Quarto ciclo

Anno liturgico A (2010-2011)

Tempo di Natale

 

Battesimo del Signore

(9 gennaio 2011)

 

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Is 42,1-4.6-7;  Sal 28;  At 10,34-38;  Mt 3,13-17

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La liturgia del battesimo di Gesù chiude il ciclo natalizio. La Chiesa celebra, nel battesimo al fiume Giordano, la manifestazione di Gesù al suo popolo e il mistero di salvezza che ne deriva, collegato alla visita dei Magi e al primo miracolo a Cana di Galilea, come canta l’antifona al Benedictus già risuonata nella festa dell’Epifania: "Oggi la Chiesa, lavata dalla colpa nel fiume Giordano, si unisce a Cristo suo Sposo; accorrono i magi con doni alle nozze regali e l'acqua cambiata in vino rallegra la mensa". Il mistero è contemplato nell’ottica dell’invocazione: "Dio onnipotente ed eterno, che nel Natale del Redentore hai fatto di noi una nuova creatura, trasformaci nel Cristo tuo Figlio, che ha congiunto per sempre a sé la nostra umanità".

L'immagine di fondo è quella delle nozze: Dio sposa l'umanità. Il mistero d’amore intravisto con la nascita a Betlemme, rivelato essere l’eredità di tutte le genti con l’adorazione dei magi, celebrato nella sua gioia messianica alle nozze di Cana e ripresentato ad ogni celebrazione eucaristica, qui è intuito nel suo percorso di attuazione con la solidarietà dell’agnello innocente con i peccatori, in attesa che si realizzi compiutamente con la sua morte-risurrezione. La deduzione immediata che ne scaturisce è che oramai l'umanità appartiene in proprio a Dio, oramai l'umanità, pur con tutto il suo carico di ferite e di paure, è carne del Figlio di Dio, che se l'è assunta nella sua realtà, integralmente. Non si può più parlare di umanità senza che sia Dio ad esserne implicato. Non si può più gemere sull'umanità senza aver compassione di Dio.

La liturgia accosta al racconto del battesimo il brano profetico di Isaia 42. È il testo che Matteo riprende specificamente reinterpretandolo. “Appena battezzato, Gesù uscì dall' acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato:in lui ho posto il mio compiacimento»”. E quando a Giovanni si presenta Gesù, per vincere la sua ritrosia gli dice: “Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia”.

Questi versetti celano molti misteri. Perché Gesù parla di ‘ogni giustizia’? Gesù non si attiene semplicemente alla Legge; il suo comportamento parla di una sovrabbondanza assolutamente gratuita dal punto di vista della Legge. Non aveva motivo di farsi battezzare, come lo stesso Giovanni riconosce, perché lui non è peccatore. Ma lui solidarizza con i peccatori, perché il mistero dell’amore di Dio per i suoi figli appaia in tutto il suo splendore. Più tardi sarà accusato di stare con i peccatori, di frequentarli, di essere un mangione e un beone, ma così viene svelata la giustizia di Dio. Se Gesù, secondo la citazione di Isaia, viene da servo e da eletto, nella ripresa di Matteo è ormai il figlio e l’amato, proclamato dalla stessa voce divina. Se la visione dei cieli aperti e della discesa dello Spirito è riservata a Gesù, la voce è indirizzata a tutti.

In questa visione di Gesù si può ravvisare l’autocoscienza della sua intimità con il Padre e della sua realtà messianica con l’allusione a quella nuova creazione di cui le Scritture sono la promessa. Come all’inizio della creazione lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque, così ora la discesa sopra di lui dello Spirito, nella sua umanità, prefigura la nuova creazione. Non si tratta tanto di vedere una colomba che discende quanto di vedere il planare dello Spirito come una colomba, al modo di una colomba. Alla sua visione segue la voce, che conferma per tutti quello che Gesù ha visto, nel senso di invitare tutti a seguire quel Figlio nella rivelazione dell’amore del Padre per gli uomini.

La voce del Padre è quella di cui Gesù dirà: “Io sono nel Padre e il Padre è in me” (Gv 14,10); “Io dico quello che ho visto presso il Padre” (Gv 8,38); “Io invece lo conosco” (Gv 8,55); “Faccio quello che il Padre mi ha comandato” (Gv 14,31). Le parole pronunciate dalla voce, invece, sono la ripresa del brano di Isaia 42 riletto con il testo di Sal 2,7 e di Gn 22,2 dove compaiono i termini figlio e amato. In particolare, amato, non dice soltanto tutta l'intimità goduta tra il Padre e il Figlio, ma illustra anche lo sconfinato amore per l'umanità che i due condividono. Amato o unico o preferito fa pensare ad Abramo, pronto ad immolare il figlio Isacco (Gen 22,2); rimanda al figlio della parabola dei vignaioli omicidi (Mc 12,6); ha attinenza con “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16), ha attinenza al mistero dell'amore del Padre per l'umanità di cui il Figlio è il rivelatore, lui che è il Volto visibile del suo splendore. È l’amato perché il Suo Amore di Padre in lui è perfetto nel senso che in lui si compie perfettamente il Suo volere di benevolenza per l'umanità e lui non ha altro volere che quello di compierlo perfettamente: “Mio cibo è fare la volontà del Padre” (Gv 4,34). È amato perché non solo il Suo Amore si volge verso di lui , in lui si posa, ma anche si riposa, sta soddisfatto, ne ottiene la risposta più piena.

Il risvolto tutto speciale del mistero allude però a qualcos’altro. Lo sguardo di predilezione del Padre sul Figlio non concerne più oramai solo la persona del Verbo, ma il Verbo nella sua umanità, il Capo con le sue membra. La lettura del profeta Isaia riguarda proprio l’identificazione di Gesù come il servo, l’identificazione del Messia nella sua natura di servo. Non dimentichiamo che questo brano di Isaia ricorre nella liturgia del lunedì della settimana santa, a sottolineare la dimensione pasquale di quell’identificazione. In quella natura di servo siamo noi, nella nostra umanità, ad essere considerati. Non dobbiamo perciò pensare che lo sguardo di compiacimento del Padre attenda a posarsi su di noi allorquando saremo capaci di seguire Cristo in una vita santa; è esattamente il contrario. Potremo impegnarci in una vita santa solo se sentiremo sulla nostra umanità peccatrice, ferita e piena di paure, questo sguardo di compiacimento perché Dio ama per primo, perché a Lui apparteniamo, perché siamo la sua stessa carne. Ed è proprio perché la nostra fede squarcia l’orizzonte per introdurci in questa visione che possiamo pregare, come citavo all'inizio: " ... trasformaci nel Cristo tuo Figlio, che ha congiunto per sempre a sé la nostra umanità".

In questa prospettiva acquista particolare risonanza la parola di Gesù a Giovanni: “conviene che adempiamo ogni giustizia”. Con la voce del Padre sono compiute tutte le Scritture perché la frase è costruita con i testi di Gn 22,2, Is 42 e Sal 2,7, rispettivamente presi dalla Torah, dai Profeti e dai Salmi e, nello stesso tempo, sono confermate per noi che possiamo fare esperienza della giustizia di Dio che è amore per noi.

 

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I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale Romano”):

 

Prima Lettura  Is 42, 1-4. 6-7

Dal libro del profeta Isaia

Così dice il Signore:

«Ecco il mio servo che io sostengo,

il mio eletto di cui mi compiaccio.

Ho posto il mio spirito su di lui;

egli porterà il diritto alle nazioni.

Non griderà né alzerà il tono,

non farà udire in piazza la sua voce,

non spezzerà una canna incrinata,

non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;

proclamerà il diritto con verità.

Non verrà meno e non si abbatterà,

finché non avrà stabilito il diritto sulla terra,

e le isole attendono il suo insegnamento.

Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia

e ti ho preso per mano;

ti ho formato e ti ho stabilito

come alleanza del popolo

e luce delle nazioni,

perché tu apra gli occhi ai ciechi

e faccia uscire dal carcere i prigionieri,

dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».

 

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 28

Il Signore benedirà il suo popolo con la pace.

Date al Signore, figli di Dio,

date al Signore gloria e potenza.

Date al Signore la gloria del suo nome,

prostratevi al Signore nel suo atrio santo.

 

La voce del Signore è sopra le acque,

il Signore sulle grandi acque.

La voce del Signore è forza,

la voce del Signore è potenza.

 

Tuona il Dio della gloria,

nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».

Il Signore è seduto sull’oceano del cielo,

il Signore siede re per sempre.

 

Seconda Lettura  At 10, 34-38

Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga.

Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti.

Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui».

 

Vangelo  Mt 3, 13-17

Dal vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui.

Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare.

Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».