Terzo ciclo

Anno liturgico A (2007-2008)

Solennità e feste

 

Dedicazione della Basilica Lateranense

(9 novembre 2008)

 

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Ez 47,1-12;  Sal 45;  1Cor 3,9-17;  Gv 2,13-22

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"Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere": così risponde Gesù a chi chiede un segno che dimostri la sua autorità di profeta. Aveva appena scacciato dal tempio mercanti e mercanzie, aveva rovesciato i banchi dei cambiavalute e buttato fuori tutti. Evidentemente, se non l'hanno preso per pazzo, aveva dovuto mostrare una forza, un'irruenza tale da lasciare stupefatti. Nei sinottici, questo passo è situato dopo l'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, ma in Giovanni si pone all'inizio del ministero di Gesù.

 Il brano evangelico allude al sacrificio del Figlio che sancisce la nuova ed eterna alleanza di Dio con l'uomo e il mistero è colto sotto l'immagine del tempio.

Gesù è appunto il nuovo tempio. Chiaramente, quando Gesù caccia dal tempio, più precisamente dal recinto sacro, i venditori e gli animali, adombra questo aspetto del mistero della sua persona: non ci saranno più olocausti di animali, ma lui stesso sarà la 'vittima sacrificale' a Dio gradita, nella cui immolazione sarà sancita la nuova, definitiva alleanza. I profeti avevano annunciato che sarebbe stato ricostruito il nuovo tempio. Vedi, ad esempio, Is 44,28 o Zac 1,16. E la nuova costruzione sarebbe stata più splendida, come dice Aggeo 2,9: "La gloria futura di questa casa sarà più grande di quella di una volta, dice il Signore degli eserciti; in questo luogo porrò la pace - oracolo del Signore degli eserciti". Michea 4,1-2 estende per tutti i popoli l'alleanza di Dio con Israele: "… affluiranno ad esso i popoli; verranno molte genti e diranno: ‘Venite, saliamo al monte del Signore e al tempio del Dio di Giacobbe’".

Giovanni diceva nel prologo: " ... il Verbo era Dio…E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità". Quel 'venne ad abitare' corrisponde al 'pose la sua tenda, la sua dimora, in mezzo a noi' poiché oramai è in Gesù che dimora la presenza divina. Lui è la pietra scartata che diventa testata d'angolo per la nuova costruzione; da Lui scaturisce la fonte del tempio che risana (cfr. Ez 47), Lui si proclama 'consacrato' proprio nella festa della dedicazione del tempio (cfr. Gv 10,36). Tempio come Dimora di Dio. Le acque che sgorgano da sotto la soglia del tempio, nella visione di Ezechiele, acque che risanano e portano vita ovunque arrivano, alludono all’acqua che zampilla per la vita eterna che dona Gesù effondendo il suo Spirito, all’acqua e al sangue che sgorgano dal suo costato sulla croce.

Quando Gesù dichiara: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" parlando del suo corpo, allude a un duplice mistero:

1) Il tempio, e questa volta non più solo recinto sacro, ma la parte interiore del tempio, il Santo dei Santi, è ormai il suo corpo. In Lui abita la pienezza della divinità, in Lui si trova ogni tesoro di sapienza e scienza, Lui è la via al Padre: tutte espressioni che sottolineano come la Dimora di Dio in mezzo al suo popolo sia oramai Lui stesso. E tale rivelazione avviene nel mistero pasquale, nella sua morte-sepoltura-risurrezione, dove l'amore di Dio per il suo popolo appare così sconfinato e supremo da fondare la nuova, definitiva, permanente alleanza tra Lui e gli uomini tutti. La caratteristica del nuovo tempio è che non c’è più il velo a impedire l’entrata nel Santo dei Santi. Con la morte di Gesù il velo è squarciato; il che significa che l’intimità del Padre è ormai aperta, accessibile, proprio attraverso quella ferita da cui sgorga acqua e sangue, segni della vita nuova, della vita vera, della vita incorruttibile dell’amore di Dio che si comunica all’uomo e lo rende suo intimo.

2) il suo corpo non è soltanto il suo corpo fisico, ma il suo corpo mistico, di cui siamo membra, nel quale siamo innestati e conformati attraverso il battesimo e l'eucaristia. Così, quel Gesù, morto e risorto per noi, dandosi a noi in cibo (cfr. Gv 6), rende anche noi 'dimora' di Dio. Se Lui è la Dimora di Dio, assumendo Lui come cibo eucaristico, diventiamo anche noi Dimora di Dio. E avviene di noi quel che avviene di Lui.

La colletta così fa pregare: “O Padre, che prepari il tempio della tua gloria, con pietre vive e scelte, effondi sulla Chiesa il tuo Santo Spirito …”. Ora, la gloria di cui attendiamo la piena manifestazione e che forma il contenuto della visione nella fede non è che lo splendore dell’amore di Dio per l’uomo che ha in Gesù la sua cifra assoluta. La figura del tempio esprime il luogo di quello splendore, che però non si riferisce a un luogo di pietra, ma a un corpo vivo, alla Chiesa di Dio, a quella comunione viva e di viventi in Cristo. La festa di oggi rivive la dimensione mistica dell’immagine del tempio nella sua valenza ecclesiale. La basilica lateranense, chiesa fatta costruire a Roma da Costantino sotto il pontificato di Silvestro I (314-335), di cui si celebra oggi la dedicazione, è venerata come madre di tutte le chiese, essendo la chiesa cattedrale del vescovo di Roma, segno di unità per tutta la Chiesa. Pietro è colui che conferma i suoi fratelli nella fede, cioè nella visione di quello splendore dell’amore di Dio che in Gesù rifulge e ci viene comunicato con il dono del suo Spirito, Spirito di unità e di comunione.