Terzo ciclo
Anno liturgico B (2008-2009)
Solennità e Feste
Ss. Cuore di Gesù
(19 giugno 2009)
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Os
11,1-9; Is 12,2-6; Ef 3,8-19;
Gv 19,31-37
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Il simbolo più eloquente dell’amore di
Dio per l’uomo, almeno nella liturgia latina, è il ‘sacratissimo cuore di Gesù’
che la lancia del soldato apre sul mondo, spalancando sull’universo il segreto
di Dio. L’antifona d’ingresso della festa del S. Cuore canta: “Di generazione in generazione durano i
pensieri del suo cuore, per salvare dalla morte i suoi figli e nutrirli in
tempo di fame”, eco del salmo 32 là dove proclama: “Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei
popoli. Ma il disegno del Signore sussiste per sempre, i progetti del suo cuore
per tutte le generazioni”. Il piano del Signore è la sua determinazione
all’amore per l’uomo, una determinazione che non si lascia vincere da nessuna
diffidenza e cattiveria. Dio resta solidale con l’uomo comunque. Il Cuore di
Gesù svela questo ‘piano’ e lo rende noto a tutti, a chiunque, per sempre.
Tuttavia, se considero il mio proprio
cuore, non posso non domandarmi: cosa non mi convince dell’amore di Dio per
noi? Perché resto così insensibile davanti alle prove del suo amore, davanti al
suo cuore spalancato? I comandamenti del Signore, rispetto alla sapienza del
mondo che pervade la nostra carne, non hanno spesso quella risonanza per la
quale non ci sentiamo attirati, ma come impauriti, respinti? Eppure, come dice
misteriosamente il profeta Zaccaria: “Riverserò
sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di
grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto” (Zc
12,10) che Giovanni evangelista interpreta come figura della morte in croce di
Gesù. È proprio Dio che si lascia trafiggere e la salvezza viene dal fatto di
guardare a lui trafitto con altri occhi. Non c’è altra strada per convertirsi,
per credere. Non è sdegnandosi con se stessi o sognando una giustizia superiore
che il cuore attinge al mistero di Dio, ma solo commuovendosi davanti ad un
amore così toccante che ti rende prezioso nonostante la tua indegnità.
Lo rivela la testimonianza di Giovanni.
La sua annotazione da testimone oculare (“uno
dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua”)
non si riferisce semplicemente al fatto visto, ma al significato del fatto, che
corrisponde a quanto all’inizio del suo vangelo aveva scritto: “noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di
verità”. Il cuore squarciato illustra quella ‘gloria’ e il fatto viene
narrato perché anche chi legge possa ritrovarsi nella stessa esperienza del
discepolo prediletto. Non si tratta di una informazione di cronaca, ma dello
svelamento di un segreto capace di rinnovare tutta la vita. Quella gloria
appare a chi guarderà verso quel ‘trafitto’ sentendosi trafitto dalla intensità
del suo amore e dal dolore di non averlo compreso prima. Vedremo allora, come
dice il profeta Osea, l’opera di Dio per noi (“A Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non
compresero che avevo cura di loro… ero per loro come chi solleva un bimbo alla
sua guancia…”). Così prega la colletta: “Padre di infinita bontà e
tenerezza… donaci di attingere dal Cuore di Cristo trafitto sulla croce la
sublime conoscenza del tuo amore”.
Di s. Francesco di Assisi, assimilato
al Cristo anche per le sue stimmate, si riporta il sogno rivelatore di due
eretici, poi convertiti. Avevano visto il Signore Gesù chinarsi sul petto di
Giovanni e questi a sua volta su quello di Gesù. Ad un certo punto, Gesù aprì
con le sue stesse mani la ferita del costato e vi apparve perfettamente
visibile san Francesco, all’interno del petto di nostro Signore; poi Gesù
chiuse la sua ferita e vi rinchiuse san Francesco (FF 2547). Ma di Francesco si
dice che avesse costantemente davanti agli occhi il suo dolce Gesù, crocifisso:
“I frati che vissero con lui, inoltre sanno molto bene come ogni giorno, anzi
ogni momento affiorasse sulle sue labbra il ricordo di Cristo; con quanta
soavità e dolcezza gli parlava, con quale tenero amore discorreva con Lui. Era
davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle
labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte
le altre membra (FF 522).
L’invito alla fede da parte di Giovanni
evangelista nel riportare l’episodio della lancia che squarcia il costato di
Cristo allude all’esperienza di ‘visione’ dell’amore di Dio per noi che
proietta la vita in spazi assolutamente nuovi, fino ad allora impensabili. Non
è che l’uomo abbia motivi così evidenti per amare Dio; ma se sosta in preghiera
quei motivi appaiono al cuore e tutti si riducono all’esperienza del venir come
‘rinchiusi’ nel fianco aperto di Cristo, spalancato sul mondo, resi ormai suoi
compagni di testimonianza dello splendore dell’amore di Dio per l’uomo.