Anno liturgico A (2010-2011)
Tempo Ordinario
5a Domenica
(6 febbraio 2011)
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Is 58,7-10; Sal
111; 1Cor 2,1-5; Mt 5,13-16
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Gesù proclama: “Voi
siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo…”. Quel
‘voi’ si riferisce ai discepoli la cui vita esprime la potenza delle
beatitudini che immediatamente prima Gesù aveva proclamato. Si tratta di quei
discepoli che, insultati, perseguitati, sparlati, custodiscono la letizia
dell’incontro con il Signore Gesù, che è diventato per loro ragione di vita e
principio dell’agire. Non per nulla la liturgia fa leggere, abbinato al brano
evangelico di Matteo, un passo del profeta Isaia dove si profetizza l’esistenza
dell’Israele gradito a Dio come una esistenza ricca di misericordia per tutti,
ricca del dono della fraternità a tutti perché segno della comunione realizzata
con Dio, che si è reso presente in mezzo a loro. La luce di cui risplende
l’umanità abitata da Dio è la luce della fraternità condivisa.
La colletta, al di là delle parole che usa, esprime la
consapevolezza della singolarità e dell’eccellenza dell’esperienza evangelica
che Gesù richiama con l’immagine del sale e della luce. Non si tratta di una
possibilità, ma di una grazia: è la grazia di un incontro, che si è tradotto in
comunione di vita. La testimonianza di Gesù si risolve nel far vedere quanto è
grande l’amore del Padre per gli uomini, che vuole riuniti nella comunione con
lui e fra di essi. La forza che realizza tale comunione è lo Spirito donato da
Gesù, Spirito la cui opera precipua è proprio quella di realizzare un’umanità
solidale, in Cristo Gesù. Quando i discepoli, che hanno condiviso con Gesù il segreto del Padre, si lasciano
travolgere dalla stessa dinamica di rivelazione dell’amore di Dio per gli
uomini, diventano sale della terra e luce del mondo.
Prima di tutto sale. La potenza dell’immagine risiede
nel fatto che il sale dà sapore alle cose ma le cose non possono dare il sapore
al sale. Il che significa: i discepoli sono chiamati a permeare il mondo con la
sapienza del vangelo, ma non servono a nulla se il mondo permea loro con la sua
sapienza. I discepoli, mantenendo il mondo degli uomini nell’alleanza con il
loro Dio, che li vuole in comunione con lui e tra di loro, tornano a far
splendere la Sua presenza tra di loro e rendono la vita desiderabile e amabile.
Poi luce. Un’antica glossa bizantina spiega il passo
di Matteo così: “Non dice: voi siete luci, ma voi siete luce, perché essi
[discepoli] tutti insieme sono il corpo del Messia che è la luce del mondo”
(cfr. Gv 3,19; 8,12). Diventano luce del mondo nel
senso che la presenza di Dio, resa come visibile nel mondo attraverso il loro
agire secondo le beatitudini, costituisce l’orizzonte di senso della vita. Le
beatitudini non sono se non le strade per le quali si può partecipare alla
effusione nell'universo della carità pura di Dio. È la carità a custodire i
cuori preservandoli dalla corruzione e facendo gustare il sapore genuino della
vita (ecco l'azione del sale) e li illumina aprendoli alla verità e
riscaldandoli (ecco l'azione della luce). Da notare che si può essere sale
senza essere necessariamente luce per il mondo, ma non è possibile essere luce
per il mondo senza essere sale. Ciò significa che si riceve il gusto della vita
dal Cristo, vivendo del Suo Spirito, la cui opera è la fraternità tra gli
uomini come sacramento dell'amore del Padre e così si compie il mistero della
nostra umanità, aprendola all'esperienza dell'amore di Dio. Non si tratta
quindi di far vedere le nostre opere buone, che suonerebbero fesse perché piene
di vanità, ma di far sì che le opere buone siano a vantaggio, per profitto
degli uomini [così si dovrebbe tradurre il ‘davanti agli’ uomini] permettendo
loro di sperimentare l’amore di Dio per loro.
La parola del profeta Isaia illustra bene le
condizioni che permettono al discepolo di essere sale e luce. Vorremmo, sì,
percepirci luminosi, ma non è certamente un fatto scontato, dal momento che
tutti facciamo i conti con la tenebra che oscura il nostro cuore in termini di
chiusura, oppressione, angoscia. “Se
toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito e il parlare empio
... allora brillerà fra le tenebre la tua luce”. Quando Massimo Confessore
spiega l'invocazione 'non ci indurre in tentazione' nella preghiera del Padre
Nostro, ha l'ardire di precisare: “La
Scrittura rivela infatti con questo come chi non ha perfettamente perdonato a
chi cade e non ha presentato a Dio un cuore privo di tristezza, reso splendente
dalla luce della riconciliazione con il prossimo, non otterrà la grazia dei
beni per cui ha pregato, e, per giusto giudizio, sarà consegnato alla
tentazione e al Maligno. Imparerà così a purificarsi dalle colpe, eliminando le
sue lagnanze contro gli altri …”. Ci dice in sostanza che non subiremo
tentazioni se avremo la capacità, da assimilare poco a poco, di non accusare
nessuno perché allora - continua Isaia – “implorerai
aiuto ed egli dirà: Eccomi!”. Quando il cuore non accusa nessuno, neanche
se stesso, non può cedere all'oppressione, perché il Signore è con lui. Non c'è
sventura o afflizione capace di ferirlo a tal punto da aver bisogno di cercare
la sua giustizia o la sua rivalsa contro qualcuno, distogliendolo dall'intimità
con il suo Signore.
Un’ulteriore considerazione. Siamo abituati a riferire
la luce all’intelligenza. Ma la Scrittura suggerisce un riferimento diverso. È
sempre il profeta Isaia a dire che la luce sorge se si spezza il pane con
l’affamato, se si ha misericordia del prossimo. La luce viene per l’agire del
cuore. All’esercizio dell’intelligenza va abbinato il calore del cuore, perché
è il cuore il luogo della presenza, dell’incontro. Solo in questo calore
l’intelligenza è retta. Quando Matteo dirà: “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (5,48), lo
dirà in seguito all’invito ad amare i propri nemici e Luca interpreta: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è
misericordioso” (6,36).
Se Gesù chiede ai discepoli di essere la luce del
mondo, vuol dire che chiede loro di essere il segno della misericordia di Dio
tra gli uomini, come lo è lui stesso. Se la nostra opera buona non è l’eco
della bontà di Dio, non rende Dio più vicino ai cuori, perché parlerebbe solo
di noi e non di lui.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
Prima Lettura Is 58, 7-10
Dal libro del profeta Isaìa
Così dice il
Signore:
«Non
consiste forse [il digiuno che voglio]
nel dividere
il pane con l’affamato,
nell’introdurre
in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire
uno che vedi nudo,
senza
trascurare i tuoi parenti?
Allora la
tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua
ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te
camminerà la tua giustizia,
la gloria
del Signore ti seguirà.
Allora
invocherai e il Signore ti risponderà,
implorerai
aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”.
Se toglierai
di mezzo a te l’oppressione,
il puntare
il dito e il parlare empio,
se aprirai
il tuo cuore all’affamato,
se sazierai
l’afflitto di cuore,
allora
brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua
tenebra sarà come il meriggio».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 111
Il giusto risplende come luce.
Spunta nelle
tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso,
pietoso e giusto.
Felice
l’uomo pietoso che dà in prestito,
amministra i
suoi beni con giustizia.
Egli non
vacillerà in eterno:
eterno sarà
il ricordo del giusto.
Cattive
notizie non avrà da temere,
saldo è il
suo cuore, confida nel Signore.
Sicuro è il
suo cuore, non teme,
egli dona
largamente ai poveri,
la sua
giustizia rimane per sempre,
la sua
fronte s’innalza nella gloria.
Seconda Lettura
1Cor 2, 1-5
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi
Io,
fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di
Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non
sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.
Mi presentai
a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia
predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla
manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non
fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
Vangelo Mt 5,
13-16
Dal vangelo secondo Matteo
In quel
tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete
il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà
salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la
luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né
si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così
fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce
davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al
Padre vostro che è nei cieli».