Terzo
ciclo
Anno
liturgico A (2007-2008)
Tempo
Ordinario
9a Domenica
(1 giugno
2008)
_________________________________________________
Dt
11,18.26-28; Sal 30; Rm 3,21-25.28; Mt 7,21-27
_________________________________________________
Le parole del
brano di vangelo di oggi sono le ultime battute del grande discorso di Gesù sul
monte delle beatitudini (cfr. Mt 5,1-7,29), che termina con l’annotazione: “Quando Gesù ebbe finito questi discorsi, le
folle restarono stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come
uno che ha autorità e non come i loro scribi” (Mt 7,28-29). La parabola
della casa costruita sulla roccia o sulla sabbia assume così il valore
riassuntivo rispetto all’intero discorso. Segnala il giudizio della fine
allorquando l’uomo potrà essere messo a confronto con la sincerità del suo
cuore davanti al Signore. Essa è riferita alle ‘parole di Gesù’ e non
semplicemente alle ‘parole della Scrittura’, mettendo subito in chiaro davanti
ai possibili discepoli che “se la vostra
giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel
regno dei cieli” (Mt 5,20). Modalità di insegnamento, questo, da parte di
Gesù, che strappa agli ascoltatori la dichiarazione: ma questi non insegna come
uno scriba qualunque; parla in proprio!
Evidentemente,
non c’è alcuna contraddizione o opposizione tra le parole della Scrittura e le
parole di Gesù. Anzi! “Non pensate che io
sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per
dare compimento” (Mt 5,17). Qual è allora il senso delle sue parole?
La parabola è
costruita sulla natura del fondamento della casa: roccia o sabbia. Non vuol
dire però che la roccia è il Signore e la sabbia la Legge. Nemmeno vuol dire
che la roccia è la parola di Dio e la sabbia i pensieri dell’uomo. E nemmeno si
può pensare che la roccia sia la retta dottrina e la sabbia la falsa dottrina.
Il paragone è giocato sul fatto che l’uomo può fare il bene o solo parlarne;
può compiere il bene o solo vantarsi di essere ritenuto buono. Non per nulla la
parabola è introdotta con le parole: “Perciò
chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica [= tutto il
discorso sul monte delle beatitudini], è
simile a un uomo saggio … Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in
pratica, è simile a un uomo stolto…” . Gesù sta illustrando il volere del
Padre di cui, nella preghiera del Padre nostro (Mt 6,9-13), si chiede il
compimento. Richiama il regno di Dio che in lui si realizza e di cui mostra le
coordinate perché gli uomini possano gustarlo concretamente. A quello scopo
indirizza l’animo degli ascoltatori e ne esige la sequela. Chi intravede questo
e si mette nella condizione di agire secondo quanto ha colto ascoltando, allora
costruisce sulla roccia. La sua casa resisterà davanti al giudizio di Dio. Chi
lo intravede ma poi se ne discosta nella sua vita, non ne tiene conto, lo
disprezza, allora costruisce sulla sabbia. La sua casa crollerà: non otterrà il
compiacimento di Dio e si ritroverà condannato, un perfetto sconosciuto.
In questo senso
la parabola è diretta primariamente contro i falsi profeti o i falsi
carismatici, contro coloro cioè che piegano la parola di Dio o le capacità
ricevute a scopi personali, per prestigio personale, per imporsi, rinnegando
così la volontà di salvezza di Dio. A loro, primariamente, è diretto il monito:
“Non chiunque mi dice: Signore, Signore,
entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei
cieli”. E per estensione, a tutti coloro che vogliono essere discepoli di
Cristo ma senza condividere con Dio l’ansia di salvezza per l’umanità.
Così, costruire
sulla roccia e fare la volontà del Padre indica la stessa cosa. Ma noi ci
possiamo chiedere: qual è la volontà del Padre? Cosa intendere per volontà del
Padre?
La lettura del
cap. 11 del libro del Deuteronomio ce ne può fornire la spiegazione. Occorre
leggerlo per intero e non limitarsi al brano scelto come prima lettura di oggi.
A differenza dell’Egitto, ‘dove gettavi
il tuo seme e poi lo irrigavi con il piede’ (11,10: in pianura, con l’acqua
abbondante del Nilo, i canali tra i solchi erano aperti o chiusi con un piede),
la terra promessa è ‘un paese di monti e
di valli, beve l’acqua della pioggia che viene dal cielo: paese del quale il
Signore tuo Dio ha cura e sul quale si posano sempre gli occhi del Signore tuo
Dio dal principio dell’anno sin alla fine’ (11,11). Israele dipende da Dio
per la terra che lavorerà. Ma se si allontana da lui, allora anche la terra non
produrrà e il popolo perirà. La ‘benedizione’ e la ‘maledizione’ alludono
direttamente a questa situazione. Il punto centrale del discorso è però un
altro. Osservare i comandi di Dio e metterli in pratica per godere la sua
benedizione richiede un certo atteggiamento del cuore: obbedire diligentemente
‘amando il Signore vostro Dio e
servendolo con tutto il cuore e con tutta l’anima’ (11,13). Sarà
quell’amore che permetterà a Israele di ‘eseguire’ e di ‘ascoltare’ (cfr. Es
24,7, secondo l’interpretazione antica, ebraica e patristica: ‘noi eseguiremo e
ascolteremo’).
Costruire sulla
roccia o fare la volontà del Padre allude a quell’amore che coinvolge la vita e
ci predispone all’ascolto, alla partecipazione cioè dei segreti di Dio, che si
esprimono nel suo desiderio, condiviso da noi, di salvezza per tutti e per
ciascuno. Se la proclamazione della propria fede (si può credere vanamente) o
la pratica della propria vita (si può praticare vanamente) non diventano
espressioni della condivisione dei segreti di Dio, nulla ci gioverà e la nostra
casa andrà in rovina. Gesù, con il suo discorso sul monte delle beatitudini, è
lì appunto a ricordarci quei segreti di Dio che vuole svelare al mondo e di cui
vuole investire i suoi discepoli perché il mondo creda e si salvi e Dio sia
glorificato.