Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Solennità
e feste
Ss. Corpo e Sangue di Cristo
(10 giugno
2012)
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Es 24, 3-8; Sal 115; Eb 9, 11-15; Mc 14, 12-16. 22-26
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L’origine di
questa festa, propria dell’Occidente latino, va messa in rapporto con il
possente risveglio della devozione eucaristica che dal secolo XII in poi si
sviluppò, accentuando particolarmente la presenza reale di Cristo nel
sacramento e quindi la sua adorazione. Furono le visioni di Giuliana di Cornillon, monaca agostiniana di Liegi, ad avere un
influsso decisivo nell’introduzione della festività, che per la prima volta si
celebrò nella diocesi di Liegi nel 1247. Urbano IV, già arcidiacono di Liegi e
confessore di Giuliana, la prescrisse per tutta la Chiesa nel 1264.
Parafrasando
il Padre Nostro, s. Francesco così commenta l'invocazione 'dacci oggi il nostro
pane quotidiano': “Il nostro pane
quotidiano, il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione
e reverenza dell'amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi
disse, fece e patì” ( FF 271). E nella sua prima ammonizione, tutta dedicata al
mistero del Corpo del Signore, scrive
stupendamente: "Per cui lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli,
è lui che riceve il santissimo corpo e il sangue del Signore. ... Ecco, ogni
giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della
Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno
discende dal seno del Padre sull'altare nelle mani del sacerdote. E come ai
santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel
pane consacrato. E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la
carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che
egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del
corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo
e sangue vivo e vero. E in tale maniera il Signore è sempre presente con i suoi
fedeli ..." (FF 143-145).
Il mistero
dell’Eucaristia è celebrato coralmente dagli inni di s. Tommaso d’Aquino (Pange lingua, Lauda Sion) e soprattutto dai tre prefazi, ai quali mi rifaccio per
suggerire qualche porta di accesso allo splendore di questa festa.
Il primo si
incentra sul memoriale del sacrificio: viene celebrato il mistero d’amore di
Dio per l’uomo, che nel sacramento continuamente si ripresenta perché ognuno vi
possa essere immesso e in esso rimanere.
Il secondo
celebra l’eucaristia come vincolo di unità e perfezione: “in questo grande mistero tu nutri e santifichi i tuoi fedeli, perché
una sola fede illumini e una sola carità riunisca l’umanità diffusa su tutta la
terra. E noi ci accostiamo a questo sacro convito, perché l’effusione del tuo
Spirito ci trasformi a immagine della tua gloria”. È il mistero della
santità come mistero di fraternità realizzata, a immagine della Trinità. La
vita eterna che il sacramento ci procura è la vita nello Spirito che ci fa
vivere un cuor solo e un’anima sola, nella lode di Dio; un assaggio di
paradiso.
Il terzo
celebra l’eucaristia come pegno di risurrezione: “nell’eucaristia, testamento del suo amore, egli si fa cibo e bevanda spirituale
per il nostro viaggio verso la Pasqua eterna. Con questo pegno della
risurrezione finale partecipiamo nella speranza alla mensa gloriosa del tuo
regno”. È la celebrazione del mistero del Regno. Il principio di fondo,
illustrato dai Padri nella spiegazione della preghiera del Padre nostro, è
semplice: su quello che sarà e che non verrà mai meno va orientata la nostra
esistenza. Accedere alla mensa del Corpo e Sangue di Cristo vuol dunque dire
imparare a percepire ciò che soddisfa il cuore dell’uomo e a vivere del Dono di
Dio, fino a che la verità di questo appaia finalmente al nostro cuore in tutto
il suo splendore.
Tre sono i
verbi significativi che ricorrono nei prefazi: “… a te per primo si offrì
vittima di salvezza”, “in questo grande mistero tu nutri e santifichi”.
“Si offrì” vuol dire ‘non si tirò indietro’, ‘non preferì nulla all’amore che
lo consumava dentro’, ‘svelò tutta la sua passione d’amore per il Padre e per
gli uomini’. In quell’offrirsi non è accentuato tanto la natura riparatrice del
suo sacrificio quanto lo splendore dell’amore del Padre che tanto ha amato gli
uomini da dare quel suo Figlio unigenito, su cui era posto tutto il suo
compiacimento. Il nutrire (il suo Corpo si fa pane di vita, il suo Sangue
bevanda di salvezza) allude al fatto che comunica la forza del suo amore che
risana e vivifica, rendendoci capaci di percorrere la via per il Regno. Il
santificare (è lo Spirito Santo che in noi assume il Corpo e il Sangue di
Cristo, rendendoci un tutt’uno con quel Corpo – si veda la prima ammonizione di
s. Francesco di Assisi) allude alla potenza di trasfigurazione dello Spirito
che ci fa vivere in Cristo e di Cristo fino a che tutto di noi parli di Lui. La
cosa straordinaria è che la tensione del santificare non mira che al mistero della
fraternità, l’unico segno inequivocabile della presenza di Dio, dello splendore
della sua gloria. Quando preghiamo che ci trasformi a immagine della sua
gloria, in effetti, chiediamo di poter essere immessi nel mistero d’amore della
Trinità da cui deriva la fraternità tra gli uomini. Il segno più eloquente di
quell’amore e dello spazio nuovo di fraternità che ne deriva per gli uomini è
la dicitura ‘re della gloria’ posta sul capo del Crocifisso.
Se ci
domandiamo qual è la virtù specifica dell'Eucarestia, a cosa tende, non
possiamo non rispondere con s. Agostino: "La virtù propria di questo
nutrimento è quello di produrre l'unità, affinché, ridotti ad essere il corpo
di Cristo, divenuti sue membra, siamo ciò che riceviamo" (Disc. 272).
L'amen che rispondiamo al 'corpo di Cristo' proferito dal sacerdote al momento
della comunione eucaristica ha proprio questo significato: sì, riconosco di far
parte di quel Corpo e accetto di vivere in modo da non ferire mai l'unità di
quel corpo. È il mistero della comunione con Dio e tra gli uomini diventato lo
scopo supremo dell'agire del cuore. Come dice l'orazione sulle offerte:
"Concedi benigno alla tua Chiesa, o Padre, i doni dell'unità e della pace,
misticamente significati nelle offerte che ti presentiamo".
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Es 24, 3-8
Dal libro dell'Èsodo
In quei
giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le
norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti
che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!».
Mosè scrisse
tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai
piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d'Israele. Incaricò
alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare
giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore.
Mosè prese
la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l'altra metà
sull'altare. Quindi prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del
popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo
ascolto».
Mosè prese
il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell'alleanza che il
Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 115
Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore.
Che cosa
renderò al Signore,
per tutti i
benefici che mi ha fatto?
Alzerò il
calice della salvezza
e invocherò
il nome del Signore.
Agli occhi
del Signore è preziosa
la morte dei
suoi fedeli.
Io sono tuo
servo, figlio della tua schiava:
tu hai
spezzato le mie catene.
A te offrirò
un sacrificio di ringraziamento
e invocherò
il nome del Signore.
Adempirò i
miei voti al Signore
davanti a
tutto il suo popolo.
Seconda Lettura
Eb 9, 11-15
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli,
Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più
grande e più perfetta, non costruita da mano d'uomo, cioè non appartenente a
questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante
il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così
una redenzione eterna.
Infatti, se
il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli
che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il
sangue di Cristo - il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza
macchia a Dio - purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché
serviamo al Dio vivente?
Per questo
egli è mediatore di un'alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte
in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che
sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che era stata promessa.
SEQUENZA
[ Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.
Lauda Sion Salvatorem,
lauda ducem et pastorem,
in hymnis
et canticis.
Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.
Quantum potes, tantum aude:
quia major omni laude,
nec laudare sufficis,
Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
laudis thema specialis,
panis vivus et vitalis
hodie proponitur.
Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.
Quem in sacræ mensæ coenæ,
turbæ fractrum duodenæ
datum non ambigitur.
Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.
Sit laus plena, sit
sonora,
sit jucunda, sit decora
mentis jubilatio.
Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.
Dies enim solemnis agitur,
in qua mensæ prima recolitur
Hujus institutio.
E il banchetto del nuovo Re,
nuova, Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.
In hac mensa novi Regis,
novum Pascha novæ legis,
phase vetus terminat.
Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
Vetustatem novitas,
umbram fugat veritas,
noctem lux eliminat.
Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo,
Quod in coena Christus gessit,
faciendum hoc expressit
in sui memoriam.
Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.
Docti sacris institutis,
panem, vinum in salutis
consecramus hostiam.
È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.
Dogma datur christianis,
Quod in carnem
transit panis,
Et vinum in sanguinem.
Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
Quod non capis, quod non vides,
animosa firmat fides,
Præter rerum ordinem.
È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.
Sub diversis speciebus,
signis tantum, et non rebus,
latent res eximiæ.
Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
Caro cibus, sanguis potus:
manet tamen Christus totus
sub utraque
specie.
Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
A sumente non concisus,
non confractus, non divisus:
integer accipitur.
Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
Sumit unus, sumunt mille:
quantum isti, tantum ille:
Nec sumptus consumitur.
Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
Sumunt boni, sumunt mali:
sorte tamen inæquali,
vitæ vel interitus.
Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l'esito!
Mors est malis, vita bonis:
Vide paris
sumptionis
quam sit dispar
exitus.
Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell'intero.
Fracto demum
sacramento,
ne vacille, sed
memento
tantum esse sub fragmento,
È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona. ]
Quantum tot tegitur.
Nulla rei fit scissura:
Signi tantum fit fractura,
qua nec status, nec
statura
signati minuitur.
Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev'essere
gettato.
Ecce Panis Angelorum,
factus cibus viatorum:
vere panis flliorum,
non mittendus canibus.
Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.
In figuris præsignatur,
cuni Isaac immolatur,
Agnus Paschæ deputatur,
datur manna patribus.
Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
Bone pastor, panis vere,
Jesu, nostri miserere:
Tu nos pasce, nos tuere,
tu nos bona fac videre
in terra viventium.
Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.
Tu qui cuncta seis et vales,
qui nos pascis hic mortales:
Tuos ibi commensales,
coheredes
et sodales
fac
sanctorum civium.
Amen. (Alleluia).
Vangelo Mc 14, 12-16. 22-26
Dal vangelo secondo Marco
Il primo
giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i
discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa
mangiare la Pasqua?».
Allora mandò
due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un
uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove
entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza,
in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?. Egli vi mostrerà al
piano superiore una grande sala arredata e già pronta; lì preparate la cena per
noi».
I discepoli
andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la
Pasqua.
Mentre
mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro,
dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie,
lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue
dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai
più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di
Dio».
Dopo aver
cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.