Secondo
ciclo
Anno
liturgico C (2006-2007)
Tempo
Ordinario
20a Domenica
(19 agosto
2007)
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Ger 38,4-10; Eb 12,1-4; Lc 12,49-57
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Il punto focale
della liturgia di oggi è costituito dal v. 49 di Luca 12 :"Sono venuto a
portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!". La
luce che si sprigiona da questa parola fa comprendere anche gli altri versetti
sulla divisione che Gesù sarebbe venuto a portare e sui segni dei tempi che
occorre saper decifrare.
Nei vangeli sono
rari i momenti in cui Gesù apre il suo cuore mostrando il suo vissuto
interiore. Questa sua frase fa vedere cosa vive dentro di Lui. E' consumato da
un fuoco interiore, dal fuoco di quello Spirito di cui era stato mostrato
ricolmo al momento del battesimo nel Giordano e in forza del quale si era
avviato risoluto a compiere fino in fondo la missione di rivelatore e testimone
supremo dell'amore del Padre agli uomini. Lui sa che quel fuoco lo porterà ad
un altro battesimo, quello della sua passione e morte e risurrezione, battesimo
che otterrà a tutti noi il dono del suo stesso Spirito e che condurrà anche noi
ad essere consumati dallo stesso fuoco. Questo fuoco che lo rode dentro è lo
stesso che vuole partecipare a noi.
Nel libro del
Deuteronomio 4,24 Dio era definito 'fuoco divorante' o, secondo un'altra
traduzione 'fuoco divoratore'. La stessa definizione è ripresa dalla lettera
agli Ebrei 12,29. Cosa significa?
Una prima
spiegazione può essere data da queste parole di Gregorio Magno: "Dio è
indicato come fuoco perché da Lui è erosa la ruggine dei peccati. Di questo
fuoco la Verità dice: Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e che altro
voglio se non che divampi? La terra indica infatti il cuore dei mondani che
accumulando in sé senza sosta pensieri malvagi finiscono calpestati dagli
spiriti maligni. Il Signore però manda il fuoco sulla terra quando accende col
soffio dello Spirito santo il cuore di chi vive secondo la carne. La terra arde
quando il cuore di chi vive così, gelido nelle sue voluttà perverse, abbandona
le bramosie del secolo presente e divampa nell'amore a Dio" (Omelie sui
vangeli, XXX, 5).
E' suggestiva
l'immagine del nostro cuore che diventa terra in quanto è calpestato dagli
spiriti maligni. La terra calpestata non produce nulla. Il fuoco è come se
'soffiasse' questa terra, la rende di nuovo capace di vita, di accogliere e far
fiorire i semi che la parola di Dio vi deporrà.
Ma c'è un'altra
spiegazione che ci introduce più addentro nel mistero del fuoco che è il nostro
Dio. Nel vangelo apocrifo di Tommaso si riporta una frase suggestiva che
antichi Padri ed esegeti moderni pensano essere propria di Gesù: "Chi è
vicino a me, è vicino al fuoco e chi è lontano da me, è lontano dal
regno". La spiegazione è data da Origene. L'uomo che, dopo il battesimo,
torna a peccare, per essere purificato, deve avvicinarsi a Gesù, il cui amore
tormenta il cuore dell'uomo fino a sciogliere con l'ardore del suo fuoco tutto
ciò che lo oppone a Lui e ai suoi fratelli. Ma se l'uomo, con il suo peccato,
chiuso nella sua vergogna o, per meglio dire, nella sua presunzione, sta
lontano da Gesù, allora per lui il Regno risulta inaccessibile e non troverà né
libertà né vita.
Ma c'è ancora
un'ulteriore spiegazione. Quando i due discepoli, in cammino verso Emmaus,
incontrano Gesù risorto non dicono “Non ci ardeva forse il cuore nel petto
mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? ”
(Lc 24,32) ? Ed il profeta Geremia, sedotto dal'incontro con il suo Signore,
non dice forse "Mi dicevo: “Non penserò più a lui, non parlerò più in suo
nome! ”. Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi
sforzavo di contenerlo, ma non potevo" (Ger 20,9) ? Anche di questo tipo è
il fuoco del nostro Dio. E questo ci aiuta a comprendere più a fondo il fatto
che del fuoco di Dio si dice che è 'divorante', 'divoratore'. Dio è geloso, non
sopporta di essere preso soltanto in parte, di essere preso in 'coabitazione'
con altri. Il fuoco di Dio è divoratore delle divisioni del nostro cuore,
divisioni che causano dispersione, duplicità, menzogna, chiusure e quant'altro
c'è di cattivo nel cuore che gli impediscono di essere tutto unito e compatto,
teso ad un unico desiderio, capace di essere solidale con il suo Dio e con i
suoi fratelli, con ogni energia libera per essere impiegata a tale scopo. Il
cuore si unifica col fuoco: questa è la verità. E soprattutto questa è la
verità del nostro Dio. Lo sperimentiamo anche nella vita psicologica e
affettiva: quanto più una passione è forte, più tende a compattare tutto il
nostro cuore. Con la differenza che se il cuore si compatta per un desiderio
che non sia rappresentativo della totalità e profondità delle nostre
aspirazioni più vere, cadrà vittima di quel desiderio e risulterà coartato.
Alla fine si sentirà disperso e vuoto.
Ma tutto questo
esige un contraccolpo. Ed è quello che dice Gesù: "Pensate che io sia
venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione" (v.
51). Se il fuoco di Dio distrugge le divisioni nel nostro cuore, allora vuol
dire che il cuore non deve più temere le altre divisioni, sebbene dolorose e
non volute. Non è possibile tenere insieme tutto. E il cuore deve sentire che,
per restare compatto in ciò che ha di più essenziale, non può disperdere tale
compattezza in ciò che risulta meno essenziale o addirittura occasionale. E' un
discorso duro e non per nulla Gesù parla anche di essere venuto a portare la
spada, simbolo appunto delle divisioni. Ma è inevitabile. E' la legge
dell'amore, del fuoco che arde dentro. Solo l'esperienza ci farà capire fino in
fondo che solo così viene salvaguardata la libertà e la gratuità dell'amore.
Come a dire: la carità non equivale ad una buona intesa; è disposizione al
martirio. Lo è stato per Gesù, lo sarà di noi. Ed è una legge di vita. Anzi, la
divisione che sembrerà opporti agli altri non è che l'esplicitazione della
disponibilità al sacrificio, per amore degli altri, ormai partecipi del mistero
della carità divina, del fuoco divino. E anche ogni amore umano degno di questo
nome resta attizzato da una scintilla di questo fuoco divino.
La stessa cosa
vale per il riconoscimento dei segni dei tempi. Non si tratta tanto di
discernere dove va la nostra storia, del resto imprevedibile, ma di scoprire la
parte di storia sacra nella nostra storia personale. Discernere i segni dei
tempi significa scoprire l'azione di Dio nella nostra storia. E se siamo lambiti
da quel fuoco divino, come non discernere che ogni evento può essere vissuto
come introduzione al Regno, come apertura del Regno?