Terzo ciclo
Anno liturgico B (2008-2009)
Tempo di Quaresima
1a Domenica
(1 marzo 2009)
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Gn
9,8-15; Sal 24; 1Pt 3,18-22;
Mc 1,12-15
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La colletta del mercoledì delle ceneri
riconduceva la disciplina penitenziale quaresimale al processo di una vera
conversione del cuore: “O Dio, nostro Padre, concedi al popolo cristiano di
iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione”. La colletta di
oggi fa pregare: “O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa quaresima,
segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di
crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una
degna condotta di vita”. Fin dall’inizio del cammino, tutto è orientato a quel
Signore Gesù, che per noi ‘patì, morì, fu sepolto, risuscitò rendendoci il suo
Spirito’.
E subito la liturgia pone davanti agli
occhi il brano delle tentazioni di Gesù nel deserto, come a sottolineare
l’aspetto drammatico della vita in Dio. Tanto più se consideriamo che il brano
delle tentazioni, assai sintetico in Marco, più narrativo in Matteo e Luca, è
strettamente collegato al battesimo di Gesù. È come se la ragione della
tentazione fosse fatta consistere nella verifica esistenziale
dell’affermazione: “Tu sei il Figlio mio,
l’amato; in te ho posto il mio compiacimento” (Mc 1,11). Noi facciamo
fatica a leggere le tentazioni e le prove della nostra vita in un’ottica
positiva, nell’ottica dello Spirito. In effetti, la tentazione non deriva
primariamente dal peccato, come fosse una semplice eredità del peccato. Se così
fosse, Gesù non sarebbe stato tentato perché non aveva peccato; Adamo non
sarebbe stato tentato perché godeva ancora della comunione con Dio. La
tentazione ha a che fare con la crescita, con la capacità di vivere una
relazione fino in fondo, fino a farla maturare in tutta la potenzialità di
amore e di gioia che comporta, fino a condividere quell’amore e quella gioia
con tutti, nonostante la fatica e l’afflizione che costituiscono come lo sfondo
dal quale emerge appunto lo splendore dell’amore.
Le tentazioni sono tese a confermare Gesù
dalla parte di Dio anche nella scelta delle modalità con cui rivelare la
potente salvezza divina, senza cedere ad alcun altro tipo di gloria, umana o
mondana, che l’avrebbe asservito al diavolo. Gesù, come Messia, serve Dio senza
che in lui si possa trovare qualcosa che appartenga a questo mondo. Se il mondo
è tutto ciò che si oppone all’amore del Padre e mortifica l’uomo, Gesù non è
proprio di questo mondo e quindi in lui non si trova nulla che abbia a che fare
con la gloria del mondo e del diavolo che ne dispone. Gesù ha vinto il mondo
perché il demonio non ha trovato in lui nulla che gli appartenesse (cfr. Gv
14,30). La vita sua, quindi, che sgorgava totalmente dal Padre, la ridà a noi
con il suo Spirito perché anche la nostra vita, non custodendo più pegni del
demonio, possa manifestare l’amore di Dio al mondo.
Marco sottolinea solo che alla fine dei
quaranta giorni Gesù “stava con le bestie
selvatiche e gli angeli lo servivano”. È l’allusione al paradiso ritrovato,
come descritto da Gen 1,28 e profeticamente preannunciato da Is 11,6-9.
Richiama tutta la tensione quaresimale della chiesa, consapevole che quel
paradiso sarà accessibile a partire dalla gloria che risplende dalla croce. In
quella tensione trovano posto tutte le pratiche tipiche della quaresima:
preghiera, digiuno, elemosina.
Se la chiesa, nella quaresima, invita a
patire un po’ la fame (digiuno di
cibo, elemosina di beni, preghiera come bisogno di verità) è perché, come dice
la preghiera dopo la comunione: “Il pane del cielo che ci hai dato ... ci
insegni ad aver fame di Cristo”. È il desiderio di crescere nella conoscenza
del suo mistero, che è anche rivelazione del mistero dei nostri cuori. E tale
desiderio corrisponde a quello che domandiamo nella preghiera sulle offerte:
“Si rinnovi, Signore, la nostra vita e col tuo aiuto si ispiri sempre più al
sacrificio, che santifica l’inizio della quaresima, tempo favorevole per la
nostra salvezza”. Come a dire: il rinnovamento di vita che domandiamo si
innesta nella capacità di vivere la vita in modo sacro, di vedere la vita
diventando percettivi del mistero di Dio e del suo amore per l’uomo che l’intesse
e che in Gesù risplende.
Gesù inizia la sua predicazione
proclamando: “Convertitevi e credete al
vangelo”. Ma qual è il vangelo annunziato da Gesù se non la rivelazione
dello splendore dell’amore del Padre per gli uomini, come poi la conclusione
del cammino quaresimale, nella celebrazione della Pasqua, farà scoprire? E la
novità evangelica, perenne novità divina per l’uomo, novità che risulterà
sempre tale rispetto a tutto ciò che il mondo può produrre, è proprio quella di
mostrare lo splendore dell’amore di Dio nell’umanità. Nell’umanità risplende la
presenza di Dio. Le opere quaresimali sono opere penitenziali solo quando e se portano a liberare il cuore da ogni
intralcio perché il dinamismo di questa rivelazione del Figlio di Dio si
esprima anche in me, nella mia umanità, e possa così far risplendere la
presenza del suo amore in questo mondo. Il digiuno libera il cuore
dall’asservire il mondo al corpo e al suo piacere; l’elemosina libera il cuore
dalla prevaricazione contro gli altri imparando a stare solidali in umanità; la
preghiera libera il cuore dall’illusione del mondo per volerlo trasfigurato
dalla luce di Dio.
Buon cammino quaresimale a tutti.