Secondo
ciclo
Anno
liturgico C (2006-2007)
Tempo
Ordinario
21a Domenica
(26 agosto
2007)
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Is 66,18-21; Eb 12,5-13; Lc 13,22-30
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Sembra che il
Signore disattenda molte domande degli uomini. Abbiamo letto nel vangelo: “Un
tale gli chiese: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. Leggiamo negli
Atti 1,6 “Signore, è questo il tempo in
cui ricostituirai il regno di Israele? ”. Oppure, anche l'altra: “Chi è il mio
prossimo?” (Lc 10,29) o ancora, di Pietro a Gesù: “Signore, e lui?” (Gv 21,21).
Il fatto è che facciamo spesso domande inutili, devianti, illusorie. Ma il
Signore è sempre pronto a ricondurci alla verità del cuore, alla verità del suo
insegnamento, alla verità semplicemente.
Parto
dall’espressione finale del brano del vangelo di oggi: “Ed ecco, ci sono alcuni
tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi”. Se
Gesù non risponde a domande mal poste, nemmeno noi dobbiamo cercare di
comprendere le sue risposte a partire dalle nostre domande mal poste.
L’espressione non si riferisce dunque ai pochi o ai tanti che si salvano né
pretende far sapere chi siano i preferiti. Si riferisce invece al fatto che
davanti all’offerta di salvezza da parte di Dio non c’è distinzione di persone;
tutti siamo ugualmente destinatari di quell’offerta e guai a chi ritiene di
avere un titolo speciale da avanzare perché non verrà riconosciuto. In primo
piano, all’inizio della nostra storia come alla fine, davanti a me come davanti
a tutti, ora e sempre, è lo sconfinato amore di benevolenza di Dio che vuole
che ciascuno e tutti siano salvi. Chi si concepisce in riferimento ad altro si
condanna. L’espressione è anche da mettere in riferimento alla prima risposta
di Gesù: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”. Se è inutile indagare
sul numero degli eletti, se non può valere alcun titolo di pretesa o di
rivendicazione, l’unica cosa da sapere è per dove passare e ottenere la
salvezza.
Due sono allora
gli elementi da considerare nella risposta di Gesù: il movimento e il punto di
passaggio. Lo ‘sforzatevi’ allude a quello che poi s. Paolo chiamerà il
combattimento della fede, a quello che i nostri padri chiameranno la lotta
spirituale, la battaglia dello spirito. Senza questa ‘tensione’ interiore non
si arriva a nulla, non si porta nulla a compimento. Ma di quale compimento in
realtà si tratta? Della nostra ‘nascita dall’alto’, per il dono dello Spirito,
fino a poter dire con Paolo: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più
io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella
fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). E’ la nascita al Regno, descritto
da Gesù come un banchetto, per sottolineare il mistero della pienezza e
dell’intimità dell’amore che hanno conquistato il cuore. L’immagine ha una
valenza escatologica, non tanto però per indicare quello che avverrà alla fine
dei tempi, ma per mostrare che quella ‘fine’ dei tempi è venuta a visitare il
cuore e a far assaporare la densità dei misteri di Dio. L’altro elemento è il
punto di passaggio, la porta stretta. Quella ‘tensione’ interiore si rivela in
tutta la sua potenza proprio nel punto di passaggio che permette l’accesso al
regno. E il punto di passaggio non può essere che lo stesso Signore Gesù. Lui è
la porta stretta attraverso la quale dobbiamo passare. E’ detta stretta perché
ha la preferenza di Dio e non nostra, perché esprime la sapienza che viene
dall’alto che è contraria alla sapienza del mondo di cui siamo impastati,
rivela il sentire di Dio che si oppone al sentire della nostra carne. Ma è una
strettezza che prelude al passaggio della vita, proprio come per un bambino
che, per nascere, deve passare per la porta stretta. E non per nulla in Gesù si
parla di nuova nascita perché soltanto a partire di lì scopriamo il nostro
essere secondo quell’abbondanza di vita alla quale aneliamo sconfinatamente.
Il luogo di
passaggio è indicato anche dal profeta Isaia, sebbene velatamente, là dove
dice:”con le loro opere e i loro propositi. Io verrò a radunare tutti i popoli
e tutte le lingue”, reso invece, secondo un’altra traduzione: “Io sarò i loro
atti e i loro pensieri…”, “Sono io che motiverò i loro atti e i loro
pensieri…”, intendendo: quando Dio diventa la fonte di ogni nostro atto e di
ogni nostro pensiero, saremo passati attraverso quella porta stretta che conduce
al regno della vita. E la strettezza, almeno per il nostro uomo esteriore, è
descritta sempre dal profeta così: “Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su
chi ha lo spirito contrito, su chi teme la mia parola” (Is 66,2). Ma scegliere
l’umiltà ed il cuore contrito significa scegliere il Signore Gesù, che di sé
dice: “Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi
ristorerò. Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro
per le vostre anime” (Mt 11,28-29).