Terzo ciclo
Anno liturgico B (2008-2009)
Tempo di Avvento
2a Domenica
(7 dicembre 2008)
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Is
40,1-5.9-11; Sal 84; 2Pt 3,8-14; Mc 1,1-8
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La chiesa, che sempre cerca il volto
del suo Signore, oggi considera colui che deve venire come colui che compie le
promesse di Dio e soddisfa i desideri del cuore degli uomini, basandosi su un
testimone d’eccezione: Giovanni Battista. La vigilanza, di cui ci era stato fatto
comando domenica scorsa, ora si fa intuito di speranza e di gioia prossima.
Il vangelo di Marco comincia con un “Come sta scritto...”. In quel ‘come’ non
va ravvisata soltanto la corrispondenza con le antiche profezie, ma va
soprattutto percepito lo struggente desiderio di Dio che finalmente può
esaudire ottenendo per l’uomo ciò che da sempre ha voluto per lui. La liturgia
ne modula l’eco in molti modi. Lo annuncia con le parole del profeta Isaia: “Consolate, consolate il mio popolo...”,
lo riecheggia nell’esortazione della lettera di Pietro: “il Signore usa pazienza”, lo predice con le parole del Battista
nella manifestazione della gloria dell’amore di Dio che avverrà con il
battesimo nello Spirito Santo, che soltanto il Messia potrà effondere
sull’umanità. L’esortazione del Battista al pentimento e alla conversione si
origina appunto nella percezione netta di quel desiderio di Dio per l’uomo, in
attesa che quella percezione trasformi tutto il nostro cuore e lo apra
stabilmente all’azione del suo Spirito, fino a diventare principio di vita
eterna che zampilla nell’intimo, come promesso da Gesù.
È interessante osservare che la
citazione profetica di Marco all’inizio del suo vangelo è una composizione di
passi di Malachia e Isaia. Il libro di Malachia è il libro che chiude l’Antico
Testamento per il canone cristiano. Riprendendo Malachia, Marco sottolinea come
Gesù sia il compimento di tutte le Scritture che a lui conducono e,
riprendendolo insieme a Isaia, manifesta come Gesù sia il supremo desiderio di
Dio per l’uomo, desiderio che attraversa tutte le Scritture. Nelle parole di
Malachia 3,1 (“Ecco, io manderò un mio
messaggero a preparare la via”) si allude a Giovanni Battista, mentre in
quelle di Isaia 40,5 (“Allora si rivelerà
la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno”) si allude al
Messia, a Gesù, che il Battista proclama: “Viene
dopo di me colui che è più forte di me...”.
Il desiderio di Dio, quando è
percepito, accende il desiderio dell’uomo e l’uomo, dalla sua condizione di
afflizione nella schiavitù e nell’oppressione, guarda a Dio come al suo
liberatore, che già vede venire in suo soccorso: “Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il
dominio” (Is 40,10). Ma di quale ‘potenza’ si fa forte Dio per l’uomo? Noi
contempleremo il nostro Dio farsi bambino, povero e indifeso; lo vedremo
condannato alla morte di croce, come esautorato di tutta la sua potenza. Dov’è
allora la ‘gloria del suo nome’ per cui la colletta ci fa pregare: “O Dio,
Padre di ogni consolazione ... parla oggi al cuore del tuo popolo, perché in
purezza di fede e santità di vita possa camminare verso il giorno in cui
manifesterai pienamente la gloria del tuo nome” ?
Il segreto sta nella supplica: “parla
oggi al cuore del tuo popolo”, procedente dalla disposizione di chi può dire
con il salmo 84: “Ascolterò che cosa dirà
in me il Signore Dio, proclamerà la pace al suo popolo, ai suoi santi, a chi
converte a lui il cuore” (LXX). Nella tradizione il salmo 84 è il canto
della pace portata dal natale di Gesù. Ma occorre che la grazia di quel natale
parli al nostro cuore; occorre che il nostro cuore si senta toccato dal mistero
della pace che quel natale costituisce per il mondo. Appunto perché il nostro
cuore si apra a quella ‘grazia di pace’ il grido del Battista percuote i nostri
orecchi: “Preparate la via del Signore ...”.
Con il salmo 84 la liturgia canta
l’incontro del desiderio di Dio con il desiderio dell’uomo: “amore e verità si incontreranno, giustizia e
pace si baceranno”. Tutto ciò che Dio ha voluto per l’uomo, nel suo amore
di sempre per i suoi figli, l’uomo lo potrà ormai godere stabilmente perché
“colei [Elisabetta] che portava il giusto, Giovanni Battista, ha baciato colei
[Maria] che portava la pace, Gesù”. E la visione messianica del salmo si può
interpretare come la manifestazione della gloria del nome di Dio al cuore
dell’uomo che il Battista rivela essere il compito specifico del Messia. Come a
dire: se l’uomo riconosce in verità il suo peccato, troverà la misericordia di
Dio. Il riconoscimento del peccato porta all’esperienza della bontà di Dio. E
se l’esperienza è autentica, allora, la riconciliazione ottenuta non potrà che
essere condivisa con tutti, non potrà che diventare l’unica giustizia degna del cuore dell’uomo. Da
un cuore riconciliato e fonte di riconciliazione risplenderà la grazia del
Salvatore, che lì ha preso dimora. L’azione di Dio che si compie in me, non è
destinata a me, ma al mondo; l’azione di Dio che si compie nel mondo, non è
destinata al mondo in generale, ma a me. Perché, tutti insieme, possiamo vedere
lo splendore dell’amore del Signore. E non esiste altra possibilità concreta
per l’uomo di vedere risplendere l’amore del Signore se non nella tensione che
quell’amore sia condiviso da tutti e da ciascuno.
Così, quando nell’attesa del Signore,
invochiamo la sua misericordia, in realtà non chiediamo che di essere
finalmente raggiunti e conquistati dal e al suo amore, in Gesù, perché il mondo
risplenda della sua presenza.