Terzo
ciclo
Anno
liturgico A (2007-2008)
Tempo
Ordinario
2a Domenica
(20
gennaio 2008)
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Is
49,3-6; Sal 39; 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34
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Il vangelo di
Giovanni, a differenza di Matteo, Marco e Luca, non parla delle tentazioni che
Gesù subisce nel deserto prima di iniziare la sua predicazione. Subito dopo il
battesimo al Giordano, i sinottici mostrano Gesù, nel deserto, assalito dal
diavolo che cerca di imporgli una visione messianica tutta sua, senza
evidentemente riuscire a distoglierlo da quella vera secondo Dio. Con la
particolarità di Luca che, prima di narrare delle tentazioni, riporta la
genealogia di Gesù risalendo all’indietro fino ad Adamo, fino alla sua
figliolanza divina, a sottolineare che colui che è stato battezzato e colui che
intraprenderà la predicazione del Regno è proprio il Figlio di Dio, fatto uomo
per noi, inviato per la nostra salvezza.
In Giovanni
leggo l’allusione alle tentazioni, soprattutto a quello che le tentazioni
comportano nell’economia dei racconti evangelici, nella testimonianza solenne del Battista: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie
il peccato del mondo!”. La figura dell’agnello richiama sia il servo
obbediente sia l’agnello pasquale e rimanda al contesto pasquale in cui si
compie la salvezza, là dove il diavolo sarà definitivamente sconfitto.
La figura del
servo obbediente è richiamata dalla lettura di Isaia. Si tratta del secondo
canto del Servo obbediente, testo che viene proclamato solennemente nella
settimana santa, il martedì. “Ora disse
il Signore che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui
Giacobbe e a lui riunire Israele… : "È
troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e
ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni perché
porti la mia salvezza fino all' estremità della terra”. Il salmo 39, che
riprende quel testo, commenta: “Sacrificio
e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto. Non hai chiesto olocausto e
vittima per la colpa. Allora ho detto:
«Ecco, io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto, che io faccia il tuo
volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore»”.
Il servo è il
Figlio che ha lo stesso volere del Padre nel suo amore agli uomini.
L’espressione della sua obbedienza a quel volere di amore per gli uomini si
esprime con le parole ‘gli orecchi mi hai aperto’, che la versione greca,
ripresa dalla lettera agli Ebrei 10,5, rende con ‘un corpo mi hai preparato’. L’umanità del Figlio di Dio costituisce
l’obbedienza al volere di amore del Padre per gli uomini, umanità che con il
battesimo al Giordano viene consacrata per diventare luce delle nazioni e
portare salvezza al mondo. Quando il Battista testimonia che Gesù, che ha
appena battezzato, è il Figlio di Dio, svela il segreto di Dio al mondo: in
quell’umanità si giocherà l’amore di Dio agli uomini. Dove la luce di quella
salvezza risplenderà in tutta la sua potenza? Sulla croce, dove il Signore è
innalzato. Là conduce gli sguardi la figura dell’agnello di cui dà
testimonianza il Battista.
Quando il salmo
39 usa l’espressione ‘sul rotolo del libro’, l’allusione è all’insieme delle
Scritture che di quel segreto parlano. La figura dell’agnello raccoglie tutta
la storia del mondo, come suggerirà il libro dell’Apocalisse, rimandando
all’agnello immolato fin dalla fondazione del mondo (Ap 13,8) e nella Gerusalemme celeste alla
luce di Dio e dell’Agnello che sostituirà il sole (Ap 22,5).
Non
dimentichiamo che la proclamazione di Giovanni Battista: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie
il peccato del mondo!" risuona con la stessa solennità e lo stesso
stupore in ogni celebrazione eucaristica prima della comunione. È diventata
l'invito alla mensa del Signore. In vista di quale mistero, per partecipare a
quale mistero? Lo dice bene la preghiera dopo la comunione: "Infondi in
noi, o Padre, lo Spirito del tuo amore, perché nutriti con l'unico pane di vita
formiamo un cuor solo ed un'anima sola". Quello Spirito che Giovanni
Battista ha visto scendere e rimanere su Gesù, quello Spirito che l'ha condotto
a dare la sua vita per noi, quello Spirito che su di noi ha effuso dalla croce,
in quello stesso Spirito noi siamo battezzati, di quello stesso Spirito siamo
rivestiti. È lo Spirito dell'amore del Padre, lo Spirito del Figlio che è
prediletto proprio perché condivide con il Padre lo sconfinato amore per gli
uomini per riunire i quali non esita a mettere in gioco tutta la sua vita. Il
compimento della grazia dello Spirito è proprio quel mistero della fraternità
che è sacramento della paternità di Dio. È caratteristico che nel Canone
eucaristico si invochi due volte lo Spirito Santo: una volta, prima della
consacrazione, per trasformare il pane ed il vino nel Corpo e nel Sangue del
Signore e un'altra volta, dopo la consacrazione, per formare un unico corpo,
per vivere cioè il mistero della fraternità in tutta la sua potenza di
rivelazione dell'amore di Dio. Non si può dispiegare in tutta la sua potenza e
profondità la rivelazione dell'amore di Dio in questo mondo se non dentro il
mistero della fraternità, se non in cuori che, in Cristo, Agnello di Dio, conoscono
i segreti di Dio tanto da essere perfettamente solidali con i loro fratelli
portando i loro peccati, massimo segno di amore per loro perché si concedono a
loro tutti i diritti su di noi.