Terzo
ciclo
Anno
liturgico C (2009-2010)
Solennità
e feste
N.S. Gesù Cristo Re
dell’universo
34a
Domenica del Tempo Ordinario
(21
novembre 2010)
_________________________________________________
2Sam
5,1-3; Sal
121; Col 1,12-20; Lc 23, 35-43
_________________________________________________
“Sopra di lui c’era anche una scritta: costui
è il re dei Giudei”: è l’annotazione di Luca dopo il racconto degli scherni
sotto la croce da parte dei capi e dei soldati. Scritta, che le generazioni
cristiane hanno interpretato come ‘Costui
è il re della gloria’.
Il vangelo
presenta la crocifissione di Gesù secondo i possibili modi di contemplarlo
incarnati dai vari personaggi. Al centro, ci sono i due malfattori, l’empio e
il pio, che riassumono le due possibili visioni: l’empio si accoda, per motivi
suoi, alla visione di scherno dei capi e dei soldati; il pio invece sa scorgere
il mistero e si abbandona fiducioso.
Cosa ha
visto quel malfattore pio, che
l’iconografia cristiana rappresenta come colui che in paradiso aspetta
l’ingresso di tutti i santi, da indurlo a pregare quel condannato: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel
tuo regno”? Forse lo splendore di un’innocenza che si irradiava da Gesù e
che lui, così vicino, poteva vedere bene. Il fatto è che, di fronte a
quell’uomo ingiustamente condannato eppur così mite, vede la propria storia
rovinosa e senza perdersi in rivendicazioni ormai inutili, crudeli perfino,
accoglie in pace la sua sorte perché può aprirla su qualcosa di più grande. Con
la sua richiesta e la risposta di Gesù veniamo a sapere che il regno di Dio è
splendore di amore che si riversa sull’uomo, che Dio non rinuncia al suo amore
perché l’uomo è cattivo, che Dio si manifesta con il volto mite dell’amore,
proprio quando è rifiutato e calpestato, in attesa che l’uomo lo riconosca e ne
faccia la radice della sua vita e del suo tormento.
L’immagine
del buon ladrone è una di quelle immagini che svelano il paradosso del mistero
di Dio aperto sull’uomo. Il giudizio della croce non parla dell’ingiustizia
degli uomini, ma della giustizia di Dio. E la giustizia di Dio è esattamente
quella che rende noi, indegni, degni dello splendore del suo amore a tal punto
da farci partecipi di quella dinamica di amore da riversarla con lui sul mondo.
Nel giudizio universale rappresentato da Giotto nella Cappella degli Scrovegni
a Padova, ai piedi della grande croce (e quasi a darle gambe perché muova
incontro all’uomo) sta una piccola figura umana. Partecipa all’esaltazione
della croce: due grandi angeli la reggono e lui – se ne vedono i piedi, uno
scorcio del capo e le braccia – si stringe al cuore il dulce lignum. Un piccolo fragile uomo (buon
ladrone, cireneo, ciascuno di noi) che si è imbattuto in quell’Uomo, l’ha
riconosciuto Dio, gli si è affezionato: porta quindi il ‘giogo soave, il carico
leggero’, nella prospettiva alta della felicità, la
cui caparra è, qui e ora, la letizia dell’amore.
Secondo le
letture della liturgia della festa odierna, il regno che il Signore ci acquista
e che costituisce la nostra eredità (si veda la parabola del giudizio finale di
Mt 25, dove il re proclamerà: “Venite,
benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin
dalla creazione del mondo...”) è presentato in tre immagini:
a) come
un’alleanza, che il popolo riconosce nella decisione di Dio di pascere il suo
popolo (2Sam 5,2) e che si realizzerà nella carità svelata dal Figlio morto e
risorto;
b) come
splendore di riconciliazione ( “È
piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di
lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose ...”, Col 1,19-20)
che Gesù ci ottiene sulla croce, quando ci mette nella condizione di
partecipare alla santità di Dio che è amore per gli uomini. È la carità di Dio,
per noi, che si traduce in riconciliazione vicendevole, a livello della storia
e che parla della pacificazione tra il cielo e la terra, del fatto cioè che la
terra del nostro cuore diventa cielo dove Dio è adorato, goduto, condiviso in
fraternità;
c) come
comunione con lui, oltre ogni rivendicazione, sopraffatti dalla sua
misericordia: “In verità ti dico: oggi
con me sarai nel paradiso”. Nella nostra umanità, tribolata e pacificata,
il Signore ci permette di godere della comunione con lui.
Ogni
proclamazione di regalità che non partisse dalla croce non potrebbe convincere
i cuori perché non renderebbe ragione dell’immensità dell’amore di Dio per
l’uomo. Non per nulla il tono con il quale i capi, i soldati e il malfattore
empio, si rivolgono a Gesù sa di scherno, è crudele: non possono concepire
altra regalità se non nel registro della potenza. Il tono invece del malfattore
pio è mite, esprime tenerezza e sa riconoscere il mistero di quella regalità
così mal compresa. Ma è appunto un re del genere che la Chiesa contempla, è un
re del genere che la chiesa annuncia e che serve.
§^§^§
I TESTI DELLE LETTURE (dal “Messale
Romano”):
Prima Lettura 2Sam
5,1-3
Dal secondo libro di Samuèle
In quei
giorni, vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron,
e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava
Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu
pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”».
Vennero
dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il
re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron
davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 121
Andremo con gioia alla casa del
Signore.
Quale gioia,
quando mi dissero:
«Andremo
alla casa del Signore!».
Già sono
fermi i nostri piedi
alle tue
porte, Gerusalemme!
È là che
salgono le tribù,
le tribù del
Signore,
secondo la
legge d’Israele,
per lodare
il nome del Signore.
Là sono
posti i troni del giudizio,
i troni
della casa di Davide.
Seconda Lettura
Col 1,12-20
Dalla lettera di san Paolo apostolo
ai Colossési
Fratelli,
ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte
dei santi nella luce.
È lui che ci
ha liberati dal potere delle tenebre
e ci ha
trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
per mezzo
del quale abbiamo la redenzione,
il perdono
dei peccati.
Egli è
immagine del Dio invisibile,
primogenito
di tutta la creazione,
perché in
lui furono create tutte le cose
nei cieli e
sulla terra,
quelle
visibili e quelle invisibili:
Troni,
Dominazioni,
Principati e
Potenze.
Tutte le
cose sono state create
per mezzo di
lui e in vista di lui.
Egli è prima
di tutte le cose
e tutte in
lui sussistono.
Egli è anche
il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è
principio,
primogenito
di quelli che risorgono dai morti,
perché sia
lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto
infatti a Dio
che abiti in
lui tutta la pienezza
e che per
mezzo di lui e in vista di lui
siano
riconciliate tutte le cose,
avendo
pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose
che stanno sulla terra,
sia quelle che
stanno nei cieli.
Vangelo Lc 23,35-43
Dal vangelo secondo Luca
In quel
tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi
invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il
Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i
soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano:
«Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una
scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei
malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te
stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore
di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché
riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha
fatto nulla di male».
E disse:
«Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità
io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».