Quarto
ciclo
Anno
liturgico B (2011-2012)
Tempo
di Avvento
1a Domenica
(27
novembre 2011)
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Is
63,16b-17.19b; 64,2-7; Sal 79; 1Cor 1,3-9; Mc 13,33-37
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L’anno
liturgico comincia come finisce, inscrivendo il tempo della nostra storia
nell’attesa della venuta del Signore: la venuta del Cristo alla fine dei tempi
come giudice glorioso, la venuta nella carne del Figlio di Dio fatto uomo a
Betlemme e la venuta mistica del Signore nel cuore di ciascuno che l’accoglie.
L’invito costante è alla vigilanza.
Vigilanza
per che cosa? Sia il capitolo di Mt 25 che ha concluso l’anno liturgico, con le
tre parabole delle dieci vergini, dei talenti e del giudizio finale che
l’odierno passo di Mc 13 introducono al racconto della passione del figlio
dell’uomo. Come a dire: lo sguardo sia puntato su quel figlio, morto e risorto
per noi, sul quale giocare il nostro desiderio, la nostra responsabilità e il
segreto della vita.
Il profeta
Isaia descrive molto bene la condizione di coloro che non aspettano più, che
non si premurano di essere vigilanti: “Nessuno
invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu
avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balia della nostra
iniquità”. E quando l’iniquità prevale, allora il cuore si accorge della
sua ferita mortale e grida: “Se tu
squarciassi i cieli e scendessi!”. La liturgia di avvento porta inscritto
questo grido, perché sa che l’uomo può essere salvato solo dal suo Dio.
L’invito alla vigilanza vuole indirizzare gli sguardi all’amore di Dio per i
suoi figli che viene a salvare facendosi bambino, uno di noi, perché noi
torniamo a essere di Dio. Scenda allora a noi come ha fatto con Mosè liberando
il popolo dalla schiavitù dell’Egitto, come ha fatto con Ciro permettendo al
popolo di tornare da Babilonia a Gerusalemme, come ha fatto con la Vergine
nascendo come suo figlio, come ha fatto con gli apostoli aprendo il loro cuore
al suo mistero! Il primo movimento della vigilanza è appunto la coscienza della
lontananza. Il servo addormentato della parabola evangelica è colui che non si
risveglia per stringersi al suo Signore, è colui che resta in balìa della sua
iniquità e perciò non potrà più riconoscere la benevolenza del suo padrone che
viene a lui. La vigilanza scongiura tale esito.
Quando la
colletta di oggi fa pregare: “O Dio, nostro Padre, nella tua fedeltà che mai
vien meno ricordati di noi, opera delle tue mani, e donaci l’aiuto della tua
grazia, perché attendiamo vigilanti
con amore irreprensibile la gloriosa venuta del nostro redentore”, vuole
invitarci a un certo tipo di operosità, quella che la parabola del giudizio
finale illustrava e di cui la festa del Natale fornisce la ragione più
convincente.
Tutto il
segreto dell’operosità del servo della parabola sta nel movimento interiore che
Paolo così descrive: “a voi, che
aspettate la manifestazione del Signore Gesù Cristo … Degno di fede è Dio, dal
quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo,
Signore nostro”. Ecco la direzione di sguardo della vigilanza, come sia
innervata sulla promessa di Dio di far vivere l’uomo in comunione con lui,
partecipandogli la sua stessa vita e lo splendore della sua santità, aprendolo
alla comunione con il Figlio suo.
Attendere la
manifestazione del Signore però non significa guardare al ritorno glorioso del
Signore quando si chiuderanno i tempi e la sua parola giudicante svelerà tutta
la verità. Quella tensione caratterizza anche il desiderio del cuore dei
credenti nella vita quotidiana. Chi riceve le parole del Signore, chi si sforza
di metterle in pratica senza desiderare di poter percepire e vedere la presenza del Signore nella sua
vita? Questo è appunto l’oggetto specifico della vigilanza, mentre la sua
dinamica è la tensione a entrare nel processo della manifestazione del Signore
al nostro cuore, nella nostra storia, manifestazione di cui la nascita di Gesù
a Betlemme presenterà la realtà alla nostra portata. Se a livello dell’agire
dell’uomo la vigilanza si risolve nella fatica di evitare il male e di compiere
il bene, a livello del cuore si risolve in una memoria calda della presenza del Signore, in una memoria di eventi e
parole che ci possono significare quella presenza, memoria che tenda a
esplodere nella percezione della sua presenza. La vigilanza allora è il compito
di responsabilità dei servi della parabola del vangelo in attesa del ritorno
del loro padrone. Perché è nello splendore di quella presenza percepita che
possiamo vivere fino in fondo la nostra vocazione all’umanità e tornare a far
risplendere il mondo della luce di Dio.
Ma c’è
ancora dell’altro. Se leggiamo il passo parallelo di Lc
12,37, veniamo a sapere come si manifesterà il Signore: “si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a
servirli”. L’accudire ai fratelli non è soltanto agire bene, ma partecipare
al servizio divino dell’umanità. Come a dire: quando accogli il tuo fratello perché
guardi al tuo Signore, il tuo cuore godrà dall’essere accudito dal suo Signore
e non potrà non condividere con lui l’ansia di arrivare a tutti perché lo
splendore della sua presenza prevalga comunque.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 63, 16b-17.19b; 64, 2-7
Dal libro del profeta Isaia
Tu, Signore,
sei nostro padre,
da sempre ti
chiami nostro redentore.
Perché,
Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie
e lasci
indurire il nostro cuore, cosi che non ti tema?
Ritorna per
amore dei tuoi servi,
per amore
delle tribù, tua eredità.
Se tu
squarciassi i cieli e scendessi!
Davanti a te
sussulterebbero i monti.
Quando tu
compivi cose terribili che non attendevamo,
tu scendesti
e davanti a te sussultarono i monti.
Mai si udì
parlare da tempi lontani,
orecchio non
ha sentito,
occhio non
ha visto
che un Dio,
fuori di te,
abbia fatto
tanto per chi confida in lui.
Tu vai
incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia
e si
ricordano delle tue vie.
Ecco, tu sei
adirato perché abbiamo peccato
contro di te
da lungo tempo e siamo stati ribelli.
Siamo
divenuti tutti come una cosa impura,
e come panno
immondo sono tutti i nostri atti di giustizia;
tutti siamo
avvizziti come foglie,
le nostre
iniquità ci hanno portato via come il vento.
Nessuno
invocava il tuo nome,
nessuno si
risvegliava per stringersi a te;
perché tu
avevi nascosto da noi il tuo volto,
ci avevi
messo in balìa della nostra iniquità.
Ma, Signore,
tu sei nostro padre;
noi siamo
argilla e tu colui che ci plasma,
tutti noi
siamo opera delle tue mani.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 79
Signore, fa' splendere il tuo volto
e noi saremo salvati.
Tu, pastore
d’Israele, ascolta,
seduto sui
cherubini, risplendi.
Risveglia la
tua potenza
e vieni a
salvarci.
Dio degli
eserciti, ritorna!
Guarda dal
cielo e vedi
e visita
questa vigna,
proteggi
quello che la tua destra ha piantato,
il figlio dell’uomo
che per te hai reso forte.
Sia la tua
mano sull’uomo della tua destra,
sul figlio
dell’uomo che per te hai reso forte.
Da te mai
più ci allontaneremo,
facci
rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
Seconda Lettura
1Cor 1,3-9
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli,
grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!
Rendo grazie
continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata
data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni,
quelli della parola e quelli della conoscenza.
La
testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente che non manca
più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro
Gesù Cristo. Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno
del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siete stati
chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
Vangelo Mc 13,
33-37
Dal vangelo secondo Marco
In quel
tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Fate
attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo,
che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi
servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate
dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a
mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo
all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che
dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».