Terzo ciclo

Anno liturgico C (2009-2010)

Solennità e feste

 

Ss. Corpo e Sangue di Cristo

(6 giugno 2010)

 

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Gn 14,18-20;  Sal 109;  1Cor 11,23-26;  Lc 9,11-17

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L’origine di questa festa, propria dell’Occidente latino, va messa in rapporto con il possente risveglio della devozione eucaristica che dal secolo XII in poi si sviluppò, accentuando particolarmente la presenza reale di Cristo nel sacramento e quindi la sua adorazione. Furono le visioni di Giuliana di Cornillon, monaca agostiniana di Liegi, ad avere un influsso decisivo nell’introduzione della festività, che per la prima volta si celebrò nella diocesi di Liegi nel 1247. Urbano IV, già arcidiacono di Liegi e confessore di Giuliana, la prescrisse per tutta la Chiesa nel 1264.

Non credo sia possibile cogliere il senso del mistero dell’Eucarestia senza percepire distintamente e profondamente nel cuore l’eco delle parole di Gesù: “Quanto ho desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima di patire! Alleluia” (antif. ora terza). È il desiderio di Dio che va percepito. Come sempre, in un legame d’amore, ciò che più conta è il desiderio dell’altro per me. Il desiderio di Dio copre tutto lo spazio del mistero, l’attraversa e ne segna la dinamica di cui entrare a far parte.

Nell’inno ai vespri di questa festa si canta: “Frumento di Cristo noi siamo .... In pane trasformaci, o Padre, per il sacramento di pace: un Pane, uno Spirito, un Corpo, la Chiesa una-santa, o Signore”. E Francesco d’Assisi, nel suo commento al Padre Nostro, annuncia: "Il nostro pane quotidiano, il tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: in memoria, comprensione e reverenza dell'amore che egli ebbe per noi e di tutto quello che per noi disse, fece e patì".

La colletta della festa di oggi esprime assai bene il timbro eucaristico di tutta l’esperienza cristiana: “Dio, Padre buono, che ci raduni in festosa assemblea per celebrare il sacramento pasquale del Corpo e Sangue del tuo Figlio, donaci il tuo Spirito, perché nella partecipazione al sommo bene di tutta la Chiesa, la nostra vita diventi un continuo rendimento di grazie, espressione perfetta della lode che sale a te da tutto il creato”. Il mistero dell’eucaristia, dal punto di vista della chiesa che la celebra, si colloca al centro della sua azione e della sua tensione, della sua origine come del suo destino. Più la nostra vita diventa un continuo rendimento di grazie, perché trova il suo senso nella comunione con Dio e con tutti, del cui splendore l’eucaristia è la celebrazione stessa, più il desiderio di vita che ci abita e ci muove trova il suo fondamento e la sua realizzazione nella tensione al convito eterno, di cui l’eucaristia è l’anticipazione. Lo dice la preghiera dopo la comunione, quando chiede che l’intimità di vita con il Signore e l’unità con i fratelli siano godute finalmente in pienezza, senza ombre: “Donaci, o Signore, di godere pienamente della tua vita divina nel convito eterno, che ci hai fatto pregustare in questo sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue”.

Le letture di oggi colgono, del mistero eucaristico, la dimensione sacerdotale (Cristo sacerdote per sempre, nella figura profetica di Melchisedek), la dimensione sacrificale (“Questo è il mio corpo, che è per voi ... Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue ...”), la realtà mistica, prefigurata dal miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il mistero del Dono di sé da parte di Dio all’uomo costituisce l'oggetto proprio della tradizione della chiesa, come dice san Paolo: "Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso" (1Cor 11,23). Ha ricevuto e trasmesso il battesimo, nel quale viene confessato il dono di sé fatto da Dio all'uomo in Gesù Cristo e l’Eucaristia, il memoriale della passione e della risurrezione, insieme alla partecipazione attuale, esistenziale, personale, ecclesiale del credente alla Pasqua del Signore.

Accostiamoci ora al racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Anzitutto, il brano è incastonato tra l’invio degli apostoli a evangelizzare e a curare e la confessione dell’identità di Gesù da parte di Pietro. Il brano ha un’evidente connotazione messianica, anticipata dall’invio degli apostoli e seguita dal riconoscimento di Pietro. Siamo nel deserto, luogo di incontro con Dio; è imbandita la mensa del Signore, dove il cibo offerto da Dio è mangiato in sazietà (si veda l’episodio della manna nel deserto in Es 16,12; Sal 78,29; Gv 6); la sovrabbondanza è tale da avanzarne dodici ceste, perché a tutte le nazioni è destinato quel pane (si veda il miracolo di Eliseo in 2Re 4,43-44); la disposizione della gente richiama la disposizione ideale del popolo nel deserto (cfr. Es 18,21.25; 1Mac 3,55). Il racconto comporta pure un’evidente allusione liturgica eucaristica.

Gesù moltiplica i pani e i pesci, ma si lascia provocare dagli apostoli e affida a loro il compito di distribuirli alla gente. La Tradizione ha visto in questa distribuzione ad opera dei discepoli il ruolo dei ministri nella chiesa invitati a spiegare le Scritture come pane spezzato per nutrire l’intelligenza dei fedeli. Ma l’aspetto più misterioso risiede nel fatto che ci può essere intelligenza della Parola di vita solo in questo vicendevole servirsi comandato dal Signore Gesù. È la dimensione della fraternità che diventa il luogo dell’intelligenza della fede. E ciò che si partecipa nella condivisione, come ciò che si impara del mistero, è sempre la stessa cosa: entrare nella comunione con il Figlio di Dio dato per noi, renderci con il Cristo espressione di lode di tutto il creato senza più divisioni. È nel ‘dono di sé’ da parte di Gesù che gli uomini possono riconoscersi uniti e ritrovare l’energia santificante della comunione. In realtà è proprio questo l’aspetto più significativo del mistero dell’Eucaristia: l’Eucaristia fa l’unità, rende corpo unico, rende un cuor solo e un’anima sola. Quando il fedele risponde Amen all’invito del sacerdote: “Corpo di Cristo!” al momento della comunione, il significato è esattamente questo: sì, credo di far parte di quel Corpo e mi impegno a vivere in modo che quel Corpo non sia mai diviso, in modo da non separarmi mai da quel Corpo, in modo da non impedire a nessuno di vedere la bellezza di quel Corpo, in modo da favorire in ogni modo la fraternità in Cristo, perché a Dio sia riconosciuta la sua gloria.