Secondo
ciclo
Anno
liturgico C (2006-2007)
Tempo
Ordinario
16a Domenica
(22 luglio
2007)
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Gen 18,1-10; sal 14; Col 1,24-28; Lc
10,38-42
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La lettura della
Genesi ed il brano di Luca sono accomunati da un atteggiamento di fondo
caratteristico: la sollecitudine. Abramo 'corre incontro', 'va in fretta',
'corre' per onorare i suoi ospiti; Marta, presa dalla stessa sollecitudine, è
tutta indaffarata nei molti servizi per un'ospitalità degna dell'illustre
Ospite, mentre Maria, con lo stesso atteggiamento di sollecitudine anche se in
modalità differente dalla sorella, è tutta presa dall'Ospite dal quale non
stacca occhi e orecchi.
Da dove
scaturisce quella sollecitudine? Senza cogliere la radice di quella
sollecitudine, difficilmente possiamo avvertire il mistero che questi testi
illustrano. Partiamo dal brano evangelico. Gesù intesse l’elogio di Maria per
rimproverare Marta? Dopo l’intervento della sorella e la risposta di Gesù,
Maria avrà continuato a stare ai piedi di Gesù? La finale del brano riporta:
“Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”. Cosa significa:
‘non le sarà tolta’? Semplicemente, che Gesù l’avrebbe lasciata stare ai suoi
piedi e non l’avrebbe comunque importunata invitandola ad aiutare la sorella
nel servizio? Il vangelo non riporta semplici annotazioni di cronaca
quotidiana. In effetti, tutto il ‘peso’ dell’episodio sta appunto in quel ‘non
le sarà tolta’, in quanto rivela la ragione del fatto che la scelta di Maria è
migliore (nel testo: ‘Maria ha scelto la parte buona’). L’allusione è al
desiderio profondo del cuore dell’uomo che è fatto per Dio e di cui brama
vedere il Volto. Ciò che sazia il cuore dell’uomo è la ‘conoscenza’ del suo
Dio. L’elogio di Gesù si riferisce ad un tempo in cui sarà Lui stesso a servire
i suoi discepoli (cfr. Lc 12,37). Ciò che non verrà mai meno e di cui si potrà
godere in assoluto, quello è la parte buona, l’unica cosa necessaria, quello di
cui c’è bisogno. In primo piano c’è Dio che viene incontro all’uomo, Dio che
compie i desideri dell’uomo, Dio che ristora l’uomo. La figura di Maria ai
piedi di Gesù apre a quella visione. Ma quella visione è percepibile se il cuore
avverte la natura del suo ‘ascoltare’, tutto teso a godere la verità dell’amore
del suo Dio che la nutre e la ristora. Così, la sua figura è figura di ogni
discepolo, la figura di ogni lettore/ascoltatore della Parola di Dio.
Quando Gesù fa
l’elogio di Maria, rivela la natura vera del servizio di Marta. L’unica cosa
necessaria non è l'opera migliore fra tante altre; è di altra natura: il
possesso di quell'unica cosa necessaria rende 'fruttuosa' ogni opera di
servizio. Fruttuosa, vale a dire capace di far sbocciare l'opera eseguita in
frutto di intimità. Come a dire, ancora, che il frutto dell'agire bene non è
semplicemente la virtù, ma la visione: aprire gli occhi del cuore alla
conoscenza del Signore, all'unione con il Signore che davvero ristora il nostro
cuore. E se il cuore è ristorato, allora, nel suo servizio ai fratelli, lascerà
intravedere 'quanto è buono il Signore', quanto è desiderabile il suo possesso.
In realtà, il senso stesso della sollecitudine del servizio consiste nel
permettere agli altri di desiderare l’intimità col Signore, che di quel
servizio è motivo e scopo.
Quando di Abramo
si descrive la sua sollecitudine per gli ospiti, in primo piano non sta la sua
virtù, ma la promessa di Dio che viene incontro all’uomo e lo rende degno della
sua accondiscendenza. Quello che il testo vuol far vedere è l’accondiscendenza
di Dio per il suo servo, capace di tener fede alle sue promesse e di garantire
al suo servo la verità della sua conoscenza, per lui e per i suoi discendenti.
Le antiche leggende ebraiche non fanno che sottolineare questo aspetto nella
fantasia dei particolari del racconto. Abramo è visitato da Dio il terzo giorno
dopo la sua circoncisione, segno dell’obbedienza al suo Dio, quando è ancora
sofferente. Il caldo era insopportabile perché nessun viandante passasse a
disturbare Abramo. Ma la cosa aveva reso Abramo molto triste perché se non
capitava nessuno non avrebbe potuto esercitare alcuna ospitalità. Dio stesso decide allora di fargli visita e
non vuole che nemmeno si alzi per venirgli incontro perché era sofferente,
dicendogli, anzi, che i suoi discendenti, già all’età di quattro o cinque anni,
staranno seduti nelle scuole e nelle sinagoghe dove Lui dimorerà. Ma quando
arrivano gli angeli in veste di uomini, Abramo supplica il Signore di
permettergli di andare loro incontro per offrire ospitalità, preferendola alla
compagnia stessa della Sua Presenza. Tutti particolari che rivelano l’estrema
accondiscendenza di Dio, percepita come la benedizione perenne sul popolo che
da Abramo prende discendenza.
La colletta
della liturgia di oggi coglie bene la natura della sollecitudine che fa da
radice sia all’agire che all’ascoltare: “Padre sapiente e misericordioso,
donaci un cuore umile e mite, per ascoltare la parola del tuo Figlio che risuona
ancora nella Chiesa, radunata nel suo nome, e per accoglierlo e servirlo come
ospite nella persona dei nostri fratelli”. Poter avere un cuore umile e mite
significa poter partecipare all’umanità di quel Figlio che di sé dice: ‘Venite
a me voi tutti… che sono mite e umile di cuore’ (cfr. Mt 11,29). E partecipare
alla sua umanità significa poter godere dell’intimità del Figlio con il Padre e
poter esprimere nel proprio agire tutta l’accondiscendenza di Dio per l’uomo,
radice della nostra sollecitudine per i fratelli. Così, quando nella preghiera
sulle offerte, diciamo: “…e ciò che ognuno di noi presenta in tuo onore giovi
alla salvezza di tutti” si sottolinea lo stesso mistero: ciò che è gradito a
Dio è solo ciò che porta alla salvezza di tutti. Il che equivale a dire: quando
sono rapito nell’ascolto, incontro il Dio che vuole la salvezza di tutti, non
solo mia; quando sono indaffarato nel servizio, incontro il Dio che si fa
accondiscendente a tutti, perché da tutti Lui sia conosciuto e benedetto. Marta
e Maria costituiscono così le due facce della stessa sollecitudine per la
conoscenza del Signore, supremo Bene del cuore dell’uomo.