Terzo
ciclo
Anno
liturgico A (2007-2008)
Tempo
di Quaresima
2a Domenica
(17 febbraio
2008)
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Gn
12,1-4; Sal 32; 2Tm 1,8-10;
Mt 17,1-9
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Il cammino
quaresimale porta alla Pasqua di risurrezione, ma la chiesa sa che prima
dell'esultanza della risurrezione viene il dramma della morte. Così, prima di
ritrovarci immersi nel dramma della passione e della morte, la liturgia ci consola con la visione della
trasfigurazione, allo scopo di predisporci a vedere nel volto che sarà
martoriato e insanguinato il volto del Signore della gloria.
Una duplice
tensione anima la liturgia: a) proclama l’evento della trasfigurazione di Gesù
per esaltarne la tensione alla Pasqua, tensione che Gesù vive in se stesso e
nella sollecitudine per i suoi discepoli perché imparino a fidarsi di Dio; b)
fa emergere la tensione che lavora il cuore dell’uomo nel suo desiderio di
vedere il volto di Dio e saziare la sua nostalgia.
L’antifona di
ingresso: “Di te dice il mio cuore: «Cercate il suo volto». Il tuo volto io
cerco, o Signore. Non nascondere il tuo volto da me” risponde allo stupore
estasiato di Pietro: “Signore è bello per
noi restare qui”. Il salmo 26 incomincia con “Il Signore è mia luce e mia salvezza”; prosegue con “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola
io cerco: abitare nella casa del Signore” e finisce con “Mostrami, Signore, la tua via”. È la
tensione di una vita: “sono certo di
contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi”. Quando il salmo
proclama: “Non nascondermi il tuo volto”,
supplica Dio per due cose precise: perché faccia sentire la sua presenza di
accompagnamento e si degni di far vedere il suo volto. L’uomo ha bisogno di
tutte e due le cose.
Il punto di
convergenza delle due tensioni non riguarda però il vedere, ma l’ascoltare. Il
racconto si conclude infatti con la proclamazione della voce: “Questi è il mio Figlio prediletto: ascoltatelo”
e con la consegna del silenzio. Come
a sottolineare che, se il racconto è per gli occhi, lo scopo che ne costituisce
la ragione è per gli orecchi, con l’evidente conseguenza che soltanto
ascoltando si potrà vedere.
La narrazione è
preceduta da due particolari estremamente significativi. Nel contesto
dell’annuncio della sua passione a Gerusalemme , Gesù aveva rimproverato
apertamente Pietro e gli aveva detto “Lungi
da me, satana!”, vale a dire: va’
dietro di me (Mt 16,23). E dopo che Gesù aveva richiamato gli apostoli a
seguirlo portando ciascuno la sua croce, aveva concluso: “vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio
dell'uomo venire nel suo regno” (Mt 16,28). ‘Sei giorni dopo’
(probabilmente all’inizio o alla fine della festa delle capanne, che era
diventata la festa dell’alleanza e del dono della Legge al Sinai) Gesù si
trasfigura sul monte in mezzo a Mosè ed Elia. In questo caso, Mosè ed Elia non
stanno a significare semplicemente la Legge e i Profeti, ma che essi sono i
precursori o i testimoni dell’Alleanza. L’alleanza non è questione di vista, ma
di udito. In effetti l’aspetto misterioso
e strano della narrazione evangelica è dato dal fatto che la paura assale gli
apostoli non quando vedono ma quando ascoltano.
Ci aiuta a entrare nel mistero la colletta di oggi: “O
Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con
la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere
la visione della tua gloria”. La supplica è in funzione dell’ascoltare; sarà
l’ascoltare che purificherà gli occhi del cuore perché possano vedere.
L’esempio di Abramo è eloquente. Sente la voce di Dio:
“Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre”. Non
conosce nulla del nuovo paese: sa solo che Dio gliene fa promessa. Sarà il suo
ascoltare che gli consentirà di vedere la benedizione realizzarsi. Proprio
perché accetta la relazione con colui che lo coinvolgeva nella sua storia
sacra fino a diventare il suo Dio, lascia la sua casa (se scegli il Padre
celeste, devi lasciare quello terreno; se scegli il regno di Dio, devi lasciare
ogni altro regno; se ti accetti da Dio, di Dio e secondo Dio devi vivere, come
dirà Cipriano nel suo commento al Padre nostro) e per questo, oltre a godere
della benedizione di Dio, diventa benedizione lui stesso per tutti perché
rivela la grandezza dell'amore di Dio e lo splendore che si irradia su tutto.
Così, se Abramo
ascolta Dio, Gesù ascolta il Padre, i discepoli ascoltano Gesù e il frutto
della benedizione promessa rivelerà il suo splendore. Per gli uomini, quello
splendore consisterà nel godere della visione del volto del Cristo, testimone
dell’amore di Dio per gli uomini, nella gloria della Pasqua di morte e
risurrezione, condividendo nella loro umanità lo sguardo di compiacenza del
Padre che riposa tutto sul suo Figlio benedetto. L’ascolto condurrà così alla
visione di colui che mentre ci squaderna il segreto di Dio per l’uomo fa
rilucere il mondo dello splendore della sua bellezza.