Quarto ciclo
Anno liturgico A (2010-2011)
Tempo di Pasqua
Pentecoste
(12 giugno 2011)
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At 2,1-11; Sal 103; 1Cor 12,3b-7.12-13; Gv 20,19-23
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L’evento della pentecoste è narrato
in At 2,1-11, ma secondo il vangelo di Giovanni Gesù ha già effuso il suo
Spirito morendo sulla croce e alitandolo
sui discepoli la sera di Pasqua (cfr. Gv 19, 30.34 e 20, 19-23), gesto che
allude alla nuova creazione (cfr. Gn 2,7).
Il gesto del soffiare lo Spirito sui
discepoli da parte di Gesù non comporta solo l’assicurazione alla chiesa che
potrà, nel suo nome, esercitare il potere
sacramentale di rimettere i peccati. Allude soprattutto all'essenza stessa
dell'esperienza cristiana. Come possiamo fare esperienza dell'incontro con Dio?
“Dio ha fatto grazia di sé a voi in
Cristo” (Ef 4,32), è l’annuncio evangelico che riassume l’opera di Dio per
l’uomo. Quando nella preghiera del Padre nostro domandiamo: ‘rimetti a noi i
nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori’, domandiamo prima di
tutto di diventare così coscienti del nostro essere peccatori da poter gustare
l’amore perdonante di Dio ogni giorno, a tal punto da condividerne l’esperienza
con tutti. In effetti, più questa esperienza è profonda e veritiera, più
possiamo accedere a quello stile di vita divina che corrisponde al far grazia
di noi a tutti in Cristo, nell’imitazione di Dio, e così ritrovarci veri figli
dell’Altissimo. Come dice la beatitudine: “Beati
gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9):
beati coloro che non hanno altro scopo nel loro vivere se non di perseguire la
pace ottenutaci dal Figlio di Dio, perché saranno come lui che, venuto a
testimoniare quanto è grande l’amore di Dio per gli uomini, non ha preferito se
stesso e ha accettato di essere consegnato nelle mani degli uomini.
Chi abilita noi peccatori a essere come il Figlio? Lo Spirito di Gesù, lo
Spirito che Gesù ci invia. Perciò egli ci è inviato a doppio titolo:
- per portarci ad una coscienza
sempre più viva e bruciante del nostro essere peccatori davanti a Dio e
introdurci alla conseguente esperienza del perdono che ci inonda e ci rinnova
in Cristo;
- per abilitarci a vivere in Cristo,
secondo lo scopo dell'agire stesso di Dio: fare di tutti una cosa sola, finché
Dio sia tutto in tutti (cfr. 1Cor 15,28). Sarà l’opera specifica dello Spirito Santo, l’opera della fraternità come
rivelazione della paternità di Dio. Come direbbe Francesco di Assisi: ‘avere lo
Spirito del Signore e la sua santa operazione’.
Nell’inno alle lodi abbiamo cantato:
“Vieni, o divino Spirito, con i tuoi santi doni e rendi i nostri cuori tempio
della tua gloria”. E in una colletta che precede la festa abbiamo pregato:
“crei in noi un cuore nuovo perché possiamo piacere a te e cooperare alla tua
volontà”. È la gloria di un cuore che fa splendere l’amore di Dio per tutti, di
un cuore sempre rinnovato dall’amore perdonante di Dio a tal punto da non
rivendicare alcun diritto per sé perché l’unico suo tesoro è appunto
quell’amore; di un cuore che piace a Dio perché si trova unito al suo Figlio
sul quale riposa tutta la sua compiacenza, mentre si fa portatore di quella
volontà di Bene da parte di Dio verso tutti perché tutti possano conoscere il
Suo amore. La responsabilità della testimonianza non sarà più vissuta come
impegno o dovere ma come sovrabbondanza: lo Spirito riempirà di Gesù i nostri
cuori fino a che tutta la sua verità risplenda e conquisti, me come tutti. La
testimonianza è in funzione di uno splendore, non di un impegno!
Quando, a Pentecoste, compaiono sul
capo degli apostoli le lingue,
l’annuncio evidente risulta essere questo: ormai tutti possono percepire che è
l’opera di Dio a unire gli uomini. E l’opera di Dio è la verità del suo amore per
noi, che in Gesù si è fatto visibile e accessibile. Il miracolo che a
Pentecoste acquista una rilevanza fisica, tanto che ognuno sente proclamare
l’opera di Dio nella sua lingua nativa (da notare che ogni lingua, pur essendo
diversa, proclama la stessa ed unica cosa!), è lo stesso miracolo che viene
operato nei cuori dallo Spirito quando li convince a muoversi nella carità,
aprendo la diversità alla comunione. Riconoscere, assecondare, favorire tale
dinamica, significa aver ricevuto lo Spirito Santo e agire nella sua potenza.
Lo Spirito non può che condurre alla conoscenza del mistero del Signore Gesù,
che dell’amore di Dio per gli uomini è il testimone per eccellenza. Quando gli
apostoli, davanti ai persecutori, preferiscono la carità di Gesù, non scelgono
solo di stare dalla parte di Gesù, ma anche dalla parte degli uomini che della
sua carità devono poter vedere lo splendore in atto.
Nella preghiera: “Vieni, santo
Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo
amore”, il fuoco esprime la condivisione di un segreto capace di far ardere il
cuore. È la preghiera perenne della chiesa perché si conosca il Signore come
amore per noi, capace di unire gli uomini in un’unica famiglia, la famiglia di
Dio.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
Prima Lettura At
2, 1-11
Dagli Atti degli Apostoli
Mentre stava
compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso
luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte
impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di
fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono
colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in
cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano
allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A
quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva
parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia,
dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai
ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi,
Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto
e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della
Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e
Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 103
Manda il tuo Spirito, Signore, a
rinnovare la terra.
Benedici il
Signore, anima mia!
Sei tanto
grande, Signore, mio Dio!
Quante sono
le tue opere, Signore!
Le hai fatte
tutte con saggezza;
la terra è
piena delle tue creature.
Togli loro
il respiro: muoiono,
e ritornano
nella loro polvere.
Mandi il tuo
spirito, sono creati,
e rinnovi la
faccia della terra.
Sia per
sempre la gloria del Signore;
gioisca il
Signore delle sue opere.
A lui sia
gradito il mio canto,
io gioirò
nel Signore.
Seconda Lettura
1 Cor 12, 3b-7. 12-13
Dalla Prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Fratelli,
nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo.
Vi sono
diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno
solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto
in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il
bene comune.
Come infatti
il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo
molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati
battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o
liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
Sequenza: Veni, Sancte Spíritus
Vangelo Gv 20,
19-23
Dal vangelo secondo Giovanni
La sera di
quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo
dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in
mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il
fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse
loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui
perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non
saranno perdonati».