Quarto ciclo
Anno liturgico A (2010-2011)
Tempo di Quaresima
3a Domenica
(27 marzo 2011)
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Es 17,3-7; Sal 94; Rm 5,1-2,5-8; Gv 4,5-42
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Le liturgie quaresimali sanno
indicarci i percorsi della conversione del cuore con le domande di fondo
essenziali. Una di queste domande, forse non sempre espressa, ma continuamente
serpeggiante nel cuore, è quella del popolo di Israele, esasperato nel deserto
dalla fame e dalla sete: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?”. Il Signore
aveva liberato gli israeliti dalla schiavitù dell’Egitto, ma prima di
permettere loro di entrare nella terra promessa li ‘educava’ con grazie e
tormenti. Come se il Signore volesse sincerarsi della fiducia del suo popolo in
Lui. Più volte questa fiducia è messa a dura prova. Ora il popolo ha sete,
rischia di morire di sete. Che senso avrebbe l’uscire dall’Egitto per morire
nel deserto? E Dio concede il miracolo dell’acqua. La domanda del popolo però
non è provocatoria o irriverente; semplicemente, è angosciante: il Signore è
con noi? Ogni prova fa emergere il dubbio: ma Dio vuole davvero il nostro bene?
L’insinuazione dell’antico serpente disturba i sogni di felicità dell’uomo.
A questa domanda risponde il brano
del vangelo. Il cuore dell’uomo non ha bisogno di qualche miracolo, ogni tanto,
da parte di Dio; ha bisogno di Dio, sempre, ma percepito, scoperto vicino,
toccato, sentito, visto, amato e cercato con ardore. L’acqua che Gesù promette
alla samaritana è l’acqua di una sorgente zampillante che continuamente butta,
e da dentro il proprio cuore.
Il brano dell'incontro di Gesù con
la samaritana è uno di quei brani di cui ci sfuggono continuamente le allusioni
facendoci sentire stranieri nelle Scritture, stranieri in casa nostra. Il
colloquio di Gesù con la samaritana acquista un altro valore, ad esempio, se
teniamo presenti le reminiscenze legate al luogo, Sichem
(cfr. Gn 12,6; 34; 37; Gs 24; 1Re 12) e soprattutto
al pozzo. Nota era la leggenda targumica legata al
pozzo di Giacobbe raccontata a commento del passo di Gn
29,10, quando Giacobbe leva la pietra dal bordo del pozzo per dare da bere al
gregge di Labano: “Quando il nostro padre Giacobbe
levò la pietra da sopra la bocca del pozzo, la fonte zampillò su e venne alla
sua bocca e zampillava e veniva alla bocca per vent’anni – tutti i giorni che
abitò ad Haran”. Nel sogno popolare il pozzo di
Giacobbe trasbordava spontaneamente, senza bisogno di attingere e irrigava, con
i suoi quattro bracci, tutto il campo di Israele come il fiume del paradiso
terrestre in Gen 2,10-14. Quando la samaritana si
rivolge a Gesù come a uno che si vorrebbe più grande di Giacobbe, allude
esattamente a quel ‘sogno’ e rivela indirettamente che Gesù è proprio colui che
quel sogno realizza per l’uomo. Dire che la samaritana ha avuto cinque mariti,
vuol dire alludere al fatto che nella sua vita è stata abbandonata cinque volte
(per la legge, era l’uomo che lasciava la donna e non viceversa) e perciò significa
riconoscere la sua profonda insoddisfazione, la sua ferita, la sua
impossibilità di trovare l’acqua che risani e disseti il suo cuore. Oppure,
possiamo leggere il brano con le allusioni alla passione del Signore: l’ora
sesta è l’ora in cui ha luogo la crocifissione; la sete di Gesù allude alla sua
sete degli uomini, che manifesta sulla croce; l’acqua che zampilla fa
riferimento al costato, aperto dalla lancia del soldato, da dove fuoriescono
sangue e acqua; la proclamazione finale dei samaritani che Gesù è il salvatore
del mondo allude al riconoscimento sotto la croce che Gesù è davvero Figlio di
Dio.
Il brano è suddiviso in due scene:
il colloquio con la samaritana incentrato sull’immagine dell’acqua e il
colloquio con i discepoli incentrato sull’immagine del cibo. Ci sono due tipi
di acquietamento della sete e della fame che non soddisfano l’uomo alla ricerca
di relazione, di senso, di vita, di felicità. Lasciare la fiducia nel Signore
per riporla negli idoli crea illusione; voler praticare la Legge come un
assolvimento di obblighi e una esibizione di innocenza provoca delusione e
tristezza. Non è questa l’adorazione in spirito e verità che cerca il Signore.
Il punto nevralgico del racconto dei due colloqui è dato dal fatto che l’uomo,
assetato, ma desideroso di acqua viva e cibo vero, si trovi aperto alla
rivelazione donata da Dio: lì davanti c’è colui che, unico, ha il potere di
dare la vita, di fornire la fonte dell’acqua, di dare il cibo di vita eterna,
il suo stesso corpo. “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito…”: cogliere questa rivelazione in quell’uomo che
ti parla, che ti ha voluto incontrare, che ti segue nei meandri del tuo cuore e
che, facendoti emergere il desiderio di verità e di vita che vi sta sepolto, lo
può soddisfare, è il mistero della conversione. Conversione che si riassume
nell’espressione della Scrittura: ‘guarderanno a colui che hanno trafitto’,
vale a dire: incontro rigenerante con colui che ti disseta e sfama con l’amore
che quella ferita ha mostrato al mondo. Quando, rimirando quell’innocente
appeso sulla croce, ci si rende conto del mistero dell’amore di Dio che è
arrivato agli uomini, allora la parola di verità ascoltata si fa parola vera
del mio cuore, la promessa di vita diventa vita mia, la sua ‘sete’ e ‘fame’ di
noi si fa acqua e cibo per la vita del nostro cuore, dono di Dio e volontà di
bene di Dio per noi.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
Prima Lettura Es 17, 3-7
Dal libro dell'Èsodo
In quei
giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò
contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di
sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?».
Allora Mosè
gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco
e mi lapideranno!».
Il Signore
disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani
d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco,
io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu
batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà».
Mosè fece
così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché
misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 94
Ascoltate oggi la voce del Signore:
non indurite il vostro cuore.
Venite,
cantiamo al Signore,
acclamiamo
la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci
a lui per rendergli grazie,
a lui
acclamiamo con canti di gioia.
Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio
davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il
nostro Dio
e noi il
popolo del suo pascolo,
il gregge
che egli conduce.
Se
ascoltaste oggi la sua voce!
«Non
indurite il cuore come a Merìba,
come nel
giorno di Massa nel deserto,
dove mi
tentarono i vostri padri:
mi misero
alla prova
pur avendo
visto le mie opere».
Seconda Lettura
Rm 5, 1-2. 5-8
Dalla seconda lettera di san Paolo
apostolo ai Romani
Fratelli,
giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro
Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a
questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della
gloria di Dio.
La speranza
poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per
mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti,
quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi.
Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno
oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di
noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
Vangelo Gv 4, 5-42
Dal vangelo secondo Giovanni
[ In quel
tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata
Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a
Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato
per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna
samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli
erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli
dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna
samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le
risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da
bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice
la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque
quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci
diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le
risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà
dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io
gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita
eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia
più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». ] Le dice: «Va’ a
chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito».
Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque
mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica
la donna: «Signore, [ vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato
su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna
adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte
né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi
adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene
l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e
verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è
spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli
rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli
verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». ]
In quel
momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una
donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con
lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente:
«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui
il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i
discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli
rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli
si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù
disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e
compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la
mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già
biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto
per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo
infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho
mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi
siete subentrati nella loro fatica».
[ Molti
Samaritani di quella città credettero in lui per la
parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto».
E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli
rimase là due giorni. Molti di più credettero per la
sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi
crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente
il salvatore del mondo». ]