Terzo ciclo
Anno liturgico B (2008-2009)
Solennità e feste
Immacolata Concezione
(8 dicembre 2008)
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Gn
3,9-15.20; Sal 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38
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La benedizione che Paolo implora ed
annuncia nell’esordio della sua lettera agli Efesini ha ricoperto e intriso in
modo singolare la Tutta Santa, la Vergine Maria. In lei quella benedizione si
fa così concreta che prende addirittura corpo: da lei nasce il Salvatore, che
costituisce la Benedizione di Dio
sugli uomini, benedizione oltre la quale non c’è nulla di prezioso da
desiderare. La tradizione venera la Vergine come “la madre del creatore di
tutte le cose, colei che ha divinizzato il genere umano e ha divinizzato la
terra, che ha fatto di Dio il figlio dell’uomo e ha reso gli uomini figli di
Dio”.
La benedizione ha raggiunto l’umanità
della Vergine in modo così singolare da renderla tanto ‘umanamente piena’ da
essere degna dimora per il Figlio, come proclama la colletta: “O Padre, che
nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il
tuo Figlio, e in previsione della morte di lui l’hai preservata da ogni macchia
di peccato, concedi anche a noi, per sua intercessione, di venire incontro a te
in santità e purezza di spirito”. La sua umanità, in tutte le sue fibre, è
andata incontro al Signore in santità e purezza di spirito ed è diventata degna
dimora del Figlio. Della sua umanità siamo fatti anche noi, condividiamo con il
suo Figlio la stessa umanità perché anche noi, come è nel disegno divino della
creazione fin dall’inizio, possiamo tornare a far splendere e a far godere nel
mondo la stessa benedizione, la dimora di Dio in mezzo a noi.
A differenza di noi, la Vergine non è
caduta nell’inganno che tormenta i figli degli uomini, inganno che presenta il
brano della Genesi. Anche lei è stata duramente provata nella sua umanità: con
l’offerta della sua umanità ha permesso all’amore di Dio, nel suo Figlio, di
svelarsi al mondo; ha conosciuto la sofferenza dell’amore con il suo Figlio e
ora accompagna ogni sofferenza umana perché venga aperta all’esperienza
dell’amore. In lei la sofferenza non ha generato ribellione, il dramma non ha
velato la fede, il desiderio non ha compromesso l’amore, l’agire non ha
macchiato la coscienza. E questo perché l’unico rimedio all’inganno è “andare
incontro al Signore”, così tipico dell’anima della Vergine.
L’uomo, invece, si dibatte
nell’inganno: la nostra individualità ce ne certifica la compromissione con la
ribellione, mentre la sofferenza della nostra umanità svela faticosamente le
tracce della nostalgia di Dio. Se rifacessimo a ritroso il tragitto delineato
dal colloquio nel giardino tra Dio e i progenitori dopo la trasgressione, ci
ritroveremmo nuovamente in una umanità condivisa e goduta insieme a Dio e a
tutti i fratelli. Dio proclama l’inimicizia tra satana e la donna, simbolo
contemporaneamente di Maria e dell’umanità: la possibilità dell’inganno è
sempre reale, ma quell’inimicizia dichiarata da Dio salvaguarda la nostra
umanità, che non può trovare beatitudine nell’inganno e quindi non potrà
compiersi stando dalla parte dell’avversario. Perciò, quando l’uomo cede
all’inganno, trasgredendo la parola del Signore rivolta al suo cuore, si perde,
va in frantumi dentro e non può vivere che in contraddizione, da antagonista,
da avversario a sua volta, sia dentro di sé che fuori di sé, sia con gli uomini
che con gli eventi. Quale sofferenza! Ma la causa è una sola: l’uomo ha ormai
paura di Dio, perché ha vergogna della sua ‘nudità’, della sua perdita di
innocenza. E l’inganno più tremendo è quello di rimuovere la paura di Dio
allontanando la vergogna ma per acconsentire semplicemente alla legge del più
forte, fonte di illusione e di ingiustizia. Se però l’uomo sa ascoltare
l’invito di Dio: “dove sei?”, che continuamente bussa al suo cuore, senza tener
conto della sua paura, allora ritorna all’albero della vita, il Cristo Signore,
per vivere nella sua umanità la dimora di Dio, fonte di beatitudine. La Vergine
è proprio colei che di quella dimora di Dio ha fatto tutto lo scopo della sua
vita, tutto il desiderio della sua umanità. L’esperienza di cui è stata
gratificata può diventare, nel suo Figlio, accessibile a tutti e a ciascuno.
Lei proclama: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”.
Come a dire: Dio solo sia benedetto, si realizzi la sua promessa, si manifesti
in me, finalmente e compiutamente, il suo Bene all’umanità! Proclamandosi serva
del Signore esprime il suo desiderio della dimora di Dio in mezzo agli uomini,
di cui tutto il suo essere è testimonianza e intercessione per l’umanità
intera. Ma esprime anche la preghiera di ogni credente, di ogni discepolo del
Signore: avvenga per me secondo quello che hai stabilito fin dall’eternità, si
compia in me quello che dalla fondazione del mondo hai promesso all’umanità, si
veda realizzato in me quel Regno che nel tuo Figlio hai fatto venire.
La Vergine Immacolata è anche chiamata Signora nostra. Un passo di un’omelia di
Gregorio Palamas ne spiega la portata: “ ... signora non solo in quanto libera
dalla servitù e partecipe della divina signoria, ma anche perché fonte e radice
della libertà del genere umano, soprattutto dopo il parto, ineffabile e beato”
(Omelia 14). Così, se l’uomo vuole accedere al regno della libertà, non ha che
da guardare a questa sua sorella, al suo mistero, alla sua storia, alle sue
emozioni, ai suoi dolori, al suo amore perché in lei ritrova tutto il mistero
dell’amore di Dio per l’uomo. E non si può vivere l’amore senza libertà. Nella
sua grandezza non cessa di essere sorella nostra, come nella nostra miseria noi
non cessiamo di essere oggetto dell’amore di Dio. Il suo avere il Signore con
lei è motivo di fiducia per noi di trovarlo, di essere accompagnati a lui, di stare
in sua compagnia. Il Signore è con te
diventa, nella nostra preghiera: ‘tu, che hai il Signore, supplicalo perché sia
anche con noi, ora e sempre!’.