Terzo ciclo

Anno liturgico B (2008-2009)

Tempo di Avvento

 

3a Domenica

(14 dicembre 2008)

 

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Is 61,1-2.10-11;  Sal da Lc 1,46-55;  1Ts 5,16-24;  Gv 1,6-8.19-28

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Come Marco e a differenza di Matteo e Luca, Giovanni non narra l’evento della nascita di Gesù a Betlemme. Il suo sguardo si spinge oltre, fino ai confini della storia, oltre la storia. Giovanni risale alla storia eterna dell’amore di Dio per gli uomini: “In principio era il Verbo…” per arrivare ad annunciare: “E il Verbo si fece carne ... e noi vedemmo la sua gloria” (Gv 1,1.14). Il Battista è il primo testimone di quella gloria che via via apparirà anche agli apostoli, a tutti i discepoli e ai seguaci loro, fino a noi, fino alla fine del mondo.

La chiesa, convinta dalla testimonianza del Battista, intravede già l’azione del Messia di cui a breve celebrerà il natale e la riassume in un unico movimento, quello della letizia. Tutta la liturgia di oggi è un assaggio di quello che sarà rivelato al mondo con la nascita dell’Emmanuele, il Dio con noi. L’antifona di ingresso risuona gioiosa: “Rallegratevi sempre nel Signore”. La colletta fa pregare: “Guarda, o Padre, il tuo popolo, che attende con fede il Natale del Signore e fa’ che giunga a celebrare con rinnovata esultanza il grande mistero della salvezza”. Il brano di Isaia descrive ‘il lieto annunzio’ di cui è portatore l’Inviato di Dio. Il salmo responsoriale fa gridare: “la mia anima esulta nel mio Dio”. Paolo esorta: “State sempre lieti”.

Da oggi, per la liturgia, la vigilanza si fa presagio di letizia. Quando il profeta Isaia rivela i segni di riconoscimento dell’Inviato di Dio al suo popolo, tutti si possono ricondurre al movimento della letizia, nel senso che la sua azione sarà quella di rallegrare, di guarire, di liberare, coloro che sono miseri, feriti, schiavi e prigionieri. Sarà la risposta di Dio al tormento del cuore dell’uomo, all’afflizione della vita, all’oppressione del cuore. Preparare le vie al Signore, da questo punto di vista, significa predisporsi all’esperienza della letizia dall’alto. Quando, con la nuova colletta, preghiamo di avere un cuore puro e generoso, intendiamo pregare perché il Signore ci disponga all’esperienza della letizia, di cui la Madre di Dio è la figura per eccellenza con il suo canto del magnificat, che la chiesa oggi con lei ripete nel salmo responsoriale.

Ma qual è la radice della letizia? - sembra la domanda che trapela da tutta la liturgia. Per quanto desiderabile, non sembra proprio che la letizia sia così facilmente afferrabile in questo mondo. La testimonianza del Battista è estremamente rivelatrice: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me”. Come a dire: colui che induce alla letizia è tra di voi, ma voi non lo distinguete; solo quando lo si conoscerà, sgorgherà la letizia che trasfigura il mondo. Fino ad allora, vale il pentimento per la conversione, di cui il battesimo nell’acqua è il segno. Come tutta la storia dello stesso Battista e degli apostoli mostrerà e come tutta la nostra vicenda personale conferma, il mistero della persona di Gesù, il Messia che viene a liberare e rallegrare, non si rivela al nostro cuore, nella sua potenza di redenzione, in un momento. C’è un momento per l’incontro, allorquando il fascino della sua grazia e la letizia che scatena tocca il nostro cuore, come lo è stato per il Battista, per gli apostoli, per i suoi discepoli. Ma per la conoscenza di lui non basterà la vita, che però non potrà più essere vissuta se non nella sua luce.

Quando Paolo esorta i credenti: “State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie”, illustra la fede nel Signore Gesù come esperienza di letizia. Chi ha percepito l’amore di benevolenza di Dio sul mondo, di cui Gesù è il testimone e il rivelatore, può vivere nella letizia, diventa capace di accogliere il suo Dio nella preghiera e non ha più bisogno di rivendicare nulla perché rende grazie in ogni cosa. Il legame tra queste tre cose è tanto forte che ognuna, praticata in sincerità, fa ottenere anche le altre due: chi vuole rendere grazie in ogni cosa si ritroverà presto guarito e liberato da ogni forma di pretesa e potrà godere dell’intimità che sogna e della gioia a cui anela. Chi prega in sincerità ritroverà la libertà interiore per stare lieto e vivere la vita in eucaristia, in rendimento di grazie. Ma la letizia che fa vivere è quella che germoglia, come dice il profeta Isaia, dall’incontro con colui che scopro essere il mio Salvatore, col quale attraversare dolori e fatiche della vita.

Si può rilevare un particolare denso di mistero nel vangelo di Giovanni. Il Battista, rispondendo a coloro che gli chiedono conto della sua identità davanti al popolo, non si dà un nome suo, ma si definisce solo in rapporto al Cristo: ‘voce che grida’, come più avanti si definirà ‘amico dello sposo’. Né la Vergine né lo stesso evangelista vengono chiamati col loro nome, ma solo in rapporto a Cristo: ‘la madre di Gesù’, ‘il discepolo che Gesù amava’. Una grande lezione di santità: le persone più vicine a Cristo sono quelle che lasciano che il Cristo traspaia in loro e proprio questo costituisce la loro identità nella quale leggere e comprendere la loro storia.