Terzo ciclo

Anno liturgico C (2009-2010)

Tempo Ordinario

 

12a Domenica

(20 giugno 2010)

 

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Zc 12,10-11;  Sal 62;  Gal 3,6-29;  Lc 9,18-24

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Il mistero della persona di Gesù non viene mai meno. Gesù ne è consapevole. Nonostante tutte le spiegazioni, quel mistero permane nel suo fascino e nella sua insondabilità.

Le folle, chi dicono che io sia?”; “Ma voi, chi dite che io sia?”. Se consideriamo il passo parallelo di Mc 8,31-38, ci accorgiamo che Gesù è in viaggio verso Gerusalemme e sembra giunto il tempo di traghettare i discepoli ad una comprensione più profonda e veritiera della sua persona. Le domande sottendono la stessa problematica di Giovanni Battista: è lui o dobbiamo aspettare un altro? La gente pensa che lui sia stato mandato a preparare la via al Messia (Erode pensava che Gesù fosse il Battista redivivo, i discepoli pensavano che fosse l’Elia che doveva venire o uno dei profeti, come Geremia, il modello profetico più consono alla figura di Gesù), mentre Pietro confessa invece che proprio lui è il Messia che si aspettavano. Gesù prende così sul serio la risposta di Pietro da svelare apertamente il suo futuro di passione, che la liturgia preannuncia con il brano di Zaccaria: “Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto”.

Subito dopo Pietro, che rifiuta questa rivelazione, è rimproverato da Gesù: “Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”. Pietro ha voluto mettersi davanti a Gesù, ma Dio, secondo la testimonianza di Es 33,20-23, si può vedere solo di spalle. Il che significa: solo accettando di camminare per dove Dio indica lo si potrà vedere in verità. E ancora: solo disponendoci a praticare la sua parola si può scoprire la verità della promessa di vita che la sua parola comporta. Solo stando dietro il Maestro si potrà scoprire il Volto di Dio in verità nel suo amore per gli uomini.

Quando Gesù, subito dopo, invita i discepoli a rinnegare se stessi, prendere la croce e seguirlo, non fa che estendere a tutti il rimprovero rivolto a Pietro. Potremmo intendere le cose così. Pietro, nel rimproverare Gesù, aveva probabilmente temuto per sé. Se Gesù, il Messia, avesse dovuto subire tutti quei tormenti, certamente sarebbe svanito il prestigio dell’essere ‘compagno’ del Messia. E allora che ne sarebbe stato di lui? Il ‘rinnegare se stessi’ vale in rapporto al mistero di Dio che in Gesù si fa prossimo agli uomini per la potenza del suo amore tanto da far scaturire la vita proprio là dove gli uomini mai la cercherebbero. Se gli uomini pensano in prospettiva mondana come potranno vedere i segreti di Dio? La rinuncia a ogni prospettiva mondana è la condizione per accogliere il mistero di Gesù che sulla croce rivela lo splendore dell’amore, motivo di ogni rinuncia a qualsiasi cosa che non sia collegabile o derivante da quell’amore. D’altronde qui risiede tutta la dignità della vita. Il portare la croce non si riferisce primariamente alla fatica del vivere, ma alla condizione perché la fatica del vivere risulti fruttuosa: la rinuncia ad ogni prospettiva mondana ci apre alla rivelazione dell’amore di Dio nella nostra vita, amore che possiamo cogliere in tutto il suo splendore proprio nella croce di Gesù. Seguire Gesù significa essere partecipi di questa rivelazione fino a viverla nel concreto della propria vita per dare spazio alla stessa dinamica di amore.

Il testo di Luca, invece, sottolinea la circostanza in cui Gesù pone la domanda ai discepoli: “Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui …”. Come a sottolineare: è da dentro la preghiera che scaturiscono domanda e risposta, perché le domande e le risposte vere non sono curiosità intellettuali ma riguardano la verità di cui ha bisogno il cuore per vivere e solo nella preghiera il cuore può lambire quella verità. Per Gesù, le domande nascono dalla volontà di fedeltà al Padre e nascono nella preghiera perché qui si esprime tutto il contenuto di intimità che quella volontà di fedeltà comporta. Così è per i discepoli, con la differenza che per loro, che non conoscono ancora quella intimità con il Padre, c’è bisogno prima di vedere come prega Gesù, di restare affascinati dalla intensità della sua preghiera, per desiderare a loro volta la stessa cosa. Gesù sa fin troppo bene che dietro allo slancio del cuore non c’è ancora tutta la loro mente, non ci sono ancora tutte le loro energie interiori perché i misteri di Dio hanno bisogno di tempo per conquistare l’uomo, che non si rassegna mai a perdere le sue ‘idee’ di Dio.

Un esempio dell’immensità di orizzonte e quindi della sfida che comporta per l’uomo la verità che viene da Dio ci è riportato dal brano della lettera ai Galati: “Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”. Quale sfida per l’uomo! Eppure quella verità fa parte dei segreti di Dio svelati all’uomo da Gesù. Nell’accogliere quei segreti sperimentiamo l’intensità e la profondità di quell’amicizia con l’uomo che Gesù ci ha offerto da parte di Dio. Tra il desiderio del cuore e l’accoglimento del mistero di Gesù si pone con tutto il suo peso la sfida di Dio che spesso si presenta debole, disprezzato, capace di mettersi nelle mani degli uomini per essere vilipeso e condannato. I comandamenti del Signore, rispetto alla sapienza del mondo che pervade la nostra carne, non hanno spesso quella stessa risonanza, quella per la quale non ci sentiamo attirati, ma come impauriti, respinti?

I discepoli accettano con gioia Gesù, anche se ancora con dubbi, ma faticheranno molto ad accettare la sua passione e morte. Accettare la realtà di Dio non è così agevole per l’uomo, perché l’uomo non ha mai abbandonato la ‘pretesa di bene’ dimenticando che il bene è tale solo se rivela Dio. Così il mistero di Gesù si riflette nel mistero della vita del discepolo di Gesù. Ma se il discepolo, oltre allo slancio del cuore, avrà la pazienza di misurare le sue ‘idee’ fino ad accantonarle pur di accogliere la verità che viene da Gesù, a dispetto di ogni altra aspettativa, allora incomincerà a godere di quella ‘amicizia’ che lo mette a parte dei segreti di Dio. E una volta che si sente custodito in quella offerta di amicizia, non basterà il mondo intero a dissuaderlo, pur sapendo che sarà proprio la ‘debolezza’ di Dio a custodirlo e non la sua forza.