Quarto ciclo
Anno liturgico A (2010-2011)
Tempo Ordinario
16a Domenica
(17 luglio 2011)
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Sap
12,13.16-19; Sal 85; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43
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Vengono oggi proclamate altre tre
parabole del Regno: quella della zizzania, del lievito e del granellino di
senapa. Notiamo subito un particolare. Gesù, quando racconta le parabole,
spesso conclude con l’avvertimento: chi ha orecchi intenda! Ma qui, l’avvertimento
non è dato alla fine del racconto della parabola, ma dopo la spiegazione stessa
della parabola che avrebbe dovuto chiarirne adeguatamente i significati
nascosti. Il passaggio dal nascosto al chiaro è continuo, non è mai dato una
volta per tutte e segue l’evoluzione del rapporto di intimità con Gesù, il
Figlio di Dio, ‘potenza e sapienza’ di Dio. La spiegazione della parabola in
effetti non racconta semplicemente l’evento che succederà alla fine della
storia, ma illustra la prospettiva nella quale vivere il presente della storia,
segnata dalla presenza dei malvagi e dall’imperversare del male. Come convivere
con i malvagi è domanda più pertinente del perché ci sono i malvagi (i servi
della parabola chiedono al padrone da dove viene la zizzania). L’unico buon
atteggiamento possibile resta quello del padrone: “Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura”.
La ragione? La si può desumere dal
libro della Sapienza, proclamato nella prima lettura. La domanda che angoscia i
giusti: “Perché Dio non toglie di mezzo i malvagi? Perché Dio lascia spazio al
male?”, nel brano della Sapienza è formulata in questo modo: “Con tale modo di agire hai insegnato al tuo
popolo che il giusto deve amare gli
uomini, e hai dato ai tuoi figli la buona speranza che, dopo i peccati, tu
concedi il pentimento”. ‘Tale modo di agire’ fa riferimento all’indulgenza
e alla mitezza con cui Dio, dotato di forza onnipotente, agisce verso gli
uomini e li giudica. Quel ‘deve amare gli uomini’ sarebbe, letteralmente, ‘è necessario
che il giusto sia amante degli uomini’. Dove la Scrittura segnala un ‘deve’, un
‘è necessario’, vuol dire che allude a una radice e a un compimento divini, a
un esito divino della vita umana.
Quando il salmo 85 riprende, come a
commento del brano della Sapienza, la lode di Dio compassionevole, pieno di
amore, fedele e misericordioso, lo fa in un contesto preciso, che è il
seguente: “Mio Dio, mi assalgono gli
arroganti, una schiera di violenti attenta alla mia vita, non pongono te
davanti ai loro occhi”. E continua: “Ma
tu, Signore, Dio di pietà, compassionevole, lento all’ira e pieno di amore, Dio
fedele, volgiti a me e abbi misericordia: dona al tuo
servo la tua forza”. L’invocazione a Dio misericordioso nasce dal fatto che
il giusto subisce l’azione dei malvagi e l’invocazione si traduce nella
richiesta della ‘forza’, tipica di Dio, che è quella della ‘indulgenza,
mitezza, pazienza …’. È esattamente il contesto della
parabola della zizzania. Dio non toglie di mezzo i malvagi perché sono oggetto della
sua pazienza, perché i giusti possano rivelare ai malvagi la forza di Dio che
non rinuncia al suo amore perché l’uomo lo disattende e i giusti saranno tanto
più giusti quanto più faranno risplendere la potenza di amore paziente di Dio.
La possibilità stessa del pentimento
del malvagio è in qualche modo vincolata all’amore del giusto. Se un uomo può
essere buono con me, che sono cattivo, allora posso sperare di diventare buono
anch’io. La ragione della pazienza del giusto, nella sua somiglianza con la
pazienza di Dio, sta nella lucidità dell’accorgersi che se oggi lui agisce da
giusto, non è detto che agisca allo stesso modo domani, come per il malvagio,
se oggi agisce da malvagio, domani potrebbe agire da giusto, proprio per la
pazienza di Dio che gli può toccare il cuore.
All’uomo giusto il malvagio non
interessa per il giudizio ma per la segreta provvidenza che comporta. Là dove
il male imperversa si acuisce la sofferenza, ma chi accoglie la sofferenza
degli altri permette alla propria umanità di splendere. Solo così il mondo è
passibile della rivelazione del Regno e se il malvagio non viene meno è solo
perché, nella pazienza di Dio, il bene risplenda nella scoperta di nuove
dimensioni di umanità, cosa che fa presagire la presenza accompagnatrice di Dio
nel mondo.
La fonte di tale ‘pazienza’ dei
giusti è basata sulle altre due parabole, quella del granellino di senapa e del
lievito, parabole che rispondono alla domanda: perché l’inizio del Regno è così
insignificante? Dove si rivela l’evidenza del Regno?
La parabola del seme non insiste
tanto sulla sua piccolezza, ma sulla potenza che possiede nonostante la sua
piccolezza. Quella del lievito, invece, mostra come l’evidenza del Regno non
riguardi una cosa o l’altra. Del Regno non si può dire: eccolo qui, eccolo là.
Riguarda l’insieme del mondo, della vita, dei rapporti, dell’agire e del
sentire, dell’essere e del fare.
La deduzione da trarre è che la
parola del Signore ha tanta potenza che basta accoglierne in verità una sola ed
essa sarà capace di riunificare attorno e dentro di essa tutto di noi. Lo
stesso significato veicola l'immagine della pasta fermentata. Secondo s.
Girolamo, la potenza del lievito è quella di portare tutto all’unità: all’unità
delle potenze dell’anima, all’unità di spirito/anima/corpo, all’unità della
famiglia umana. È la tensione divina che attraversa la nostra storia, che per
questo è sempre storia sacra.
Così, davanti al dramma del male che
non ci abbandona, resta la fiducia ancora più grande nella potenza della parola
di Dio, di quel Verbo, fatto uomo, accolto in cuore e capace di portare tutto a
Lui e in Lui. Solo coloro che preferiscono i pensieri di Dio ai propri (“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e
della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai
rivelate ai piccoli”, Mt 11, 25) possono confidare sulla forza paziente di
Dio, messi a parte dei segreti di amore per gli uomini da parte del Signore
Gesù. Lo preghiamo con l’orazione sui doni: “ … ciò che ognuno di noi presenta
in tuo onore giovi alla salvezza di tutti”. Come a dire: sono graditi a Dio
solo i doni che procedono da quella ‘forte pazienza’ nel rispondere con il bene
al male perché a tutti sia reso noto il mistero di amore di Dio per gli uomini.
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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):
Prima Lettura Sap 12, 13. 16-19
Dal libro della Sapienza.
Non c’è Dio
fuori di te, che abbia cura di tutte le cose,
perché tu
debba difenderti dall’accusa di giudice ingiusto.
La tua forza
infatti è il principio della giustizia,
e il fatto
che sei padrone di tutti, ti rende indulgente con tutti.
Mostri la
tua forza
quando non
si crede nella pienezza del tuo potere,
e rigetti
l’insolenza di coloro che pur la conoscono.
Padrone della
forza, tu giudichi con mitezza
e ci governi
con molta indulgenza,
perché,
quando vuoi, tu eserciti il potere.
Con tale
modo di agire hai insegnato al tuo popolo
che il
giusto deve amare gli uomini,
e hai dato
ai tuoi figli la buona speranza
che, dopo i
peccati, tu concedi il pentimento.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 85
Tu sei buono, Signore, e perdoni.
Tu sei
buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di
misericordia con chi t’invoca.
Porgi
l’orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii
attento alla voce delle mie suppliche.
Tutte le
genti che hai creato verranno
e si
prostreranno davanti a te, Signore,
per dare
gloria al tuo nome.
Grande tu
sei e compi meraviglie:
tu solo sei
Dio.
Ma tu,
Signore, Dio misericordioso e pietoso,
lento
all’ira e ricco di amore e di fedeltà,
volgiti a me e abbi pietà.
Seconda Lettura
Rm 8, 26-27
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Romani
Fratelli, lo
Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare
in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili; e
colui che scruta i cuori sa che cosa desidera lo Spirito, perché egli intercede
per i santi secondo i disegni di Dio.
Vangelo Mt 13,
24-43
Dal vangelo secondo Matteo
[ In quel
tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è
simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti
dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne
andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania.
Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai
seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli
rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che
andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la
zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro
crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai
mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il
grano invece ri! ponètelo nel mio granaio”». ]
Espose loro
un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di
senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di
tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto
e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra
i suoi rami».
Disse loro
un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese
e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
Tutte queste
cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con
parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
«Aprirò la
mia bocca con parabole,
proclamerò
cose nascoste fin dalla fondazione del mondo».
Poi congedò
la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli:
«Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che
semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono
sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha
seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli
angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così
avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali
raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono
iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di
denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi
ha orecchi, ascolti!».