Quarto ciclo
Anno liturgico A (2010-2011)
Tempo Ordinario
31a Domenica
(30 ottobre 2011)
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Ml
1,14-2,2b.8-10; Sal 130; 1 Ts 2,7-9.13; Mt 23,1-12
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Il brano di vangelo di oggi si
inserisce nello scontro tra Gesù e i dirigenti della nazione. Oramai è scontro
aperto. I farisei e i capi si sono ritirati a complottare, Gesù nemmeno più
parla a loro direttamente; si rivolge alle folle, che ancora per un po’ lo
seguono e ai discepoli. Le parole di Gesù sono una perorazione per una
devozione sincera, per un discepolato autentico.
La forza delle sue parole deriva da
un mistero profondo che appena si intravede ma comanda tutto il brano. Il
versetto 8 suona: “voi non fatevi
chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro
e voi siete tutti fratelli”. L’allusione è all’evento che Gesù rappresenta
nella storia della salvezza: Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo
Figlio, Colui nel quale risplende tutto l’amore e la gloria di Dio. Proprio
come dice il profeta: “tutti mi
conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io
perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato” (Ger 31,34). Sarà in quel Figlio, dato per noi, che i
peccati ci sono perdonati ed è per questo che, essendo tutti perdonati allo
stesso titolo, siamo tutti figli allo stesso titolo, fratelli allo stesso
titolo. A partire da qui le parole di Gesù non sono semplici invettive di un
riformatore. Del resto, già gli stessi farisei avevano stigmatizzato i loro
difetti e gli uomini migliori sapevano distinguere una buona da una falsa
devozione.
Gesù si presenta al mondo, nella sua
unicità per il compito messianico di cui è investito, quale ‘esegeta’ e ‘guida’
(il termine greco significa formatore, istruttore, precettore, nel senso di
guidare in un cammino di vita) all’intima conoscenza del Padre. Gesù riconosce
l’ordine di Dio nel ministero di Mosé, come lo
riconosce nel ministero della Chiesa. Ma l’uno e l’altro sono finalizzati alla
gloria di Dio, che nulla ha di che spartire con la gloria ricercata presso gli
uomini. Lui solo ricerca la gloria di Dio perché fa quel che dice e dice quel
che fa, perché conosce quello che fa e fa quello che conosce (cfr. Gv 5,18-23), secondo l’affermazione del prologo di
Giovanni; “Perché la Legge fu data per
mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio,
nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del
Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,17-18).
L’invettiva del profeta Malachia contro i sacerdoti che profanavano il nome di Dio
va compresa nella stessa linea. Quando li rimprovera da parte del Signore: “Se non mi ascolterete e non vi darete
premura di dare gloria al mio nome” minacciando la maledizione, vuol dire:
se non mostrate a tutti il nome di Dio che è misericordia per noi, voi non
godrete la gioia del perdono e resterete nei vostri peccati, che vi
opprimeranno. Si può, sì, sacrificare a Dio (= offrire una pratica pia) ma guai
a presentare un’offerta ingiusta, vale a dire: quando ci si attiene a un atto
esteriore, allorché l’offerta non è accompagnata dalla conversione del cuore;
quando si offre ciò che si è rapinato; quando si dà ciò che si scarta (cfr.
Sir. 35). Con queste disposizioni, come accogliere con simpatia e benevolenza i
propri fratelli, figli dello stesso Padre?
Ed è caratteristico che la liturgia,
a commento di un brano di invettiva, faccia seguire come salmo responsoriale il
salmo 130, un inno di fiducia serena e invincibile nel proprio Signore. Come ci
si dicesse: non c’è alcun motivo di affidarci all’ingiustizia per esaltarci
affannandoci a cercare grandezza e importanza presso gli uomini se l’anima può
riposarsi come un bambino nel suo Dio, che ha misericordia di noi. Si rinuncia
a guardare in modo superbo e concupiscente quando si può stare presso il
proprio Dio come un bambino che ha preso il latte e dorme beato fra le braccia
della mamma o come un bambino svezzato che sta appoggiato ai seni della mamma
solo per goderne la tenerezza senza cercare di mangiare.
Quando Gesù si proclama unico
Maestro e Guida è ormai prossimo alla sua passione. In lui si realizzerà quello
che prima aveva proclamato: “Venite a me … e io vi darò ristoro” (cfr. Mt
11,28). Sarà riferendosi proprio a questo Maestro, nella stessa dinamica che
vive questo Maestro, che i suoi discepoli potranno insegnare o, meglio,
annunziare il suo insegnamento. Non ci può essere, per gli uomini, alcun
maestro in proprio e se gli uomini accettano un maestro del genere ne patiranno
le conseguenze, perché si troveranno impediti nella vera conoscenza e non
potranno più sentirsi tutti fratelli. L’illusione dell’ ideologia, che può
essere definita una devozione fasulla, nasce proprio dal fatto che per imporsi
dovrà dividere gli uomini. Il segno invece della devozione sincera, del
collegamento all’unico Maestro di tutti, è dato dal fatto di farsi servo di
tutti allo scopo di non dividerci da nessuno. Si innalza chi prende le distanze
e Dio prenderà le distanze da lui perché possa imparare a non dividere i suoi
figli (cfr. antifona di ingresso). Ma chi non si divide da nessuno è abitato da
Dio, opera con lo Spirito di Dio, risplende della sua gloria tanto che non ha
più alcun bisogno di cercarla presso gli uomini. La sua devozione è sincera.
Oltre alla sincerità del cuore,
l’unica condizione è che si annunci la parola per amore verso i quali è
destinata, con lo stesso amore con il quale è stata pronunciata. Questo
atteggiamento permette di cogliere la parola oltre colui che la dice e diventa
invito a ricevere la rivelazione del volto di Dio.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
Prima Lettura Ml
1,14-2,2.8-10
Dal libro del profeta Malachia
Io sono un
re grande – dice il Signore degli eserciti – e il mio nome è terribile fra le
nazioni.
Ora a voi
questo monito, o sacerdoti. Se non mi ascolterete e non vi darete premura di dare
gloria al mio nome, dice il Signore degli eserciti, manderò su voi la
maledizione.
Voi invece
avete deviato dalla retta via
e siete
stati d’inciampo a molti
con il
vostro insegnamento;
avete
distrutto l’alleanza di Levi,
dice il
Signore degli eserciti.
Perciò anche
io vi ho reso spregevoli
e abietti
davanti a tutto il popolo,
perché non
avete seguito le mie vie
e avete
usato parzialità nel vostro insegnamento.
Non abbiamo
forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché
dunque agire con perfidia l’uno contro l’altro, profanando l’alleanza dei
nostri padri?
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 130
Custodiscimi, Signore, nella pace.
Signore, non
si esalta il mio cuore
né i miei
occhi guardano in alto;
non vado
cercando cose grandi
né meraviglie
più alte di me.
Io invece
resto quieto e sereno:
come un
bimbo svezzato in braccio a sua madre,
come un
bimbo svezzato è in me l’anima mia.
Israele
attenda il Signore,
da ora e per
sempre.
Seconda Lettura
1Ts 2,7-9.13
Dalla prima lettera di san Paolo
apostolo ai Tessalonicési.
Fratelli,
siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri
figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il
vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.
Voi
ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica:
lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo
annunciato il vangelo di Dio.
Proprio per
questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la
parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola
di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti.
Vangelo Mt 23, 1-12
Dal vangelo secondo Matteo
In quel
tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla
cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate
tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono
e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li
pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un
dito.
Tutte le
loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri
e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei
primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere
chiamati “rabbì” dalla gente.
Ma voi non
fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro
Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla
terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare
“guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi
è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si
umilierà sarà esaltato».