Quarto ciclo
Anno liturgico A (2010-2011)
Tempo di Quaresima
5a Domenica
(10 aprile 2011)
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Ez 37,
12-14; Sal 129; Rm 8,8-11;
Gv 11,1-45
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Giovanni racconta nel suo vangelo sette miracoli di Gesù: la
trasformazione dell’acqua in vino e la guarigione del figlio del funzionario a
Cana, la guarigione del paralitico alla piscina di Betzata, la moltiplicazione
dei pani, il camminare sulle acque, la guarigione del cieco nato. Il miracolo
della risurrezione di Lazzaro è il settimo. È la rivelazione ultima, a noi
accessibile, del Figlio di Dio, che ci introduce nel mistero della sua morte e
risurrezione. In effetti, il brano termina con la decisione del sommo sacerdote
di mettere a morte Gesù per salvare la nazione: “Da quel giorno dunque
decisero di ucciderlo”.
Gesù stesso si premura di fornire la prospettiva nella quale
vedere il miracolo: “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la
gloria di Dio,affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato”.
Se Gesù, a proposito di Lazzaro, parla della sua gloria, non lo fa tanto in
riferimento al miracolo che sta per compiere, ma in riferimento al fatto che
tale miracolo costituisce il via libera alla sua ora, l'inizio della sua
passione. Non per nulla i discepoli, Tommaso in testa, dicono: “Andiamo
anche noi a morire con lui”. Il vedere Gesù che fa ritornare in vita
Lazzaro non induce ad una esaltazione della sua persona, ma fa presagire come e
perché Gesù abbia tale potere e quindi mette in risalto la sua disponibilità a
morire per manifestare in tutta la sua potenza l'amore del Padre, da cui
scaturisce la sua glorificazione e la vita per noi.
L’aveva proclamato precedentemente (cfr. Gv 5) dicendo che
il Figlio fa ciò che vede fare dal Padre: “Come il Padre risuscita i morti e
dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole” (con la
sfumatura di significato: ‘dà la vita a coloro cui vuole bene’). Il brano del
profeta Ezechiele l’ha sottolineato con l’immagine potente del soffio sulle
ossa aride per indurre il popolo, deportato e avvilito oltre ogni speranza, a
credere alla potenza di salvezza del Signore che l’avrebbe liberato e fatto
abitare nella terra santa di Israele. Il racconto del miracolo non tende a
suscitare in me che ascolto il desiderio di un altro miracolo per me, ma a
entrare in relazione con colui che compie il miracolo in modo da godere della
comunione di vita con lui, in modo da godere anch’io del dono della sua vita.
Inaspettatamente, quando Gesù, davanti al sepolcro di
Lazzaro, chiede a Marta se crede a quello che le aveva detto, lei risponde: “Sì,
o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel
mondo”. Non dice: io credo che tu hai il potere di far risorgere i morti.
Afferma la verità del suo incontro con lui, del suo amore. È per questo che
potrà vedere la gloria di Dio. Così l’antica colletta ci fa pregare: “Vieni in
nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella
carità che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi”. Quella carità è il
frutto della sua glorificazione. Il combattimento spirituale, la lotta contro
il male, l’osservanza dei comandamenti altro non è che una partecipazione alla
potenza della risurrezione, allorché la vita viene vissuta nella carità del
Cristo che niente e nessuno potrà mortificare. È il principio della vita
eterna, quello di una vita che non abbia altra consistenza se non come carità.
L’incontro con Gesù apre a questa dimensione. Se lui è datore di vita lo è
perché, facendo vivere nella sua carità, impedisce alla morte di tenere
prigioniero il nostro cuore.
Il nostro gridare, nel salmo responsoriale: “Dal profondo
a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce”, deriva dalla coscienza
della nostra mortalità, non semplicemente come termine della vita biologica, ma
come abisso di mortificazione della vita che stenta ad accedere alla carità di
Dio. Quella ‘mortificazione della vita’ il Signore vince. L’episodio della
risurrezione di Lazzaro si chiude non con il riconoscimento o l’incontro
affettuoso di Lazzaro con Gesù, ma con il comando: “Liberatelo e lasciatelo
andare”. Corrisponde all’invito di Gesù, dopo i miracoli di guarigione:
‘Va’, la tua fede ti ha salvato’. Venire a Gesù (questo potrebbe anche voler
significare il grido di Gesù: Lazzaro, vieni fuori!) comporta vivere della sua
vita, della vita che lui può dare e lo spazio di espressione di questa vita è
ormai dato dalla fraternità che si vive nel mondo. A questa Gesù rimanda.
Dal punto di vista di Gesù, prevale invece il rendimento di
grazie: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi
dai ascolto...”. Gesù è venuto per fare la volontà di Colui che l'ha
inviato. La sua volontà è vivere in modo tale che l’amore del Padre per gli
uomini possa risplendere in tutta la sua gloria. E questo si realizza con la
sua passione e morte in croce, tanto che quella volontà di carità, non solo non
ne resta mortificata, ma diventa per tutti noi che crediamo in lui fonte di
vita non più soggetta alla morte. Questo fa sgorgare dal suo cuore il
rendimento di grazie al Padre.
Gesù non ha voluto risparmiare la prova ai suoi amici. Viene
a condividerla, tanto da restarne intimamente e profondamente scosso, tanto da
esporsi alla sua prova, anzi provocando la sua prova con l'arresto e la morte
imminenti. Ma la sua non è una semplice
condivisione della sofferenza umana. Il suo rendere grazie l’attraversa e la
trasforma. Se esulta, non è per aver impedito alla morte il suo corso, ma per
aver trionfato su di essa, nella comunione con il Padre per il suo amore agli
uomini, radice di vita per coloro che credono.
§^§^§
I
TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
Prima
Lettura Ez 37, 12-14
Dal libro del profeta Ezechièle
Così dice il Signore Dio: «Ecco, io
apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi
riconduco nella terra d’Israele.
Riconoscerete che io sono il
Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o
popolo mio.
Farò entrare in voi il mio spirito e
rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore.
L’ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio.
Salmo
Responsoriale Dal Salmo 129
Il Signore è bontà e misericordia.
Dal profondo a te grido, o Signore;
Signore, ascolta la mia voce.
Siano i tuoi orecchi attenti
alla voce della mia supplica.
Se consideri le colpe, Signore,
Signore, chi ti può resistere?
Ma con te è il perdono:
così avremo il tuo timore.
Io spero, Signore.
Spera l’anima mia,
attendo la sua parola.
L’anima mia è rivolta al Signore
più che le sentinelle all’aurora.
Più che le sentinelle l’aurora,
Israele attenda il Signore,
perché con il Signore è la
misericordia
e grande è con lui la redenzione.
Egli redimerà Israele
da tutte le sue colpe.
Seconda
Lettura Rm 8, 8-11
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, quelli che si lasciano
dominare dalla carne non possono piacere a Dio.
Voi però non siete sotto il dominio
della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi.
Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene.
Ora, se Cristo è in voi, il vostro
corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo
Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha
risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per
mezzo del suo Spirito che abita in voi.
Vangelo Gv 11, 1-45
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, un certo Lazzaro di
Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era
quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi
capelli; suo fratello Lazzaro era malato.
[ Le sorelle mandarono dunque a
dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse:
«Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché
per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua
sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo
dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». ] I
discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci
vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina
di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di
notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse
loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo».
Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà».
Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del
riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io
sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo
da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo
anche noi a morire con lui!».
[ Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro
che già da quattro giorni era nel sepolcro. ] Betània distava da Gerusalemme
meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a
consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò
incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se
tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che
qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo
fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione
dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi
crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in
eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il
Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». ]
Dette queste parole, andò a chiamare
Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama».
Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel
villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i
Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta
e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
Quando Maria giunse dove si trovava
Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato
qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e
piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, [ si commosse profondamente
e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni
a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo
amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non
poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta
commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa
era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la
sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni».
Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?».
Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo
grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho
detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto
questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le
mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro:
«Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da
Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. ]