Quarto
ciclo
Anno
liturgico A (2010-2011)
Tempo
Ordinario
20a Domenica
(14 agosto
2011)
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Is 56,
1.6-7; Sal 66; Rm 11, 13-15.29-32; Mt 15, 21-28
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Il tema
della liturgia di oggi è l'ingresso dei pagani nell'alleanza del Signore: a
tutti si rivolge la salvezza operata dal Signore. Come l'annuncia il profeta
Isaia: " .. il mio tempio si
chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli". Il capitolo 56 inizia
la terza parte del libro di Isaia. Siamo a Gerusalemme, pochi decenni dopo la
tragedia dell’esilio, in attesa che la promessa di liberazione si compia. La
visione del profeta non riguarda però semplicemente la liberazione dall’esilio,
ma la valenza profetica di quella liberazione: sarà estesa a tutti i popoli;
tutti, pagani e eunuchi (categoria di persone che erano escluse dal culto in
Israele), tutti potranno godere della misericordia di Dio, tanto che il Dio di
Israele non sarà più indicato come il Dio che trasse Israele dall’Egitto, come
il Dio che liberò Israele dall’esilio, ma come il Dio che raduna il suo popolo
‘da tutte le nazioni’.
A dire il
vero, siamo abituati a considerare l’universalità della salvezza del Signore
nella sua dimensione storica: da una persona a tutto un popolo (Abramo e
Israele), da un popolo a tutti i popoli (Israele e le genti). Comporta però
anche una dimensione personale. Il che significa: se io ho accolto l'alleanza
del Signore, non tutto di me l'ha accolta; se io ho accolto la buona novella,
non tutto di me è stato evangelizzato e poco a poco l'insieme di me deve poter
godere dei beni di questa alleanza. Se le mie qualità e virtù mi riportano al
Signore, anche i miei difetti e peccati devono potermi riportare a Lui. Se un
pensiero buono mi svela qualcosa del mio Signore, mi introduce nella sua
intimità, anche un pensiero cattivo cela qualcosa da scoprire per il mio cuore
in rapporto al Signore, così un mio peccato, una mia debolezza. "Tutti i confini della terra" del
salmo 66 alludono proprio alla totalità degli aspetti che ci compongono e ci
strutturano: tutti appartengono al Signore, tutti sono destinati a essere
riportati al Signore.
Il brano del
vangelo lo mostra splendidamente. I pagani sarebbero entrati nell'Alleanza non
con la predicazione o i miracoli, ma attraverso la morte redentrice di Gesù.
L'ora però non era ancora giunta e Gesù respinge sulle prime la richiesta della
donna cananea. Era ancora il tempo riservato alle pecore perdute della casa di
Israele. Ma allora perché Gesù cede all'insistenza della donna, come se lui
fosse costretto ad accelerare, ad anticipare la sua ora? Era già successo con
la richiesta del centurione (cfr. Mt 8) che Gesù aveva esaudito. Ma qui Gesù
sembra alzare il prezzo, sembra voler accentuare una distanza, una
inopportunità che tende a suonare ai nostri orecchi, oltre che sgradevole, dura
e irrispettosa. Non è però stato così per la donna cananea che non recede, non
si fa intimidire, ha la risposta pronta, nella quale Gesù vede la fede del suo cuore
a cui non resiste. Addirittura, si potrebbe pensare che la fede della cananea
faccia presagire alla coscienza di Gesù l’orizzonte universale della salvezza
che solamente più tardi si farà evidente. La donna, da pagana, sa che può
contare sulla generosità di Dio, sebbene sia perfettamente cosciente di non
poter avanzare alcun titolo di pretesa. Non solo, ma sa che nel banchetto
messianico il pane sarà sovrabbondante, tanto che lei si può accontentare delle
briciole, sebbene Gesù alla fine le dà proprio il pane dei figli. Va notato che
nel racconto precedente della moltiplicazione dei pani per gli israeliti, gli
apostoli passano a raccogliere gli avanzi. Ma il racconto successivo dell’altra
moltiplicazione dei pani sarà per i pagani,
anche se in terra di Israele.
La
particolarità dell'atteggiamento della cananea sta in quel grido 'Signore figlio di Davide' dove compare
tutto lo stridore della distanza tra lei, pagana e quel profeta, ebreo. Non
minimizza la distanza, la sottolinea, la rimarca e quando Gesù le rinfaccia che
non si dà il pane ai cagnolini (i pagani erano chiamati 'cani' dai giudei), non
si lamenta e non si ritrae sdegnata del paragone, sviluppa anzi il paragone a
suo favore. Riconosce che non ha diritto a quel pane, ma che per la sua sovrabbondanza
alcune briciole possono cadere anche per lei. Grande era la sua fiducia in quel
profeta e nello stesso tempo era priva di qualsiasi pretesa.
La fede
della cananea proveniva poi dall'urgenza del suo bisogno. Non vedeva altri
rimedi, troppo era l'amore per sua figlia e allora perché non rivolgersi a quel
'profeta' di cui sentiva dire cose meravigliose, sebbene non possedesse alcun
titolo per trovare soddisfazione?
L’aspetto
misterioso che va colto è il fatto che fiducia e indegnità vanno di pari passo,
mentre normalmente, nelle dinamiche interiori che possiamo osservare, tendiamo
a separarle. Invece l'una è custode dell'altra, l'una dice la sincerità
dell'altra. Davanti al Signore il nostro cuore è come la donna cananea. È vero,
noi siamo nella grazia, abbiamo già incontrato il Signore, ma tutto di noi non
è ancora nella luce del suo vangelo. Per molti aspetti siamo cananei, pagani. E
possiamo trovare accesso al Signore, Salvatore nostro, solo come la donna
cananea, dove la fiducia nella potenza di Gesù sta in stretta compagnia con la
coscienza della propria indegnità e l'urgenza del bisogno di guarigione e di
vita. L'insincerità del nostro cuore, quello che indebolisce la nostra fede e
l'annacqua, è la pretesa di trovar soddisfazione comunque. È la debolezza
dell'israelita 'fariseo' che crede di avere la vita perché Dio gliela deve. In
questo modo non scoprirà nulla e il miracolo non avverrà. Ci si avvicina a Dio
più si ha coscienza di essere peccatori e meno scusanti si adducono ai nostri
guai. Quando finiremo di giustificarci accusando gli altri, gli eventi, il
mondo, allora saremo sinceri davanti a Dio e scopriremo che Dio non potrà
resistere al nostro grido perché indegnità e fiducia accelereranno la sua
manifestazione di grazia al nostro cuore.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 56, 1.6-7
Dal libro del profeta Isaia
Così dice il
Signore:
«Osservate
il diritto e praticate la giustizia,
perché la
mia salvezza sta per venire,
la mia
giustizia sta per rivelarsi.
Gli
stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo
e per amare
il nome del Signore,
e per essere
suoi servi,
quanti si
guardano dal profanare il sabato
e restano
fermi nella mia alleanza,
li condurrò
sul mio monte santo
e li colmerò
di gioia nella mia casa di preghiera.
I loro
olocausti e i loro sacrifici
saranno
graditi sul mio altare,
perché la
mia casa si chiamerà
casa di
preghiera per tutti i popoli».
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 66
Popoli tutti, lodate il Signore.
Dio abbia
pietà di noi e ci benedica,
su di noi
faccia splendere il suo volto;
perché si
conosca sulla terra la tua via,
la tua
salvezza fra tutte le genti.
Gioiscano le
nazioni e si rallegrino,
perché tu
giudichi i popoli con rettitudine,
governi le
nazioni sulla terra.
Ti lodino i
popoli, o Dio,
ti lodino i
popoli tutti.
Ci benedica
Dio e lo temano
tutti i
confini della terra.
Seconda Lettura
Rm 11, 13-15.29-32
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Romani
Fratelli, a
voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al
mio ministero, nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue
e di salvarne alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una
riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se non una vita
dai morti?
Infatti i
doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!
Come voi un
tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a
motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati
disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi
ottengano misericordia.
Dio infatti
ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!
Vangelo Mt 15, 21-28
Dal vangelo secondo Matteo
In quel
tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella
regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia
è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i
suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci
viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle
pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si
avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami». Ed egli
rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È
vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che
cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù
le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da
quell’istante sua figlia fu guarita.