Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Solennità
e feste
Ss. Trinità
(3 giugno
2012)
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Dt 4,32-34.39-40; Sal 32; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20
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La liturgia
oggi celebra la confessione della fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
Ora, la confessione della fede non esprime semplicemente la convinzione dei
credenti in certi dati di verità, ma più propriamente esprime l’esperienza che
ha permesso la formulazione di quei dati. Il principio della proclamazione del
Credo nella liturgia, come di tutte le formule di confessione della fede, si
radica nella grande esperienza religiosa del popolo di Israele: Dio non è un
oggetto di conoscenza, ma un Soggetto di relazione. Non si arriva a Dio per via
speculativa, ma dentro una storia di salvezza, accogliendo l’iniziativa di Dio.
Dire “io credo” significa prima di tutto dire: benedico colui che ha fatto
questo e questo per me, accetto di rispondere all’alleanza che ha voluto
offrirmi, sono suo servo, erede delle sue promesse e fruitore del suo regno. La
proclamazione delle Scritture come la celebrazione liturgica sono percepite
come memoriale dell’iniziativa di Dio
per l’uomo, il quale è chiamato a riconoscere l’amore di Dio per lui nella sua
storia che diventa sacra, storia di salvezza.
La
difficoltà per noi nasce dal fatto che la verità goduta nelle Scritture e
proclamata nella Chiesa non è ancora fatta nostra. Quando Mosè, come riporta la
prima lettura, alla fine della sua vita, invita il popolo a ricordare
l’esperienza della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto e della rivelazione
al Sinai, in realtà parla a persone che non hanno vissuto quegli eventi perché
sono soltanto i figli di coloro che erano stati spettatori di quei fatti
prodigiosi e che erano periti nel deserto. Ma se Dio è intervenuto nella loro
storia, allora tutta la loro storia è sacra e potranno vivere la loro vita
nell’ottica dell’esperienza dei loro padri fino a che ne sia tutta sostanziata
la propria esperienza, da trasmettere a loro volta ai propri figli. È il senso
della solidarietà nella fede, della testimonianza ecclesiale della fede nella
quale ognuno può trovare la radice di senso e di energia per vivere l’alleanza
con Dio, solidale con chi l’ha preceduto e con chi ne è compagno di
celebrazione.
L’iniziativa
per eccellenza di Dio, quella che giustifica tutte le altre rivelandone l’amore
che le ha originate, è l’invio del Figlio che, mentre rivela in tutta verità il
volto del Padre, risponde nella sua umanità al suo desiderio di comunione con
noi, mettendoci in condizione, con l’effonderci il suo Spirito, di vivere della
stessa sua intimità con il Padre. Quando Gesù proclama alla fine del vangelo di
Matteo: “A me è stato dato ogni potere in
cielo e sulla terra… Ed ecco, io sono con voi tutti i
giorni, fino alla fine del mondo”, non si può non sentire l’eco dell’altra
promessa che onora la festa di oggi: “Chi
accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato
dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui … Se uno mi ama,
osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo
a lui” ( Gv 14,21-23). È la promessa solenne di
Gesù ai suoi discepoli, il frutto segreto ricercato da chiunque voglia fare il
bene e non vuole ripararsi semplicemente dalle sue paure o esibirsi sotto
qualsiasi forma: godere dell’intimità con colui che il cuore cerca.
Nella
lettera ai Romani Paolo proclama che i figli di Dio (= coloro che conoscono
Dio) sono coloro che lo Spirito di Dio guida. Li guida dove? Li guida a e in
Colui che è fonte della nostra pace, secondo l’espressione della beatitudine: “beati gli operatori di pace, perché saranno
chiamati figli di Dio” (Mt 5,9). La pace è frutto della comunione con Dio
che Gesù ci ottiene, solidali con i sentimenti di Dio per i suoi figli. Essere
guidati dallo Spirito significa partecipare alla dinamica di rivelazione di
Gesù, inviato per mostrare quanto è grande l’amore di Dio e per raccogliere i
figli di Dio dispersi. Tutto ciò che lavora in funzione della testimonianza di
quell’amore e in solidarietà con i nostri fratelli, condividendo con loro
quell’amore, è frutto dello Spirito Santo, torna a gloria di Dio e ci fa trovare
in Cristo.
Ci aiuta a
collocarci nel clima interiore adatto a cogliere la qualità del mistero della
festa di oggi anche il passo evangelico: “Ti
rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste
cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché
così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio
...” (cf. Mt 11,25-30). Si tratta forse di uno dei
passi più solenni e più intimi del vangelo allorquando Gesù prorompe in un grido
di esultanza alla vista dei discepoli che tornano gioiosi dopo aver annunciato
il regno di Dio. Tutto deriva dalla benevolenza di Dio per l’uomo. A Lui è
piaciuto cercare l’uomo, volerlo compagno del suo amore. In Gesù l’ha trovato e
in Lui trova tutti noi. La compiacenza che il Padre ha espresso per Gesù al
battesimo e nella trasfigurazione (“Questi
è Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento”, Mt 3,17) è
onnicomprensiva di tutti i figli degli uomini perché l’amore di Dio risplenda e
la gioia dell’amore sia condivisibile tra Dio e l’uomo. Proprio quello che il
mistero della Trinità proclama.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Dt 4, 32-34. 39-40
Dal libro del Deuteronòmio
Mosè parlò
al popolo dicendo: «Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal
giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra e da un'estremità all'altra dei
cieli, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che
cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita
tu, e che rimanesse vivo?
O ha mai
tentato un dio di andare a scegliersi una nazione in mezzo a un'altra con
prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e braccio teso e grandi
terrori, come fece per voi il Signore, vostro Dio, in Egitto, sotto i tuoi
occhi?
Sappi dunque
oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù
sulla terra: non ve n'è altro.
Osserva
dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i
tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo
Dio, ti dà per sempre».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 32
Beato il popolo scelto dal Signore.
Retta è la
parola del Signore
e fedele
ogni sua opera.
Egli ama la
giustizia e il diritto;
dell'amore
del Signore è piena la terra.
Dalla parola
del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio
della sua bocca ogni loro schiera.
Perché egli
parlò e tutto fu creato,
comandò e
tutto fu compiuto.
Ecco,
l'occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera
nel suo amore,
per
liberarlo dalla morte
e nutrirlo
in tempo di fame.
L'anima
nostra attende il Signore:
egli è
nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi
sia il tuo amore, Signore,
come da te
noi speriamo.
Seconda Lettura
Rm 8, 14-17
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Romani.
Fratelli,
tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E
voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma
avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale
gridiamo: «Abbà! Padre!».
Lo Spirito
stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo
figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo
parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.
Vangelo Mt 28,
16-20
Dal vangelo secondo Matteo
In quel
tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro
indicato.
Quando lo
videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si
avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra.
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre
e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che
vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del
mondo».