Terzo ciclo
Anno liturgico B (2008-2009)
Solennità e feste
Tutti i Santi
(1 novembre 2009)
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Ap
7,2-14; Sal 23; 1 Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
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L’immagine di fondo che caratterizza la
liturgia di oggi è quella della comunità umana unita come famiglia di Dio,
nella lode e nell’adorazione dell’unico Dio e Salvatore, in una gioia
perfettamente condivisa tra gli uomini, gli angeli e Dio stesso. Lo sguardo
della Chiesa non è però attirato come da un punto di fuga situato oltre la
storia, come si trattasse di riempirsi gli occhi con una visione consolatoria.
La sua visione parla di un’esperienza quotidiana; parla di realtà ultima ma
vicina, più ‘reale’ delle cose di tutti i giorni: un mondo che interpella e
invita con soave insistenza. Parla al cuore degli aneliti che lo assillano,
delle radici che lo costituiscono, delle tensioni che lo lavorano, dei desideri
che l’abitano.
Mi piace riandare all’esperienza
esaltante degli abitanti di Siena nel 1311 quando l’enorme pala (tre metri per
cinque) della Maestà di Duccio da
Buoninsegna fu scortata dalla bottega dell’artista alla cattedrale in trionfo,
tra gli applausi della cittadinanza e posta sull’altare. La visione di tutti
quei santi schierati a destra e a sinistra del trono dove, in Maria, la natura
umana viene rivelata come degna dimora dello Spirito, portatrice del Figlio
dell’Altissimo, doveva suscitare l’impressione di trovarsi già partecipi della
loro compagnia e del loro tripudio. Oggi, forse, non avvertiamo più
l’attrazione del cielo allo stesso modo, ma la speranza, di cui era portatrice
quell’attrazione, è ancora necessaria per vivere e cogliere il senso della
nostra vita.
Per noi, oggi, la comunità dei santi
attorno all’Altissimo, riuniti nella stessa lode e nella stessa gioia, fornisce
come le coordinate di senso alla responsabilità della vita terrena. Non abbiamo
altro modo di sconfinare nell’eterno se non quello di giocare la nostra vita terrena,
secondo tutto lo spessore di dignità che comporta. L’immagine chiave di tale
dignità è la realtà degli uomini come ‘figli di Dio’: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è
stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi
saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa
speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro”. Quello che siamo,
siamo chiamati a diventarlo: è tutto il senso della vocazione umana. La stessa
Eucaristia non è che la celebrazione di questo mistero.
Chi sono i figli di Dio? Sono coloro
che lo Spirito di Dio guida - risponde tutta la tradizione della chiesa. E le
beatitudini sono le vie che lo Spirito di Dio fa percorrere per essere trovati
in quel Figlio, che è la rivelazione dell’amore di Dio per gli uomini. Così, la
‘purificazione’, necessaria perché oggi non vediamo ancora Dio com’è, vale a
dire in tutto il suo immenso amore per l’uomo, riguarda l’accesso alla
condivisione dell’intimità di Gesù con il Padre nello Spirito Santo. Come
suggerisce il versetto dell’alleluia, l’amore di Dio si traduce in un Volto,
quello di Gesù che rivela il mistero del Padre: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò
ristoro” (Mt 11,28). Il vangelo delle beatitudini esprime le modalità
concrete per l’uomo di condividere il far grazia di Sé da parte di Dio
all’umanità in Gesù. Quando Gesù proclama: ‘beati i poveri … beati i miti … beati i perseguitati per causa della
giustizia’ allude alla sua beatitudine, quella che scaturisce dall’intimità con
il Padre, di cui condivide la passione e la gioia di stare con gli uomini. E
sarà quella beatitudine condivisa, anche se appena percettibile ai nostri cuori
induriti e ribelli, a risanarli in profondità, a rimetterli in grado di vivere
secondo tutte le loro potenzialità, in totale fraternità e trasparenza, secondo
la dignità di figli di Dio.
Una doppia corrispondenza risalta dalle
preghiere della liturgia: 1) quella di terra/cielo, come è espressa nella
preghiera del Padre Nostro: sia fatta la
tua volontà come in cielo così in terra. Da intendere: possiamo
sperimentare, tutti insieme, qui sulla terra, la potenza dell’amore di Dio che
salva, come è goduta in cielo (cfr. la lettura dell’Apocalisse), fin tanto che
la nostra terra diventi tutta cielo; 2) mensa eucaristica/banchetto celeste:
l’una richiama l’altro e il secondo non può essere espresso che con il
riferimento alla prima. Da intendere: l’uomo nutrito di Cristo può godere tutto
l’amore di Dio fino a che esso si traduca nella tensione suprema del cuore e
nella visione degli occhi, sulla terra come in cielo.
La fatica terrena della ‘purificazione’
è tesa a permettere al cuore di godere del ristoro
promesso da Gesù:
- beati
i poveri: beati coloro che non fanno consistere
la loro ricchezza che nell'essere figli di Dio, che non hanno nulla di più caro
al mondo se non quel Figlio che ha loro manifestato l'amore grande di Dio per
l'umanità
- beati
gli afflitti: beati coloro che non hanno lacrime
più amare di quelle versate quando dovessero allontanarsi dall'agire come figli
di Dio e, pentiti, ritornano al loro Signore, ritrovando la consolazione della
solidarietà con Dio e con gli uomini
- beati
i miti: beati coloro che con pazienza
sopporteranno ogni prova per non venir meno al loro essere ed agire come figli
di Dio, fin tanto che la terra del loro cuore sarà tutta diventata cielo
- beati
quelli che hanno fame e sete della giustizia:
beati coloro il cui unico tormento è quello di perseverare nella fedeltà all'essere
figli di Dio, fin tanto che il volto di Dio si manifesti al loro cuore e li
consoli
- beati
i misericordiosi: beati coloro che, avendo sperimentato
quanto è grande l'amore di Dio che li ha resi figli suoi, per sua sola
misericordia, saranno capaci di estendere a tutti la possibilità di tale
esperienza aprendo il loro cuore al perdono
- beati
i puri di cuore: beati coloro che avranno sperimentato
la luce dell'amore di Dio in modo da collocare i loro cuori nella luce e poter
vedere tutto in questa luce.
- beati
gli operatori di pace: beati coloro che, come figli di Dio,
vivono nella dinamica dell'amore di Dio per gli uomini che vuole tutti
riconciliati; beati coloro che non hanno altro scopo nel loro vivere se non di
perseguire questa pace ottenutaci dal Figlio di Dio
- beati
i perseguitati per causa della giustizia: è
l'ottava beatitudine, quella che ingloba le altre nel senso che di tutte
rappresenta la condizione suprema: qualsiasi cosa abbiate a soffrire , non vi
turbi e non vi distolga dalla volontà di vivere da figli di Dio, fiduciosi
nella promessa del Signore, nella sua parola che è potente, cioè capace di far
vivere quello che indica.