Terzo ciclo
Anno liturgico B
(2008-2009)
Tempo
Ordinario
18a
Domenica
(2 agosto 2009)
_________________________________________________
Es 16,2-15;
Sal 77; Ef 4,17-24; Gv 6,24-35
_________________________________________________
La chiesa sosta in queste
domeniche sul cap. 6 di Giovanni. Oggi inizia il dialogo serrato ed esigente di
Gesù con la folla, che aveva assistito al miracolo della moltiplicazione dei
pani, nel tentativo di dar conto del mistero della sua persona. É tipico di
Giovanni formulare la verità su Gesù attraverso un dialogo che, mentre allude
all’esperienza della storia dell’alleanza con Dio di Israele, fa emergere gli
aneliti e i sogni dei cuori. Il colloquio al pozzo di Giacobbe con la donna
samaritana ne è un esempio.
Ogni dettaglio della narrazione
ha una densità insospettata. All’inizio troviamo una folla smarrita: non trova
più Gesù, che si è ritirato in solitudine sul monte. La ragione è da ricercarsi
nel fatto che i discepoli hanno abbandonato il maestro e se ne sono andati senza
di lui. La gente non sa più dove trovare il Signore quando la sua comunità
l’abbandona.
Ritornano allora a Cafarnao, da
dove erano partiti. Cercano Gesù perché sentono che quel profeta ha qualche
cosa da dire da parte di Dio, dentro quella storia di alleanza con Dio che
tutti condividono. Gesù li rincalza nelle loro domande per portarli a vedere il
dono di Dio che sta avvenendo e di cui essi non si avvedono. Primo passaggio:
Gesù sposta l’attenzione dal cibo come alimento di vita alla vita che il cuore desidera.
Dichiara subito che quella vita la darà lui sul quale il Padre ha posto il suo
sigillo. Ma il ‘sigillo’ è lo Spirito Santo che su di lui riposa in pienezza e
che lo rende capace di dare la sua vita perché si manifesti quanto è grande
l’amore di Dio per gli uomini e perché gli uomini tornino capaci a loro volta
di dare la vita nella stessa sua dinamica di amore.
Secondo passaggio: dalle opere
all’unica opera. La gente capisce che Gesù si attribuisce un compito che viene
da Dio e chiede di venire istruita su ciò che è gradito a Dio. La singolarità
della risposta di Gesù sta nel fatto che Gesù non indica alcuna nuova legge o
comandamento da attuare. Come a dire: il cuore non troverà il compimento dei
suoi desideri nelle opere. Un’opera sola ricerca Dio: credere in Colui che egli
ha mandato. Ma credere a Dio significa accogliere il suo amore per l’uomo,
manifestato nel Figlio, al punto da non poter vivere che di quell’amore, che
dentro quell’amore, che dà senso a tutte le opere che posso intraprendere. Non
sono però le opere a precedere, ma l’amore di cui queste si nutrono. E senza
questa esperienza le opere non porteranno gioia e non si risolveranno in
conoscenza amorosa di Dio. La domanda della folla “che cosa dobbiamo compiere
per fare le opere di Dio?” potrebbe essere resa: “Come vivere in concreto il
comando dell’amore?”, tenendo presente che l’unica possibilità per l’uomo resta
quella offerta da Gesù: l’unione con lui comunica la vita di Dio al mondo.
Terzo passaggio: come ci si può
sincerare dell’offerta di Gesù? Dio aveva dato la manna al popolo confermandosi
così il loro Dio, secondo il racconto dell’Esodo, ripreso anche dalla prima
lettura. E Gesù cosa dà? La risposta di Gesù introduce al suo mistero, che è il
mistero dell’amore di Dio per il mondo. Ogni dettaglio acquista qui una
risonanza particolarissima: gli aggettivi, i verbi, le espressioni. Gesù
sottolinea il dono attuale di Dio: “vi dà il pane dal cielo”; è il
“Padre mio” che vi dà il pane; è ‘il pane di Dio’ e non più solo il ‘pane dal
cielo’; è il ‘pane della vita’ perché lui è ‘colui che discende dal cielo e dà
la vita del mondo’, cioè la sua, quella piena di Spirito Santo, di cui fa dono
facendo dono di se stesso.
Quarto passaggio, che ho già
anticipato sopra: come non volere questo pane? Ma il pane non è più qualcosa,
non si riferisce più a un prodigio: riguarda la sua persona, riguarda il
prodigio dell’amore di Dio che nel Figlio fa grazia di sè agli uomini perché
gli uomini possano, nel Figlio, fare grazia di loro a tutti e così far splendere
la signoria di Dio nel mondo, ormai trasfigurato nello Spirito. A questo punto
si intravede tutta la rischiosità e la radicalità del passaggio: dare fiducia
al Signore, all’amore del Signore, consegnandosi a quel Figlio che promette
libertà, verità e vita. Qui i cuori comprendono di essere sull’orlo
dell’abisso: o ti trattieni nelle tue sicurezze di un tempo o ti abbandoni ad
una fiducia che senti nascere ma di cui non sei per nulla padrone.
L’esito non è scontato. Alcuni
rinunciano, alcuni accettano; di quelli che rinunciano, alcuni accetteranno
poi; di quelli che accettano, alcuni lasceranno dopo. Resta comunque sempre
l’offerta del Signore che non si stanca dei suoi figli e di cui ricerca sempre
l’adesione del cuore. Nel racconto di Giovanni, la folla rivela molto bene i
desideri che portiamo in cuore, senza però alla fine trovare soddisfazione:
l’urgenza etica per una qualità di vita accettabile, l’apertura al mistero di
Dio che si manifesta, la fame del pane della vita. Gesù però si darà premura di
illustrare sempre più precisamente il senso del mistero della sua persona come
risposta a quei desideri.