Terzo
ciclo
Anno
liturgico A (2007-2008)
Tempo
di Avvento
2a Domenica
(9 dicembre
2007)
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Is
11,1-10; Sal 71; Rm 15,4-9;
Mt 3,1-12
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Il ritornello
del salmo responsoriale (“Vieni, Signore, re di giustizia e di pace”),
commentando la profezia di Isaia, illustra in cosa consista la potenza di colui
che Giovanni il Battista descrive : “ma
colui che viene dopo di me è più potente di me”. È come se Giovanni
Battista dicesse: quella giustizia e quella pace, da parte di Dio, che io
annuncio, Lui la compie; quella conversione a cui io vi invito, Lui ce la
otterrà. C’è però un particolare che fa problema: Gesù corrisponde all’annuncio
del Battista? Il Battista ha visto giusto? Tutta la sua vita non ha avuto altro
scopo se non quello di mostrare che in quell’uomo, Gesù di Nazaret, si compiva
il piano di Dio. La sua esistenza mirava a fare spazio all’apparizione
dell’Agnello di Dio e tutta la sua predicazione, che attirava folle numerose,
evidentemente colpite dalla sua santità di vita, non tendeva ad altro se non a
preparare i cuori alla fede nel Figlio di Dio. La forza del suo annuncio: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è
vicino…. Fate frutti degni di conversione”, dipendeva dalla percezione
dell’imminenza del terribile giudizio di Dio, al quale non ci si sarebbe più
potuti sottrarre. Gesù invece si presenterà come un servo dolce e umile (cfr.
Mt 12,18-21; 11,28-30), come colui che salva dall’ira (1Ts 1,10) più che come
l’esecutore dell’ira di Dio.
Se ritorniamo
ora al brano di Isaia possiamo comprendere perché la Chiesa risponde a quella
profezia con il ritornello: vieni, Signore, re di giustizia e di pace! Il
profeta parla di un germoglio che sorgerà ed evidentemente la chiesa pensa subito
al natale di Gesù, a cui viene riferito tutto il brano. Le conseguenze
dell’apparizione di quel germoglio sono precisamente due: viene vinta
l’inimicizia col serpente (nell’immagine della profezia: “il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi”) e la
sapienza è diffusa su tutta la terra (“la
saggezza del Signore riempirà il paese, come le acque ricoprono il mare”).
Se l’immagine del serpente, presente nel giardino dell’Eden a frodare l’uomo
del suo vestito di luce, costituisce l’icona dell’iniquità che insidia il
mondo, allora, quando è vinta l’inimicizia con lui, il mondo torna a
risplendere della santità di Dio, che è il vestito di luce dell’uomo. Colui che
assicura la vittoria su questa radicale inimicizia sarà proprio Gesù,
rivestendosi del quale torniamo a risplendere di quella luce di Dio. Questa è
la giustizia di Dio per il mondo e Gesù può essere chiamato a pieno titolo re
di giustizia.
L’immagine della
sapienza diffusa allude invece ad un’altra profezia, quella di Ger 31,31-34: “Ecco verranno giorni - dice il Signore - nei
quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza
nuova… Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io
sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli
altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più
piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e
non mi ricorderò più del loro peccato”. La sapienza diffusa corrisponde a
‘tutti mi conosceranno’. E tutti mi conosceranno perché ‘io perdonerò le loro
iniquità’ e la pace regnerà di nuovo.
Gesù è proprio il re di pace perché in lui è fatta pace tra cielo e terra, tra
Dio e l’uomo e tra uomo e uomo. Così, quando di lui si dirà che è ‘mite e umile
di cuore’, si vorrà indicarlo come colui sul quale riposa lo sguardo di
compiacenza del Padre, nel quale tutta l’umanità può star raccolta. Gesù è
colui che di sé dice: “Venite a me, voi
tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio
giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e
troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11,28-29). È la sua ‘umiltà e
mitezza’ a rivelare la presenza dello Spirito Santo in Lui; è l’umiltà e la mitezza
il segno della guida dello Spirito Santo. Così la colletta oggi fa pregare:
“Dio dei viventi, suscita in noi il desiderio di una vera conversione, perché
rinnovati dal tuo Santo Spirito sappiamo attuare in ogni rapporto umano la
giustizia, la mitezza e la pace, che l’incarnazione del tuo Verbo ha fatto
germogliare sulla nostra terra”.
Con
l’esortazione di Paolo ai Romani, intuiamo dove possiamo cominciare a percepire
quel movimento di pace che con Gesù si rivela al mondo. Proprio nelle
Scritture, definite da Gregorio Magno come la lettera d’amore all’umanità.
Tutto nelle Scritture converge verso Cristo, tutto illumina il Suo mistero,
perché Lui è la rivelazione dell’amore di Dio per l’uomo e tutte le Scritture
narrano di tale amore per l’uomo da parte di Dio. L’intelligenza delle
Scritture ci porta a conoscere ‘la perseveranza e la consolazione’ che Dio
trova in noi con il suo Figlio, come anche la perseveranza e la consolazione
che noi troviamo in Lui, nel suo Figlio. E quale augurio più bello per una
comunità cristiana di quello di Paolo ai Romani: “E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere
gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù”?
Non c’è più separazione tra ebrei e pagani; non c’è più separazione che tenga
tra uomo e uomo. Tutti possiamo avere gli stessi sentimenti gli uni verso gli
altri: è il frutto più maturo di quella conversione che porta a rivestirsi del
Signore Gesù, a vivere secondo il suo Spirito.