Quarto
ciclo
Anno
liturgico A (2010-2011)
Tempo
di Natale
Epifania del
Signore
(6 gennaio
2011)
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Is
60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12
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Epifania
vuol dire manifestazione. La Chiesa oggi festeggia il mistero della triplice
manifestazione del Figlio di Dio fatto uomo per la nostra salvezza: la sua
manifestazione alle genti; l'inizio della sua vita pubblica con il battesimo al
fiume Giordano quando Giovanni Battista lo rivela al popolo d'Israele; il
miracolo delle nozze di Cana quando Gesù compie il
suo primo miracolo. Delle tre manifestazioni, soprattutto la prima costituisce
il tema della liturgia odierna.
Come tutti i
racconti sulla nascita e sull'infanzia di Gesù, ciò che viene riferito va letto
in contrappunto ai racconti della sua passione-morte-risurrezione.
Nella narrazione dei Magi che arrivano a Gerusalemme in cerca del re dei Giudei
è presentato il conflitto che opporrà alle autorità ufficiali il vero re e
salvatore del suo popolo. Colui che le guide della nazione si rifiutano di
ricevere è adorato dalle nazioni; Colui che doveva essere noto a coloro che
conoscevano le Scritture perché di lui le Scritture parlano viene rivelato a
coloro ai quali, non potendo le Scritture parlare, parlano gli astri,
messaggeri di Dio. Ogni cosa può agire da messaggero di Dio, se il nostro cuore
sa guardare in alto. E tutto alla fine conduce a lui, il Salvatore, Colui che
rivelerà definitivamente e in tutta pienezza, anche per il nostro cuore,
quaggiù o di là, l'infinito amore del Padre per gli uomini, Colui che compirà
in tutta la loro estensione i nostri desideri di vita, di santità, di
comunione.
L’antifona
di ingresso della messa si richiama al libro del profeta Malachia,
l’ultimo libro dell’Antico Testamento: “È
venuto il Signore nostro re: nelle sue mani è il regno, la potenza e la gloria”.
Un bambino è proclamato ‘sovrano, potente e glorioso’! La proclamazione comporta
qualcosa di radicalmente nuovo per gli occhi umani o, se vogliamo, comporta la
visione di una realtà con occhi radicalmente nuovi. Stessa novità che sta dietro la proclamazione nei vangeli di Gesù come re
(soltanto durante la sua passione Gesù accetta il titolo di re) e
particolarmente come re della gloria (titolo che fornisce, da una parte, la
ragione della condanna sul patibolo della croce e, dall’altra, per la visione
di fede dei credenti, la ragione dell’amore di Dio per l’uomo che proprio sulla
croce risplende). È in ragione di quella novità che la manifestazione di Gesù
può conquistare le genti e può convincere Israele. Quando la colletta fa
pregare: “O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato
alle genti il tuo unico Figlio, conduci benigno anche noi, che ti abbiamo
conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria”, guida i
credenti alla percezione di quella novità
e li predispone a cogliere e a vivere dello splendore di quell’amore, che
costituisce ormai la ragione di senso del vivere nella storia.
La visione
dei popoli che si ritrovano a Gerusalemme, ripresa anche dal salmo 71 e
celebrata dal salmo 87, mostra come ormai non esiste più motivo di distinzione
tra gli uomini perché la loro dignità deriva da un’unica radice. La dignità
degli uomini parla dell’amore di Dio che si è rivelato in quel Figlio di Dio
fatto uomo e che nella liturgia odierna è adorato da tutte le genti. Quando
Paolo ricorda agli Efesini che il mistero manifestato ora agli uomini è il
fatto che i Gentili sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa
eredità di Israele, rivela che davanti a Dio sussiste un’unica famiglia umana,
destinataria e portatrice allo stesso tempo del Suo amore. Se il Signore, come
dice il salmo 71, interviene a favore del povero e del debole, categorie che
attraversano la diversità dei popoli e si riferiscono all’umanità di tutti,
significa che chi calpesta il povero e il debole ferisce la propria dignità
umana e non rispetta l’immagine di quel Figlio che si è confuso con l’umanità
di tutti. Davanti a quel Figlio, bambino, adorato dalle genti – dice il salmo,
eco del pensiero di Dio: chiunque tu sia, da qualunque paese provenga,
qualsiasi sia stata la tua storia, a qualsiasi cultura appartenga, sappi che
qui sei nato, di qui trai vita e qui conducono i tuoi desideri perché qui si
compiono i miei progetti: nel mio Figlio! Non è evidentemente una forma di
imposizione spirituale all'umanità. Si tratta invece di una visione lucida,
nella fede, sulla realtà delle cose e del mondo. Non si tratta di contrapporre
una visione ad altra visione, una fede ad altra fede. Si tratta di imparare a
stupirsi a tal punto dei pensieri di Dio per l'umanità che la modalità stessa
di vivere e testimoniare quella visione non può che essere evangelica, portatrice della buona novella per l’umanità. Per
questo l'amore è l'ultima parola convincente, sebbene non sia la parola più
potente. La debolezza di Dio è più forte della forza degli uomini e la
stoltezza di Dio è più sapiente della sapienza degli uomini: per questo a tutti
gli uomini, di ieri, come di oggi e di domani, a tutti spetta questa eredità,
che è il Figlio di Dio fatto uomo.
I magi sono
la figura della manifestazione di Dio alle genti (con l’oro riconoscono la
regalità misteriosa di quel ‘bambino nato per noi’, con l’incenso riconoscono
la sua divinità, con la mirra la sua umanità pronta a soffrire la passione per
la nostra salvezza). Il loro far ritorno a casa per altra strada allude al
fatto che chi si apre all’adorazione di Dio riscopre la casa propria in altro
modo, con altro sguardo, sotto altri orizzonti. Questo mi induce a due
osservazioni: 1) se il Messia è promesso alle genti, di che cosa siamo noi
credenti debitori al mondo? Siamo debitori proprio della conoscenza del
Signore. E questo debito pende sulla nostra testa: ecco la responsabilità della
testimonianza dei credenti di fronte al mondo; 2) se il Messia è promesso alle
genti, vuol dire che fin tanto che tutte le genti non l’hanno conosciuto, la
nostra stessa conoscenza del Messia è manchevole, resta limitata. Come in un
amore: fin tanto che non ho trovato qualcuno che voglia bene a me, io non potrò
scoprire quello che sono in verità, quello che porto e di cui sono capace. Così
è con Dio. Fin tanto che tutti non l’hanno conosciuto, Dio non ha ancora avuto
modo di manifestarsi in tutta la sua ricchezza. Attendere questa
manifestazione, nel cuore di tutti, rende umili e adoranti e risponde al
comandamento dell’amore verso tutti, anche verso i nemici, finché la gloria di
Dio si manifesti compiutamente.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Is 60,1-6
Dal libro del profeta Isaia
Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la
tua luce,
la gloria
del Signore brilla sopra di te.
Poiché,
ecco, la tenebra ricopre la terra,
nebbia fitta
avvolge i popoli;
ma su di te
risplende il Signore,
la sua
gloria appare su di te.
Cammineranno
le genti alla tua luce,
i re allo
splendore del tuo sorgere.
Alza gli
occhi intorno e guarda:
tutti
costoro si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli
vengono da lontano,
le tue
figlie sono portate in braccio.
Allora
guarderai e sarai raggiante,
palpiterà e
si dilaterà il tuo cuore,
perché
l’abbondanza del mare si riverserà su di te,
verrà a te
la ricchezza delle genti.
Uno stuolo
di cammelli ti invaderà,
dromedari di
Màdian e di Efa,
tutti
verranno da Saba, portando oro e incenso
e
proclamando le glorie del Signore.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 71
Ti adoreranno, Signore, tutti i
popoli della terra.
O Dio,
affida al re il tuo diritto,
al figlio di
re la tua giustizia;
egli
giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi
poveri secondo il diritto.
Nei suoi
giorni fiorisca il giusto
e abbondi la
pace,
finché non
si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino
ai confini della terra.
I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba
e di Seba offrano doni.
Tutti i re
si prostrino a lui,
lo servano
tutte le genti.
Perché egli
libererà il misero che invoca
e il povero
che non trova aiuto.
Abbia pietà
del debole e del misero
e salvi la
vita dei miseri.
Seconda Lettura
Ef 3,2-3a.5-6
Dalla lettera di san Paolo apostolo
agli Efesini
Fratelli,
penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me
affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il
mistero.
Esso non è
stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato
rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti
sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo
stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.
Vangelo Mt
2,1-12
Dal vangelo secondo Matteo
Nato Gesù a
Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente
a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo
visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il
re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei
sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva
nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto
per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero
l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà
il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora
Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il
tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e
informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo
sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re,
essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva,
finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere
la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il
bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro
scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non
tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.