera generosa.
Conoscete
infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto
povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Non si
tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia
uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza,
perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia
uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui
che raccolse poco non ebbe di meno».
Vangelo Mc 5, 21-43
Dal vangelo secondo Marco
[In quel
tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò
attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della
sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli
si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta
morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui.
Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.]
Ora una
donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per
opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi
piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro
toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue
vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo
corpo che era guarita dal male.
E subito
Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla
folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero:
«Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”».
Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna,
impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò
davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti
ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora
parlando, quando [dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua
figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto
dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E
non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni,
fratello di Giacomo.
Giunsero
alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e
urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina
non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese
con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò
dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa:
«Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la
fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da
grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo
e disse di darle da mangiare.]