Terzo ciclo
Anno liturgico C (2009-2010)
Tempo di Pasqua
6a Domenica
(9 maggio 2010)
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At
15,1-2.22-29; Sal 66; Ap 21,10-23;
Gv 14,23-29
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La liturgia di oggi predispone due
piste per accedere alla rivelazione che comporta la parola di Dio.
Se partiamo dalla colletta,
comprendiamo che la liberazione pasquale, che celebriamo nell’eucaristia per
testimoniarla nella vita, è caratterizzata dalla letizia. Ma la letizia è per
la comunione. Una letizia che non si traduca in ansia di comunione non risponde
alla liberazione pasquale. La prima lettura mostra quella letizia in ansia di
comunione alle prese con gli imprevisti della storia. I credenti provenienti
dalla tradizione mosaica, pur accogliendo la fede in Gesù, temono di mancare
alla santità di Dio non obbligando anche i fratelli provenienti dal paganesimo
alle stesse leggi. La decisione apostolica ribadisce la fede di tutti: oramai
c’è un unico popolo di salvati, circoncisi e incirconcisi e l’invito ai pagani
sembra soltanto quello di non essere fonte di disagio per i fratelli circoncisi
trovandosi alla stessa mensa. La liberazione è per la gioia e la gioia è per la
comunione: questa è la dinamica pasquale.
Se partiamo dal canto al vangelo (‘Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il
Padre mio lo amerà e noi verremo a lui’), ci appare un altro scenario. Le
parole di Gesù sono incentrate attorno alla questione della ‘rivelazione’ del
Messia. Rispondono alla domanda di Giuda, non l’Iscariota: “Come è accaduto che devi manifestarti a noi
e non al mondo?” (Gv 14,22). La domanda di Giuda, a sua volta, segue la
promessa di Gesù ai suoi discepoli: tra poco lui subirà la passione, morirà e
verrà sepolto, ma apparirà, risorto, ai suoi discepoli. Saranno loro a
testimoniare al mondo la sua presenza, la presenza di colui che ha vinto la
morte, perché loro lo conosceranno: “Chi
accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama
me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv
14,21). Perché la manifestazione del Risorto non sarà ‘evidente’ a tutti?
Perché l’opera di Dio non sconvolgerà nessuno nel senso di strabiliarlo e farlo
restare attonito e come obbligato a credere? Perché la sua parola è una parola
di amore e chi non accoglie quell’amore non può capire la sua parola. La sua
parola cela la potenza di amore del Padre per gli uomini e soltanto quando gli
uomini si decideranno ad ascoltarla (come un bambino ascolta sua mamma facendo
quel che lei gli dice) la parola rilascerà la potenza che essa racchiude,
potenza che costituisce la radice della comunione con tutti perché a tutti
quella parola è diretta.
La sottolineatura nelle parole di Gesù,
però, è data dal fatto che accogliendo la sua parola si partecipa ad una
intimità di vita; meglio, si condivide l’intimità di vita che corre tra il
Padre e il Figlio nello Spirito, che proprio da Gesù ci è stato effuso e che
proprio di Gesù ci fa vedere la verità di testimone dell’amore del Padre per
gli uomini. Così la crescita spirituale sottende sempre un radicamento
nell’intimità di un rapporto che permette ai cuori di schiudersi, di percepirsi
nell’amore, di vedere le cose in verità. In effetti, quando Gesù dice ‘mi manifesterò’,
in realtà vuol dire, non solo che lo riconosceremo, ma che tutto parlerà di
lui, tutto splenderà per lui e quindi che la vita svelerà il suo segreto.
La condizione di possibilità perché ciò
avvenga è svelata alla fine del brano, che nella versione CEI suona: “Non parlerò più a lungo con voi, perché
viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il
mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io
agisco” (Gv 14,30-31). L’espressione ‘contro di me non può nulla’, tradotta
più letteralmente sarebbe: ‘in me non ha
nulla’. Siccome in Gesù c’è solo l’amore del Padre, il demonio non ha alcun
diritto su di lui nel senso che può rovesciargli addosso tutto il male che
vuole, ma senza poterlo deviare dal suo scopo, senza potergli sottrarre
quell’amore; al contrario, suo malgrado, farà risplendere davanti a tutti
quell’amore, affascinando i cuori. Questa espressione è costruita allo stesso
modo dell’altra che la richiama: ‘chi
ha i miei comandamenti’ (v. 21), che
noi traduciamo: ‘chi accoglie i miei comandamenti’. Quando un cuore è
conquistato all’amore di Gesù, non facendo valere altro che i suoi
‘comandamenti’, dato che in essi ha scoperto le radici del vivere beato, ne
conoscerà la potenza di vita e il demonio nulla potrà contro quell’amore.
Quando al battesimo e alla
trasfigurazione la voce dal cielo aveva proclamato su Gesù: “Questi è il Figlio mio, l’amato”, il
significato non è semplicemente da riferire a Gesù ma anche a tutti noi in lui,
vale a dire: tutti noi, credendo a quel Figlio, l’Inviato del Padre e
accogliendo la sua parola per metterla in pratica, entreremo nella benedizione
di quell’amore di predilezione nel quale il Padre vuole inglobare tutti. La
rivelazione di Dio è sempre per noi perché non c’è rivelazione che non parli
dell’amore di Dio per l’uomo. E se nel Padre nostro chiediamo: ‘sia fatta la
tua volontà come in cielo così in terra’, non chiediamo prima di tutto di poter
stare fedeli alla sua volontà, ma più direttamente di poter sperimentare la sua
volontà di amore per noi nella nostra vita, tanto da godere della comunione con
lui al di sopra di tutto. Questo ci otterrà l’azione dello Spirito Santo, che
ci farà memoria viva del Signore Gesù in questo mondo.