Terzo ciclo
Anno liturgico B (2008-2009)
Solennità e feste
Maria ss. Madre di
Dio
(1 gennaio 2009)
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Nm
6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7;
Lc 2,16-21
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Il primo gennaio, capodanno, coincide
con l’ottava del Natale. La Chiesa festeggia, da una parte, la gloria della
madre nella sua divina maternità venerando la Vergine con il titolo di ‘madre
del Cristo e di tutta la chiesa’, come recita la preghiera dopo la comunione
espressamente voluta da papa Paolo VI e, dall’altra, la verità
dell’incarnazione del Figlio di Dio facendo memoria del rito della
circoncisione e dell’imposizione del nome al bambino nell’ottavo giorno.
Consacrando poi la giornata all’intercessione per la pace, la chiesa annunzia
al mondo che in Cristo è fatta pace tra cielo e terra e che la pace tra gli
uomini ne è come il riverbero, lo splendore di benedizione.
È in onore della solenne proclamazione
del titolo di ‘Theotokos’ al concilio di Efeso del 431 che papa Sisto III, a
Roma, restaura l’antica basilica sul colle Esquilino consacrandola alla Vergine
Maria, basilica che ancora oggi si chiama Santa Maria Maggiore, essendo la
prima chiesa in occidente ad essere dedicata alla madre di Dio.
Una composizione liturgica bizantina fa
cantare la chiesa esultante per la nascita del suo Salvatore dal seno della
Vergine: “Che cosa ti offriremo, o Cristo? Tu per noi sei apparso, uomo, sulla
terra! Ciascuna delle creature da te fatte ti offre il rendimento di grazie:
gli angeli, l’inno; i cieli, la stella; i magi, i doni; i pastori, lo stupore;
la terra, la grotta; il deserto, la mangiatoia; ma noi ti offriamo la Madre
Vergine”.
Dal Padre, che ha benedetto la Vergine
Maria, la quale porta ed ha dato alla luce il Benedetto, discende per noi ogni
benedizione. Se la formula di benedizione riportata nel libro dei Numeri
concerne Israele, il salmo 66 la estende a tutta l’umanità perché ormai colui,
che del Padre è lo splendore, è nato per noi. In lui si concentra la pienezza
di benedizione, in lui che è nato nella pienezza dei tempi, come dice
l’apostolo. Ciò significa che la sua benedizione copre tutti i tempi e
contemporaneamente ogni genere di tempo, tutto il tempo della vita in tutte le
situazioni possibili. Quando il canto al vangelo proclama: “Dio ha parlato ai
padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi
per mezzo del Figlio” allude non semplicemente al fatto che colui che era stato
annunciato dai profeti è venuto, ma che in lui si compiono tutte le possibilità
dei tempi.
La realtà dell’incarnazione comporta
anche la variabile tempo. Ogni cosa ha il suo tempo, ogni cosa ha bisogno del
suo tempo. Anche la Vergine Maria ha avuto bisogno di tempo per assuefarsi all’agire di Dio. Il brano evangelico
la descrive come colei che “custodiva
tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. Evidentemente perché anche
per lei la realtà non svelava il suo mistero di colpo. I due verbi, custodiva e meditando significano più direttamente: teneva se stessa e queste
cose insieme in cuore, facendole rimbalzare l’una sull’altra in modo da
ottenerne una visione d’insieme. Sono termini che illustrano il metodo di
lettura delle Scritture: una parola si illumina con un’altra parola ed il senso
che ne scaturisce si riverbera nel cuore aprendo la parola al cuore e il cuore
alla parola. E non se ne tralascia nessuna: tutte
queste cose del testo sono sia le parole udite (dall’angelo, dai profeti,
dai pastori) sia gli eventi successi; non si cerca solo quella adatta a me, ma ci si adatta a loro
tutte, insieme. Non si preferisce un tempo (il tempo della gioia, del
godimento), ma si tengono insieme tutti i tempi (anche il tempo del dubbio,
dell’afflizione). Allora, poco a poco, anche al nostro cuore si svelerà quella
benedizione che Dio ha posto sull’umanità e la vita tornerà a splendere della
presenza del nostro Dio.
Nessuno meglio della Vergine Maria ha
visto l’estensione e la profondità della benedizione di Dio sull’umanità. “Così porranno il mio nome e io li benedirò”
dice il testo dei Numeri, come a dire: lascia che si ponga su di te una sua
parola, la sua Parola e lei sarà la tua benedizione, ti custodirà e ti terrà
compatto, dentro un’intimità, alle radici del cuore, come è avvenuto per la
Vergine Madre di Dio.
La colletta, quando prega: “Padre
buono, che in Maria, vergine e madre, benedetta fra tutte le donne, hai
stabilito la dimora del tuo Verbo fatto uomo tra noi…”, riprende la
dichiarazione di Giovanni: “E il Verbo si
fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14). Ma anche la
promessa di Gesù ai discepoli: “Se uno mi
ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e
prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). La benedizione di Dio per
l’uomo consiste proprio nel suo dimorare fra noi, in noi. L’aspetto
straordinario, sconvolgente, dell’amore di Dio per l’uomo, che però spesso
nemmeno siamo più capaci di percepire, è dato dal fatto che possiamo essere
accolti in quella stessa intimità di vita e di relazione che esiste tra il Padre
e il Figlio e che ci è fatto dono di quella stessa intimità. Sembra strano, ma
soltanto da dentro quella intimità possiamo sperare di compiere la volontà del
Padre nella nostra vita e sentirci avvolti dalla sua benedizione. Se prima non
si gusta la volontà di benevolenza di Dio nei nostri confronti, che si esprime
nella benedizione che è il Cristo per noi, datoci dalla Vergine Maria, come
poter arrivare alla gioia dell’osservanza dei comandamenti? Se non capiamo come
Cristo non antepose nulla all’amore per noi, come possiamo noi non anteporre
nulla all’amore per Cristo e ritrovarci amati dal Padre, che nel suo Figlio ha
posto tutto il suo compiacimento? Il mistero della benedizione di Dio sull’uomo
sta tutto qui e tutta la vita della Vergine, come il suo parto prodigioso, è lì
a dimostrarlo.