Terzo
ciclo
Anno
liturgico A (2007-2008)
Tempo
Ordinario
18a Domenica
(3 agosto
2008)
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Is
55,1-3; sal 144; Rm 8,33-39;
Mt 14,13-21
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Il filo rosso
che attraversa tutta la liturgia odierna è suggerito dal canto al vangelo: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni
parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Con l’accentuazione che la
parola di Dio che oggi viene celebrata è una parola ‘capace di moltiplicare il
pane’. Il brano evangelico incastona l’episodio della moltiplicazione dei pani
nel movimento di compassione di Dio per l’uomo: “e sentì compassione per loro”.
Dietro ogni
parola di Gesù, dietro ogni gesto sta una ‘compassione’, immensa, che rimanda
direttamente all’amore sconfinato di Dio per i suoi figli, per i quali non ha
esitato a mandare il suo Figlio. Proprio come annotava Origene in un suo
commento a Ezechiele: “Egli è disceso sulla terra mosso a pietà del genere
umano, ha sofferto i nostri dolori prima ancora di patire la croce e degnarsi
di assumere la nostra carne; se egli non avesse patito, non sarebbe venuto a
trovarsi nella condizione della nostra vita di uomini. Prima ha patito, poi è
disceso e si è mostrato. Qual è questa passione che per noi ha sofferto? È la
passione dell’amore”. È a partire da quella passione
che Gesù si ‘muove nelle viscere’ davanti allo smarrimento, alla sofferenza,
alla fatica degli uomini. Ed è per aver percepito quella passione che san Paolo
dirà con la convinzione dell’esperienza di una vita: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?...”.
Quando il
profeta Isaia, sempre percependo quella passione
di Dio per il suo popolo, riassumerà l’invito di Dio per gli uomini alla
comunione con lui, dirà: “Porgete
l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete”. Il desiderio di Dio e
dell’uomo si richiamano. Come Dio invita l’uomo a venire a lui, così l’uomo
grida a Dio perché venga a lui. Tutta la Scrittura è modulata sul grido del
desiderio di Dio e dell’uomo perché tornino in comunione e tornino a godersi a
vicenda. Dio dà la vita e l’uomo, che vi anela angosciosamente, da lui la può
accogliere. L’ascoltare riguarda sempre l’ascoltare una ‘parola viva’ per avere
la vita. L’ascoltare comporta così l’immagine corrispondente del mangiare
perché allusivi di un’unica realtà: avere la vita. Il Signore sa saziare la
fame dei suoi figli! Eppure, non risulta sempre evidente questa 'capacità' di
Dio per noi tanto che ha bisogno di invitarci al suo banchetto, ha bisogno di
sollecitarci a venire al suo banchetto. Le letture di oggi si intersecano per
illustrare appunto il pressante invito di Dio. Si mangia per vivere. Ma che
cosa fa vivere il cuore dell'uomo?
Risponde il salmo
144: “Paziente e misericordioso è il
Signore, lento all’ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti, la
sua tenerezza si espande su tutte le creature”. Nello stesso capitolo 55,
Isaia riporta la parola di Dio: “i miei
pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (v.
8). Il punto è esattamente questo. Quando Dio fa rilevare che il suo pensiero
non è come il nostro vuol sottolineare che Lui è paziente e misericordioso con
gli uomini, mentre gli uomini, con se stessi e con i loro simili, non lo sono;
Lui è buono verso tutti, comunque, mentre gli uomini sono buoni ogni tanto e
verso qualcuno piuttosto che verso altri. Se applichiamo la cosa al nostro
cuore ne deriva che, se anche si ritrova cattivo, può sempre sperare nella
bontà di Dio che non lo respinge; se anche si condanna, Dio può salvarlo, basta
che abbandoni la sua iniquità. Tenendo conto di come sono fatti i nostri cuori,
che si confondono con le loro azioni passate, proprie e altrui, incapaci di
aprirsi al futuro come allo spazio di verità e di bene offerto loro da Dio,
questa verità è estremamente consolante, è vivificante per i cuori. Proprio
come dice s. Giovanni nella sua lettera: “Dio
è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3,20).
La parola di
Gesù agli apostoli: “date voi loro da
mangiare”, è interpretata dalla tradizione nel senso che viene affidato loro il
compito di spiegare le Scritture come un pane spezzato per nutrire
l'intelligenza dei fedeli. Solo il pane distribuito è un pane moltiplicato. E
l'intelligenza dei fedeli resta nutrita appena il cuore si apre a questa
rivelazione: i pensieri di Dio sono diversi dai nostri, il suo amore ci
raggiunge comunque, il suo perdono, cioè la comunione con Lui, ci è sempre
offerto. Questo è il banchetto a cui siamo invitati. Non per nulla tutto il
brano evangelico ha una forte coloritura eucaristica. I verbi che introducono
il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci sono i verbi tipici
della celebrazione eucaristica: prese i pani, li benedisse, li spezzò, li
diede. E l'Eucaristia costituisce il momento culminante dell'offerta di
comunione da parte del Signore all'uomo tanto da renderlo un tutt'uno con Sé. È
questa comunione che sazia il cuore dell'uomo.
Ma - e trattandosi
dei doni di Dio non può mancare questo ma - se il miracolo avviene nella sua
materialità, vale a dire rivela la capacità di Gesù di compierlo, l'effetto non
è ancora quello sperato da Gesù. La gente non interpreta secondo i pensieri di
Dio, ma secondo i propri. E Gesù, dopo il miracolo, si ritrova solo. La gente
non ha colto l'invito di Gesù alla comunione con Dio; ha sì mangiato il suo
pane, ma non ne ha gustato la sostanza, non se ne è potuta impossessare della
potenza che racchiudeva e non ne ha colto il mistero di vita.
Quando allora
tale mistero diventa accessibile? Lo riferisce s. Paolo: “Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti
noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?” Quando nulla più ci separa
dall'amore di Cristo che ci ha rigenerati nel perdono, quando non permettiamo a
nulla, nemmeno ai nostri ‘nobili’ sensi di colpa, di sopraffare il nostro cuore
al di sopra dell'amore del nostro amato Signore. Non solo le cose negative non
ci separano più da Cristo, ma nemmeno quelle positive, che il cuore umano può
desiderare e ricercare con passione.