Quarto
ciclo
Anno
liturgico A (2010-2011)
Solennità
e feste
Immacolata
Concezione
(8
dicembre 2010)
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Gn 3,9-15.20; Sal
97; Ef
1,3-6.11-12; Lc
1,26-38
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La
benedizione che Paolo implora ed annuncia nell’esordio della sua lettera agli
Efesini ha ricoperto e intriso in modo singolare la Tutta Santa, la Vergine
Maria. In lei quella benedizione si fa così concreta che prende addirittura
corpo: da lei nasce il Salvatore, che costituisce la Benedizione di Dio sugli uomini, benedizione oltre la quale non c’è
nulla di prezioso da desiderare. La tradizione venera la Vergine come “la madre
del creatore di tutte le cose, colei che ha divinizzato il genere umano e ha divinizzato
la terra, che ha fatto di Dio il figlio dell’uomo e ha reso gli uomini figli di
Dio”.
La
benedizione ha raggiunto l’umanità della Vergine in modo così singolare da
renderla tanto ‘umanamente piena’ da essere degna dimora per il Figlio, come proclama
la colletta: “O Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai
preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previsione della morte di
lui l’hai preservata da ogni macchia di peccato, concedi anche a noi, per sua
intercessione, di venire incontro a te in santità e purezza di spirito”. La sua
umanità, in tutte le sue fibre, è andata incontro al Signore in santità e
purezza di spirito ed è diventata degna dimora del Figlio. Della sua umanità
siamo fatti anche noi, condividiamo con il suo Figlio la stessa umanità perché
anche noi, come è nel disegno divino della creazione fin dall’inizio, possiamo
tornare a far splendere e a far godere nel mondo la stessa benedizione, la
dimora di Dio in mezzo a noi.
A differenza
di noi, la Vergine non è caduta nell’inganno che tormenta i figli degli uomini,
inganno che presenta il brano della Genesi. Anche lei è stata duramente provata
nella sua umanità: con l’offerta della sua umanità ha permesso all’amore di
Dio, nel suo Figlio, di svelarsi al mondo; ha conosciuto la sofferenza
dell’amore con il suo Figlio e ora accompagna ogni sofferenza umana perché
venga aperta all’esperienza dell’amore. In lei la sofferenza non ha generato
ribellione, il dramma non ha velato la fede, il desiderio non ha compromesso l’amore,
l’agire non ha macchiato la coscienza. E questo perché l’unico rimedio
all’inganno è “andare incontro al Signore”, così tipico dell’anima della
Vergine.
L’uomo,
invece, si dibatte nell’inganno: la nostra individualità ce ne certifica la
compromissione con la ribellione e la gelosia, mentre la sofferenza della
nostra umanità svela faticosamente le tracce della nostalgia di Dio. Dio
proclama l’inimicizia tra satana e la donna, simbolo contemporaneamente di
Maria e dell’umanità: la possibilità dell’inganno è sempre reale, ma
quell’inimicizia dichiarata da Dio salvaguarda la nostra umanità, che non può
trovare beatitudine nell’inganno e quindi non potrà compiersi stando dalla
parte dell’avversario. Perciò, quando l’uomo cede all’inganno, trasgredendo la
parola del Signore rivolta al suo cuore, si perde, va in frantumi dentro e non
può vivere che in contraddizione.
Se però
l’uomo sa ascoltare l’invito di Dio: “dove
sei?”, che continuamente bussa al suo cuore, superando l’inganno, allora
ritorna all’albero della vita, il Cristo Signore, per vivere nella sua umanità
la dimora di Dio, fonte di beatitudine. La Vergine è proprio colei che di
quella dimora di Dio ha fatto tutto lo scopo della sua vita, tutto il desiderio
della sua umanità. L’esperienza di cui è stata gratificata può diventare, nel
suo Figlio, accessibile a tutti e a ciascuno.
Nel racconto
del peccato narrato dal libro della Genesi si può osservare come le varie
creature si pongano nei confronti di Dio. Quando Dio chiede ad Adamo se abbia
trasgredito il suo comando, lui risponde addossando la colpa ad Eva. Quando Dio
si rivolge ad Eva, lei risponde addossando la colpa al serpente. Ma quando Dio
è davanti al serpente, il serpente tace. Adamo ed Eva rispondono a Dio, pur
giustificandosi, perché hanno nostalgia di Dio. Il serpente sembra non avere
alcuna nostalgia: non semplicemente ha peccato, ma non è proprio d’accordo sul
fatto che Dio conceda i suoi favori agli uomini e resta quindi avversario di
Dio. È avversario di Dio chi è geloso dei beni che Lui riversa sulle sue
creature e perciò resta astioso, astio di cui facciamo le spese noi
continuamente. Chi è capace di far risplendere i doni di Dio solo godendo
dell’immenso amore di Dio per gli uomini è pieno di grazia. E da tale pienezza
di grazia non può non derivare il Salvatore, che è la rivelazione dell’infinito
amore di Dio per gli uomini. Credo voglia dire anche questo la pienezza di
grazia della Vergine, dalla quale nasce Gesù, il Salvatore. Ed è per questo che
la tradizione saluta la Vergine come la gioia dell’universo.
Lei
proclama: “Ecco la serva del Signore:
avvenga per me secondo la tua parola”. Come a dire: Dio solo sia benedetto,
si realizzi la sua promessa, si manifesti in me, finalmente e compiutamente, il
suo Bene all’umanità! Proclamandosi serva del Signore esprime il suo desiderio
della dimora di Dio in mezzo agli uomini, di cui tutto il suo essere è
testimonianza e intercessione per l’umanità intera. Ma esprime anche la
preghiera di ogni credente, di ogni discepolo del Signore: avvenga per me
secondo quello che hai stabilito fin dall’eternità, si compia in me quello che
dalla fondazione del mondo hai promesso all’umanità, si veda realizzato in me
quel Regno che nel tuo Figlio hai fatto venire.
La Vergine
Immacolata è anche chiamata Signora
nostra. Un passo di un’omelia di Gregorio Palamas ne
spiega la portata: “ ... signora non solo in quanto libera dalla servitù e
partecipe della divina signoria, ma anche perché fonte e radice della libertà
del genere umano, soprattutto dopo il parto, ineffabile e beato” (Omelia 14).
Così, se l’uomo vuole accedere al regno della libertà, non ha che da guardare a
questa sua sorella, al suo mistero, alla sua storia, alle sue emozioni, ai suoi
dolori, al suo amore perché in lei ritrova tutto il mistero dell’amore di Dio
per l’uomo. E non si può vivere l’amore senza libertà. Il suo avere il Signore
con lei è motivo di fiducia per noi di trovarlo, di essere accompagnati a lui,
di stare in sua compagnia. Il Signore è
con te diventa, nella nostra preghiera: “tu, che hai il Signore, supplicalo
perché sia anche con noi, ora e sempre!”.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura Gn 3,9-15.20
Dal libro della Gènesi
[Dopo che
l’uomo ebbe mangiato del frutto dell’albero,] il Signore Dio lo chiamò e gli
disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino: ho avuto
paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Riprese: «Chi ti ha fatto sapere
che sei nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non
mangiare?». Rispose l’uomo: «La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato
dell’albero e io ne ho mangiato». Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai
fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato».
Allora il
Signore Dio disse al serpente:
«Poiché hai
fatto questo,
maledetto tu
fra tutto il bestiame
e fra tutti
gli animali selvatici!
Sul tuo
ventre camminerai
e polvere
mangerai
per tutti i
giorni della tua vita.
Io porrò
inimicizia fra te e la donna,
fra la tua
stirpe e la sua stirpe:
questa ti
schiaccerà la testa
e tu le
insidierai il calcagno».
L’uomo
chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 97
Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Cantate al
Signore un canto nuovo,
perché ha
compiuto meraviglie.
Gli ha dato
vittoria la sua destra
e il suo
braccio santo.
Il Signore
ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi
delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è
ricordato del suo amore,
della sua
fedeltà alla casa d’Israele.
Tutti i
confini della terra hanno veduto
la vittoria
del nostro Dio.
Acclami il
Signore tutta la terra,
gridate,
esultate, cantate inni!
Seconda Lettura
Ef 1,3-6.11-12
Dalla lettera di san Paolo apostolo
agli Efesini
Benedetto
Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
che ci ha
benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo.
In lui ci ha
scelti prima della creazione del mondo
per essere
santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci
a essere per lui figli adottivi
mediante
Gesù Cristo,
secondo il
disegno d’amore della sua volontà,
a lode dello
splendore della sua grazia,
di cui ci ha
gratificati nel Figlio amato.
In lui siamo
stati fatti anche eredi,
predestinati
– secondo il progetto di colui
che tutto
opera secondo la sua volontà –
a essere
lode della sua gloria,
noi, che già
prima abbiamo sperato nel Cristo.
Vangelo Lc 1,26-38
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata
Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo
della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando
da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste
parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come
questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso
Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il
trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo
regno non avrà fine».
Allora Maria
disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose
l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti
coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato
Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha
concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta
sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria
disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E
l’angelo si allontanò da lei.