Secondo
ciclo
Anno
liturgico C (2006-2007)
Tempo
Ordinario
18a Domenica
(5 agosto
2007)
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Qo 1,2; 2,21-23; Sal 94; Col 3,1-5.9-11; Lc 12,13-21
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La risposta di
Gesù all’uomo che gli chiedeva di usare la sua autorità per ottenere giustizia
da sua fratello in una questione di eredità svela l’intenzione nascosta di
tante nostre domande: posso ottenere giustizia? Come devo fare per ottenere
giustizia? Tale domanda è una domanda evangelica? È fin troppo evidente che non
si può vivere bene senza giustizia, ma quale ‘giustizia’ assicura il vivere
bene? La riflessione sapienziale della prima lettura, tratta dal libro del Qoelet,
lo evidenzia molto bene: tutto è vanità. Proprio tutto?
Come sempre, le
risposte di Gesù fanno riformulare le domande al cuore dell’uomo in modo più
pertinente. Che tipo di giudizio formula? Il suo giudizio non riguarda questo
mondo, ma il mondo futuro, che però si gioca in questo mondo, come illustra
anche la seconda lettura. L’uomo cerca i beni di questo mondo per vivere bene,
ma – ricorda Gesù – il vivere bene non dipende dai beni di questo mondo. La
parabola dell’uomo ricco che aveva accumulato molti beni, nel suo significato
più immediato, è chiara. Corrisponde al senso di molti altri passi evangelici:
che giova all’uomo guadagnare il mondo se poi rovina se stesso o muore? (cfr Lc
9,25). Più o meno risponde a quel buon senso che, se pure è necessario per
vivere, non è però sufficiente ad assicurare quella ‘pienezza’ di vita che il
cuore dell’uomo cerca. In questo, non viene dato nessun giudizio sui beni di
questo mondo. La discriminante è altrove. Non si tratta di scegliere tra la
povertà evangelica e la ricchezza, ma tra la cupidigia o l’avarizia e la
solidarietà o la generosità: “Così è di chi accumula tesori per sé, e non
arricchisce davanti a Dio”. Ecco la domanda meglio posta: come arricchire
davanti a Dio? Che ne nasconde un’altra, più misteriosa, ma ancor più
rivelativa delle parole di Gesù: chi è il ricco?
Per cogliere il
senso del brano in tutta la sua profondità andrebbe letto fino al v. 32. La
rivelazione di Gesù procede per due passaggi: prima risponde alla folla, poi ai
discepoli. Rispondendo alla folla indica come la discriminante per la giustizia
in questo mondo gradita a Dio risulti dal fatto di essere solidale con
l’umanità. Alla domanda: come ci si arricchisce davanti a Dio, la Scrittura dà
una risposta univoca: dando al povero. Si leggano i passi di Pr 3,27 e Is 58,7.
La solidarietà con chi è nel bisogno renda la vita ‘degna’ di essere vissuta.
Allora chi è il ricco? È colui che assomiglia a Gesù “il quale, pur essendo di
natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma
spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli
uomini…” (Fil 2,6-7). Dietro l’ammonizione di Gesù, si nasconde questa
rivelazione.
Gesù continua a
spiegarsi con i discepoli e aggiunge: perché affannarsi per i beni di questo
mondo? “Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'
animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il
Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e
queste cose vi saranno date in aggiunta”.
È ciò che suggerisce il canto al vangelo: ‘il regno dei cieli è vicino,
convertitevi e credete al vangelo’. Dietro questo invito sta la domanda: qual è
la radice della confidenza nella vita? Sta forse nei beni di questo mondo? No!
Sta nell’alleanza con Dio, la cui fruizione permette quel ‘vivere bene’ che il
nostro cuore cerca, a volte troppo affannosamente solo nei beni di questo
mondo. Se prima si sottolineava che i beni vanno condivisi, adesso si
sottolinea che il bene che permette ai beni di questo mondo di farci godere la
vita è l’accoglienza del desiderio di prossimità all’uomo da parte di Dio, che
in Gesù si fa manifesta. Cercare prima di tutto il Regno è volere prima di
tutto la compagnia di Dio.
Il segreto di
questa rivelazione, però, è svelato nel v. 32: “Non temere, piccolo gregge,
perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno”. La possibilità della
felicità non è conquista umana, ma accoglienza, intimamente condivisa, di
questa offerta amorosa: a Lui è piaciuto così! Lo annuncia il salmo
responsoriale quando ci fa ripetere: ‘Fa’ che ascoltiamo, Signore, la tua
voce’. È la voce che dice: al Padre è piaciuto darvi il regno! Tutte le parole
di Gesù sono l’eco di questa rivelazione: al Padre è piaciuto darvi il regno.
Qui si radica quella ‘confidenza’ capace di aprire la vita, capace di aprirci
alla vita. Qui si radica l’opposto di quella cupidigia e avarizia che scardina
il cuore dell’uomo e che rende la vita una battaglia persa per la felicità. Qui
si concentra tutta la consolazione per il cuore dell’uomo. Così, prima di
ascoltare le parole di quella voce, occorre imparare a percepire la tenerezza
con cui quella voce risuona. Come a dire: il cuore dell’uomo cerca una pienezza
che nessuna delle ragioni del mondo soddisfa. Le ragioni del mondo non riescono
a dare ragione delle ragioni del cuore. Solo in quella ‘voce’ quelle ragioni
trovano quiete.