Terzo
ciclo
Anno
liturgico A (2007-2008)
Tempo
Ordinario
12a Domenica
(22 giugno
2008)
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Ger
20,10-13; sal 68; Rm 5,12-15;
Mt 10,26-33
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Gesù ha appena
avvertito i discepoli che subiranno persecuzioni ma li invita a non aver paura.
Tutto il brano si fonda sul principio: “Un
discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone; è
sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il
suo padrone” (Mt 10,24-25). La paura che prendesse il discepolo nella
tribolazione non equivarrebbe semplicemente alla mancanza di coraggio, ma alla
mancata intimità con il suo maestro. Tale è l’ottica di lettura per i brani di
oggi. Lo rivela anche il canto al vangelo riportando, in forma abbreviata, un
passo di Giovanni: “Questo perché si
adempisse la parola scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione
[sal 68,5]. Quando verrà il Consolatore
che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli
mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete
stati con me fin dal principio” (Gv 15,25-27).
Come a dire: la
verità che lo Spirito farà risplendere è la verità, accolta, del mistero della
persona di Gesù, di cui si è condiviso la vita e l’insegnamento, imparando a
conoscerne l’amore e a viverne la dinamica di rivelazione che comporta. Davanti
alla tribolazione che sorprende il discepolo, quando subirà persecuzione dagli
uomini, quando subirà ingiustizie e oppressione, quando si sentirà
ingiustamente accusato, egli potrà ‘mostrare’ che cosa il suo cuore cerca, di
che cosa è pieno, che cosa costituisce il suo tesoro. Di qui deriva la sua non
paura. In effetti, il contrario della
paura non è il coraggio, ma la confidenza, la fiducia. L’uomo che ha rinunciato
alla sua pretesa di innocenza di fronte all’amore di Dio che lo accoglie e lo
perdona, gli fa godere la sua intimità, è un uomo che non ha più paura, che non
ha più paura di essere calpestato dagli uomini, di essere da loro discreditato
o umiliato. Il segreto che porta, di cui è testimone, è più potente. E sarà
proprio quel segreto che dovrà essere manifestato, gridato a tutti e in tutto
il mondo. Proprio quello che nella più personale intimità di incontro col
Signore costituisce la verità del proprio cuore, proprio quello andrà gridato
in tutti modi, perché tutto sarà svelato a suo tempo, a tutti apparirà chiara
la verità di quel segreto a suo tempo. Forse Gesù allude a un proverbio
popolare: tutto finisce per arrivare al grande giorno. Ciò che ora è ancora un
segreto, sarà la verità più limpida e convincente per tutti a suo tempo. Non
temete dunque, conclude Gesù: fate risuonare quel segreto, fate risplendere davanti
a tutti quella verità.
Il passo di
Giovanni del canto al vangelo richiama il salmo 68, da molti interpretato come
salmo della passione di Gesù. La preghiera che Gesù innalza al Padre per essere
liberato dalla prova è quella di cui parla la lettera agli Ebrei: “Proprio per questo nei giorni della sua vita
terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che
poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà” (Eb 5,7). Gesù
però non fu sottratto alla morte, ma nella morte ottiene la vita. Una cosa
simile ricorda Pietro nella sua prima lettera: “E chi vi potrà fare del male, se sarete ferventi nel bene? E se anche
doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomentate per paura di
loro, né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti
sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”
(1Pt 3,13-15).
Così, nella
terribile esperienza del profeta Geremia, insidiato da ogni parte e abbandonato
da tutti, la sua preghiera è esaudita nel senso che i suoi nemici non ottengono
la sua anima, cioè non lo piegano ai loro voleri e non lo distolgono dal
perseguire la verità della parola di Dio, che continua a proclamare
imperterrito. Ma da dove deriva la sua forza, la forza di non avere paura
nonostante le angosce e i terrori che lo tormentano? “Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto
forza e hai prevalso… Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non parlerò più in suo
nome!”. Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi
sforzavo di contenerlo, ma non potevo” (Ger 10,7.9). La sua vita scaturiva
dal legame con il suo Signore che gli aveva rapito il cuore.
Da dove i
discepoli traggono la forza di non avere paura? Se il brano evangelico di oggi
richiama al principio della fedeltà nella persecuzione – cosa che di per sé
supporrebbe un coraggio incredibile! – ricorda però che la testimonianza si
alimenta nella prospettiva di una confidenza goduta: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di
essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia”. Come a dire: il
Padre vostro è sempre con voi; voi siete cari al Padre vostro. Tutto quello che
vi capita non è un incidente, ma ha lo scopo di mostrare il suo desiderio di
comunione con gli uomini, desiderio che in voi è diventato il vostro segreto di
vita. Se il male che ci viene dagli altri uccide la nostra anima nel senso che
ci distoglie dalla comunione con Dio e soffoca il suo amore, come potrà il
mondo ancora risplendere della presenza di Dio? Come la salvezza di Dio potrà
ancora lambire i cuori?
Da notare la
corrispondenza tra il riconoscimento di Gesù davanti agli uomini e il
riconoscimento suo davanti al Padre. A dire il vero, il testo evangelico suona:
‘Chi confesserà in me davanti agli uomini, anch’io confesserò in lui davanti al
Padre mio’. Il che significa: non si può confessare il Signore Gesù se non a
partire da un’intimità di vita con lui, per cui riconoscerlo significa godere
dell’intimità che ci offre. E la cosa avviene davanti agli uomini nel senso che
quell’intimità si svela nell’amore verso gli uomini, alla comunione coi quali
tende il desiderio di Dio, proprio quando gli uomini, rifiutando di rispondere
a quel desiderio, contestano e opprimono coloro che vivono secondo quel
desiderio che è diventato il loro segreto. Il riconoscere di Gesù davanti al
Padre significa mostrare al cuore la verità dell’amore salvatore di Dio per gli
uomini che prevale in ogni circostanza, anche la più drammatica o la più
affliggente.