Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
Ordinario
11a Domenica
(17 giugno
2012)
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Ez 17,22-24; Sal
91; 2Cor 5,6-10; Mc 4, 26-34
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Le due
parabole rispondono alle domande: perché l’inizio del Regno è così
insignificante? Dove si rivela l’evidenza del Regno? Sarà mai possibile la
vittoria del Regno? E se le leggiamo nei passi paralleli di Mt 13 scopriamo che
la prospettiva con cui le parabole sono raccontate assimila il Regno al
diventare ‘familiari’ di Dio. Le parabole sono precedute infatti dalla
constatazione di Gesù: “Ma egli rispose
loro: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando lo sguardo su
quelli che erano seduti attorno a lui, disse: «Ecco mia madre e i miei
fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e
madre»” (Mc 3,33-35). Come a dire: lasciare che il Regno cresca significa
entrare a far parte dei familiari di Dio, venir messi a parte dei segreti di
Dio e condividere i suoi sentimenti per i suoi figli. Come dirà s. Paolo: “ … eredi di Dio, coeredi di Cristo” (Rm 8,17).
Le parabole
sono costruite sul contrasto tra il seme e il frutto, tra il seme piccolissimo
e la pianta grande. Sottolineano la potenza del seme e l'esito certo finale. La
parabola del seme non insiste tanto sulla sua piccolezza, ma sulla potenza che
possiede nonostante la sua piccolezza. Il paragone del seme vale anche per la
fede: “se aveste fede quanto un
granellino di senapa ...” (Lc 17,6). Non da
intendere: basta che abbiate almeno un pochino di fede. Piuttosto: aveste fede
autentica, grande come un minutissimo seme di senape. I semi di senapa sono
così minuti che se si mettono sul palmo della mano e si gira la mano come per
rovesciarli per terra, nemmeno cadono giù. Il paragone è basato sulla potenza
che il seme racchiude. E quando questa potenza si dispiega cresce a dismisura e
diventa un albero e tutti gli uccelli del cielo (intesi dalla tradizione: i
popoli pagani, i pensieri malvagi, tutti i pensieri dell’uomo) vengono a
nidificare sui suoi rami, cioè sono attratti e lì trovano riposo. Tale potenza
appartiene al seme, non a noi: questo è il motivo profondo della fiducia del
cuore rispetto al peso della vita, al peso dei malvagi nella vita. Non importa
se abbiamo una fede grande o piccola, basta che sia genuina e questa ha la
potenza di fare miracoli, cioè di trasformare tutto il nostro cuore fino a che
ogni desiderio e pensiero che vi si trova si riunisca e trovi riposo e
compimento nel Signore Gesù.
Come viene
cantato al vangelo: “Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna”, la parola del Signore ha così potenza
che basta accoglierne una in verità che sarà capace di riunificare tutto di noi
attorno, su e dentro di essa. Così, davanti al dramma del male che ci
accompagna, resta la fiducia ancora più grande della potenza della parola di
Dio, di quel Verbo, fatto uomo, accolto in cuore e capace di portare tutto a
Lui e in Lui, come s. Paolo nella sua lettera ai Corinzi proclama: “sempre pieni di fiducia … siamo pieni di
fiducia”.
L’aspetto
singolare dell’immagine della pianta che cresce fino a permettere agli uccelli
di nidificare è il capovolgimento di prospettiva rispetto al suo uso profetico
tradizionale. Come nel brano di Ezechiele, l’immagine indicava i due potenti
regni antagonisti del Medio Oriente antico, Egitto e Assiria,
che assoggettavano tutti i popoli ma che verranno umiliati dal Signore per la
loro arroganza. Nell’intelligenza evangelica l’immagine perde tutto il sapore
di ‘potenza’ mondana e si applica al regno di Dio che cresce a tal punto da
attirare tutte le nazioni. L’inizio è insignificante, la modalità di crescita
nascosta, ma l’esito fecondo.
Luca
aggiunge, all’immagine del seme, quella del lievito, per mostrare come
l’evidenza del Regno non riguardi una cosa o l’altra. Del ‘regno’ non si può
dire: eccolo qui, eccolo là. Riguarda l’insieme del mondo, della vita, dei
rapporti, dell’agire e del sentire, dell’essere e del fare. Girolamo spiega
come il lievito sia la conoscenza del mistero del Figlio di Dio fatto uomo per
noi, la gioia della scoperta del Figlio di Dio come tesoro e perla preziosa
tanto da investire tutte le proprie energie in quel cammino di scoperta e da
cedere ogni altro bene in vista di ottenere e di condividere con tutti quel
tesoro. Quel Verbo, seminato nella terra del nostro cuore, deve crescere e
attirare tutto a sé.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Ez 17, 22-24
Dal libro del profeta Ezechiele
Così dice il
Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei
suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò
sul monte alto d’Israele.
Metterà rami
e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli
dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà.
Sapranno
tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto
e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero
secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 91
È bello rendere grazie al Signore.
È bello
rendere grazie al Signore
e cantare al
tuo nome, o Altissimo,
annunciare
al mattino il tuo amore,
la tua
fedeltà lungo la notte.
I1 giusto
fiorirà come palma,
crescerà
come cedro del Libano;
piantati
nella casa del Signore,
fioriranno
negli atri del nostro Dio.
Nella
vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno
verdi e rigogliosi,
per
annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia:
in lui non c’è malvagità.
Seconda Lettura
2 Cor 5, 6-10
Dalla seconda lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli,
sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore
finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione -
siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso
il Signore.
Perciò, sia
abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi.
Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere
ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene
che in male.
Vangelo Mc 4, 26-34
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che
getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia
e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima
lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è
maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A
che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo
descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul
terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando
viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa
rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua
ombra».
Con molte
parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano
intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli
spiegava ogni cosa.