Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
di Avvento
3a Domenica
(11 dicembre
2011)
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Is
61,1-2.10-11; Lc
1,46-54; 1Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28
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Come Marco e
a differenza di Matteo e Luca, Giovanni non narra l’evento della nascita di
Gesù a Betlemme. Il suo sguardo si spinge oltre, fino ai confini della storia,
oltre la storia. Giovanni risale alla storia eterna dell’amore di Dio per gli
uomini: “In principio era il Verbo…” per
arrivare ad annunciare: “E il Verbo si
fece carne ... e noi vedemmo la sua gloria” (Gv
1,1.14). Il Battista è il primo testimone di quella gloria che via via apparirà anche agli
apostoli, a tutti i discepoli e ai seguaci loro, fino a noi, fino alla fine del
mondo.
La chiesa,
convinta dalla testimonianza del Battista, intravede già l’azione del Messia di
cui a breve celebrerà il natale e la riassume in un unico movimento, quello
della letizia. Tutta la liturgia di oggi è un assaggio di quello che sarà
rivelato al mondo con la nascita dell’Emmanuele, il
Dio con noi. L’antifona di ingresso risuona gioiosa: “Rallegratevi sempre nel Signore”. L’antica colletta fa pregare:
“Guarda, o Padre, il tuo popolo, che attende con fede il Natale del Signore e
fa’ che giunga a celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della
salvezza”. Il brano di Isaia descrive ‘il lieto annunzio’
di cui è portatore l’Inviato di Dio. Il salmo responsoriale fa gridare: “la mia anima esulta nel mio Dio”. Paolo
esorta: “State sempre lieti”.
Da oggi, per
la liturgia, la vigilanza si fa presagio di letizia. Preparare le vie al
Signore, da questo punto di vista, significa predisporsi all’esperienza della
letizia dall’alto. Quando, con la nuova colletta, preghiamo di avere un cuore
puro e generoso, intendiamo pregare perché il Signore ci disponga
all’esperienza della letizia, di cui la Madre di Dio è la figura per eccellenza
con il suo canto del magnificat, che la chiesa oggi con lei ripete nel salmo
responsoriale. La santità della Vergine può essere definita come il superamento
radicale della perversione del peccato che consiste nel voler essere noi stessi
causa della nostra felicità, mentre per lei, sempre e in ogni cosa, vale solo:
“esulto e gioisco nel Signore, l’anima mia si allieta nel mio Dio” (canto di
ingresso della festa dell’Immacolata).
Ma qual è la
radice della letizia? - sembra la domanda che trapela da tutta la liturgia. Per
quanto desiderabile, non sembra proprio che la letizia sia così facilmente
afferrabile in questo mondo. La testimonianza del Battista è estremamente
rivelatrice: “In mezzo a voi sta uno che
voi non conoscete”, e noi potremmo aggiungere: che non conoscete ancora,
che non ha ancora toccato il vostro cuore, che non si è ancora manifestato al
vostro cuore. Come tutta la storia dello stesso Battista e degli apostoli
mostrerà e come tutta la nostra vicenda personale conferma, il mistero della
persona di Gesù, il Messia che viene a liberare e rallegrare, non si rivela al
nostro cuore, nella sua potenza di redenzione, in un momento. La vita, però,
una volta che lui diventa il punto di riferimento, non potrà più essere vissuta
se non nella sua luce.
Caratteristica
l’immagine che usa il profeta Isaia nel definire l’opera del Messia che libera
dal carcere i prigionieri. Di per sé il profeta annuncia la percezione del
bagliore di luce dei prigionieri che tornano a vedere la luce del sole dopo
essere stati tirati fuori dalle tenebrose segrete in cui erano racchiusi. Del
resto, anche il Battista è presentato da Giovanni come testimone della luce,
testimone della luce vera che viene nel mondo, luce che è vita per gli uomini,
luce nella quale tutto era stato creato e che il cammino del pentimento torna a
far splendere nel cuore.
Quando Paolo
esorta i credenti: “State sempre lieti,
pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie”, illustra la fede nel
Signore Gesù come esperienza di letizia. Chi ha percepito l’amore di
benevolenza di Dio sul mondo, di cui Gesù è il testimone e il rivelatore, può
vivere nella letizia, diventa capace di accogliere il suo Dio nella preghiera e
non ha più bisogno di rivendicare nulla perché rende grazie in ogni cosa. Il
legame tra queste tre cose è tanto forte che ognuna, praticata in sincerità, fa
ottenere anche le altre due: chi vuole rendere grazie in ogni cosa si ritroverà
presto guarito e liberato da ogni forma di pretesa e potrà godere dell’intimità
che sogna e della gioia a cui anela. Chi prega in sincerità ritroverà la
libertà interiore per stare lieto e vivere la vita in eucaristia, in rendimento di grazie. Ma la letizia che fa vivere è
quella che germoglia, come dice il profeta Isaia, dall’incontro con colui che
scopro essere il mio Salvatore, col
quale attraversare dolori e fatiche della vita.
Si può
rilevare un altro particolare denso di mistero nel vangelo di Giovanni. Il
Battista, rispondendo a coloro che gli chiedono conto della sua identità
davanti al popolo, non si dà un nome suo, ma si definisce solo in rapporto al
Cristo: ‘voce che grida’, come più
avanti si definirà ‘amico dello sposo’. Né la Vergine né lo stesso evangelista vengono
chiamati col loro nome, ma solo in rapporto a Cristo: ‘la madre di Gesù’, ‘il
discepolo che Gesù amava’. Una grande lezione di santità: le persone più vicine
a Cristo sono quelle che lasciano che il Cristo traspaia in loro e proprio
questo costituisce la loro identità nella quale leggere e comprendere la loro
storia.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 61, 1-2.10-11
Dal libro del profeta Isaia
Lo spirito
del Signore Dio è su di me,
perché il
Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha
mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare
le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare
la libertà degli schiavi,
la
scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare
l’anno di grazia del Signore.
Io gioisco
pienamente nel Signore,
la mia anima
esulta nel mio Dio,
perché mi ha
rivestito delle vesti della salvezza,
mi ha
avvolto con il mantello della giustizia,
come uno
sposo si mette il diadema
e come una
sposa si adorna di gioielli.
Poiché, come
la terra produce i suoi germogli
e come un
giardino fa germogliare i suoi semi,
così il
Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode
davanti a tutte le genti.
Salmo Responsoriale
Lc 1, 46-54
La mia anima esulta nel mio Dio.
L’anima mia
magnifica il Signore
e il mio
spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha
guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi
tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose
ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il
suo nome;
di
generazione in generazione la sua misericordia
per quelli
che lo temono.
Ha ricolmato
di beni gli affamati,
ha rimandato
i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso
Israele, suo servo,
ricordandosi
della sua misericordia.
Seconda Lettura
1Ts 5, 16-24
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Tessalonicesi.
Fratelli,
siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie:
questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Non spegnete
lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è
buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della
pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e
corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo.
Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!
Vangelo Gv 1, 6-8. 19-28
Dal vangelo secondo Giovanni
Venne un
uomo mandato da Dio:
il suo nome
era Giovanni.
Egli venne
come testimone
per dare
testimonianza alla luce,
perché tutti
credessero per mezzo di lui.
Non era lui
la luce,
ma doveva
dare testimonianza alla luce.
Questa è la
testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti
e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli
confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero:
«Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?».
«No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta
a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono
voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come
disse il profeta Isaìa».
Quelli che
erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero:
«Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?».
Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi
non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare
il laccio del sandalo».
Questo
avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove
Giovanni stava battezzando.