Quarto ciclo

Anno liturgico A (2010-2011)

Tempo Ordinario

 

27a Domenica

(2 ottobre 2011)

 

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Is 5,1-7;  Sal 79;  Fil 4,6-9;  Mt 21,33-43

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La parabola di oggi va letta insieme a quella della domenica precedente e a quella di domenica prossima. La serie delle tre parabole illustra il dramma ormai in atto che, letto dalla parte di Dio, svela proprio la grandezza dell’amore del Signore. Forse, più che una parabola, il brano evangelico di oggi esprime una allegoria profetica. Ciò rende ancora più drammatico il contesto narrativo, come la conclusione, tirata dagli stessi ascoltatori, capi dei sacerdoti e anziani del popolo, lascia perfettamente intendere. Avviene come nel caso di Davide, dopo il peccato di adulterio e assassinio, il quale si condanna con le sue stesse parole rispondendo all’apologo del profeta Natan (cfr. 2 Sam 12,1-13). L’intensità emotiva dello scontro non deriva però dall’ira, ma da una passione d’amore, la stessa passione d’amore di Dio per il suo popolo per il quale non si stanca mai di tornare alla carica.

Il testo di Matteo si dovrebbe leggere in parallelo con quello corrispondente di Luca 20,9-19 dove alcuni particolari risultano particolarmente illuminanti. Si veda, ad esempio, nel testo di Luca, come i vignaioli percuotono, insultano, feriscono i servi mandati dal padrone della vigna, ma solo del figlio del padrone si dice che lo uccidono; il figlio è presentato come il figlio dilettissimo. Come non cogliere il valore profetico di questi particolari applicati a Gesù stesso, lui, il Figlio prediletto, come viene testimoniato dalla voce misteriosa al battesimo e alla trasfigurazione?

Il tono d’insieme della parabola, nonostante l’asprezza delle espressioni, è dato dalla citazione del profeta Isaia dell’inizio. L’immagine dell’uomo che pianta una vigna, la circonda di cure e si attende di raccoglierne i frutti è l’immagine di Dio che, preso d’amore per il suo popolo, stabilisce un’alleanza con lui, vuol condividere con lui il suo Bene. Il legame è così profondo che l’immagine assume sfumature ‘coniugali’ ad indicare la profondità e la totalità di questa passione d’amore. Così, quando il popolo si ribella e non lo segue, Dio si sentirà ferito non solo nel suo diritto e nella sua proprietà, ma nei suoi affetti, nel suo cuore. Gesù sfrutta questa immagine celebre del profeta Isaia che canta per Dio l’inno d’amore per il suo popolo.

È da dentro questo contesto d’amore che va letto il seguito della parabola. Nonostante il rifiuto da parte dei contadini di consegnare il raccolto, cioè nonostante la resistenza e la ribellione contro i profeti che erano stati inviati da Dio al popolo perché riprendesse il sentiero dell’alleanza con Lui, Dio non viene meno al suo amore; anzi, si fa temerario, invia il suo proprio figlio, il Dilettissimo, che viene non solo rifiutato, ma ucciso. Gesù commenta la sua parabola con la citazione dei versetti 22-23 del salmo 118: “La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri”, salmo che inizia e finisce con l’acclamazione: “Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre”. Lui, la Pietra, è scartata da coloro che erano stati chiamati ad edificare il popolo di Dio, ma con la sua morte e risurrezione diventa la ‘Pietra angolare’, quella nella quale si congiungono ebrei e pagani, a formare quel ‘popolo nuovo’ da tutta l’umanità che ha in Cristo il suo Capo e Fondamento. Non ha più ragion d’essere la distinzione ebrei/pagani perché in Cristo tutte le cose sono nuove e tutti, ebrei e pagani, ritrovano l’alleanza rinnovata e definitiva che Dio offre all’umanità. Dio non ha rigettato Israele a favore delle nazioni pagane (che passione d’amore sarebbe per il suo popolo!). In Cristo non ha più ragion d’essere questa distinzione.

Il giudizio di Gesù: “Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti” andrebbe reso meglio: a voi, che vi ostinate nel rifiuto di riconoscere l’alleanza di Dio nell’invio del suo Figlio dilettissimo, sarà tolta la comprensione dell’amore di Dio con tutte le conseguenze che ciò comporta per il cuore dell’uomo e sarà dato ad un’altra generazione, a quanti saranno disposti ad accogliere tutto il mistero di questo amore di Dio per l’uomo e a formare quell’unico popolo, per il quale il Figlio è venuto, nel quale tutto finalmente e definitivamente si compie.

I frutti di cui si parla sono da vedere proprio in rapporto alla meraviglia che suscita l’opera del Signore, meraviglia che suona come canto di vittoria il giorno di Pasqua e che deriva dal pentimento suscitato dal vedere trafitto il Signore della gloria. Sono questi esattamente i frutti che Dio si attende: accogliere il Figlio e diventare un unico popolo, vivere la fraternità come mistero di rivelazione dell’amore di Dio in Cristo per noi. Non si tratta semplicemente di credere che Gesù è il Figlio di Dio, ma di crederlo a tal punto da non tollerare che la propria esistenza non affondi le proprie radici di vitalità ed energia se non in Lui. E quando questo non avviene, risuona anche per noi il giudizio di Gesù: “Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti”, perché veniamo scossi, perché ci si possa pentire e ritrovare la freschezza della rivelazione di quell’amore.

Nella parabola emergono aspetti che suonano tragici. Il ragionamento dei contadini alla vista del figlio mandato dal padrone - “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità” - ne è un esempio. Proprio il Figlio è stato inviato per metterci in possesso della nostra eredità (cfr. Gal 4,4-7)! Come possono illudersi di ottenere diversamente quello che già era stato loro destinato? Spesso ci si ritrova nella vita in tale posizione: volere a tutti i costi un certo risultato, senza immaginare nemmeno che ci verrebbe dato in dono se solo lo sapessimo accogliere dalle mani di Dio! I nostri desideri di gioia, di felicità, di fraternità, non sono forse così spesso disattesi dai nostri comportamenti? Il nostro guardare al ‘Figlio’ non è forse così spesso appiattito sulle pretese che avanziamo senza poter mai aver sentore della bontà di quell’amore che in Lui ci viene donato? L’amore di Dio non risponde al buon senso, non è contenuto nei limiti del giusto; è proprio folle, folle come quel padrone che, dopo aver visti picchiati e scacciati i suoi servi, non teme di mandare il suo unico figlio. Lui, almeno, lui sì che non deluderà le sue attese, Lui sì resterà sempre testimone di quell’amore folle proprio nel subire la morte e poter riscattare, con la sua risurrezione che lo rende pietra angolare per tutti, la malvagità di quei contadini, la nostra malvagità di uomini peccatori.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Is 5,1-7

Dal libro del profeta Isaia

 

Voglio cantare per il mio diletto

il mio cantico d’amore per la sua vigna.

Il mio diletto possedeva una vigna

sopra un fertile colle.

Egli l’aveva dissodata e sgombrata dai sassi

e vi aveva piantato viti pregiate;

in mezzo vi aveva costruito una torre

e scavato anche un tino.

Egli aspettò che producesse uva;

essa produsse, invece, acini acerbi.

E ora, abitanti di Gerusalemme

e uomini di Giuda,

siate voi giudici fra me e la mia vigna.

Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna

che io non abbia fatto?

Perché, mentre attendevo che producesse uva,

essa ha prodotto acini acerbi?

Ora voglio farvi conoscere

ciò che sto per fare alla mia vigna:

toglierò la sua siepe

e si trasformerà in pascolo;

demolirò il suo muro di cinta

e verrà calpestata.

La renderò un deserto,

non sarà potata né vangata

e vi cresceranno rovi e pruni;

alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.

Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti

è la casa d’Israele;

gli abitanti di Giuda

sono la sua piantagione preferita.

Egli si aspettava giustizia

ed ecco spargimento di sangue,

attendeva rettitudine

ed ecco grida di oppressi.

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 79

La vigna del Signore è la casa d'Israele.

Hai sradicato una vite dall’Egitto,

hai scacciato le genti e l’hai trapiantata.

Ha esteso i suoi tralci fino al mare,

arrivavano al fiume i suoi germogli.

 

Perché hai aperto brecce nella sua cinta

e ne fa vendemmia ogni passante?

La devasta il cinghiale del bosco

e vi pascolano le bestie della campagna.

 

Dio degli eserciti, ritorna!

Guarda dal cielo e vedi

e visita questa vigna,

proteggi quello che la tua destra ha piantato,

il figlio dell’uomo che per te hai reso forte.

 

Da te mai più ci allontaneremo,

facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.

Signore, Dio degli eserciti, fa’ che ritorniamo,

fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi.

 

Seconda Lettura  Fil 4, 6-9

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési.

Fratelli, non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti.

E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.

In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri.

Le cose che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, mettetele in pratica. E il Dio della pace sarà con voi!

 

Vangelo  Mt 21, 33-43

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:

«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.

Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.

Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.

Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».

Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

“La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi”?

Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».